La Trasfigurazione, segno della gloria divina. E una chiamata per noi
Il fatto storico della Trasfigurazione di Gesù si inserisce nel solco del graduale svelamento delle verità divine all’uomo. Con questo evento, spiegava san Leone Magno, il Signore ha voluto rafforzare la fede e la speranza dei discepoli, preparandoli a cercare la gloria che passa dalla perseveranza e dalla croce.

Proponiamo, in occasione della festa della Trasfigurazione del Signore, in traduzione italiana, le preziose considerazioni che dom Rembert Bularzik, OSB, scrisse nel 1933 per la rivista del movimento liturgico americano, Orate Fratres, e riproposta dal sito Adoremus.org. Si tratta di un commento mistagogico della liturgia – Ufficio divino e Messa – della festa, secondo il Rito romano anteriore alla riforma.
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I.
Il graduale dispiegarsi delle verità di ordine spirituale è ben illustrato dal fatto storico della Trasfigurazione di nostro Signore e dalla sua ri-presentazione liturgica. La comprensione delle verità divine, da parte dell'umanità in generale e dei singoli, dalla semplice accettazione alla piena realizzazione, è un processo di crescita più o meno lento. Tale sviluppo è riconoscibile nella vita e nell'opera di Mosè, colui che rappresenta la Legge, e in quella di Elia, il rappresentante dei Profeti, entrambi apparsi sul monte Tabor. Quanto avevano prefigurato nelle loro vite o predetto riguardo al Salvatore al loro tempo, stava per essere pienamente realizzato in Colui in favore del quale erano apparsi come testimoni. La glorificazione di nostro Signore sul monte, a sua volta, presentò verità di cui Pietro, Giacomo e Giovanni, che Egli aveva portato con Sé, non avevano allora nemmeno il sentore. Si trovarono infatti faccia a faccia con una manifestazione sorprendente e provarono una gioia così profonda che la loro capacità di illuminazione e di felicità fu in quel momento pienamente colmata. Pietro esclamò: «Signore, è bello per noi stare qui»; ma non sapeva di cosa stesse parlando. Solo più tardi, quando fu più consapevole e testimoniò la verità di ciò che aveva visto e udito sul monte, poté dire di avere «una parola profetica più sicura» e commentare al riguardo: «Fate bene a volgere lo sguardo, come a una lampada che splende in un luogo oscuro, finché spunti il giorno e la stella mattutina sorga nei vostri cuori».
Che anche il mondo di oggi faccia attenzione, ricerchi e attenda l'illuminazione, è la preoccupazione della Chiesa nella liturgia di questa festa. Dato che le figure e le profezie dell'Antico Testamento si sono realizzate in Cristo, la stessa Legge antica prefigurava la nuova; quindi, ciò che si è realizzato in Cristo deve realizzarsi anche, secondo la grazia e la capacità, nei membri del suo Corpo Mistico, la sua Chiesa, il suo Regno – la Legge nuova. Per questa grazia preghiamo con la Chiesa in questo giorno di festa: «Concedici, ti preghiamo, Dio onnipotente, che con l'intelligenza di una mente purificata, possiamo giungere al sacro mistero della Trasfigurazione del Tuo Figlio, che celebriamo con culto solenne». La liturgia svela gradualmente questo mistero. Ne veniamo a conoscenza, ad esempio, attraverso gli sforzi di San Pietro per trasmetterne la verità centrale alle persone più o meno incolte del suo tempo: «Fratelli, cercate di render sempre più sicura la vostra vocazione e la vostra elezione. Se farete questo non inciamperete mai. Così infatti vi sarà ampiamente aperto l'ingresso nel regno eterno del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo […] Io credo giusto, finché sono in questa tenda del corpo, di tenervi desti con le mie esortazioni, sapendo che presto dovrò lasciare questa mia tenda, come mi ha fatto intendere anche il Signore nostro Gesù Cristo» (2Pt 1, 10-11.13-14).
San Pietro parla con parole velate e fa riferimento al suo imminente martirio. Dal sermone di Papa San Leone Magno († 461) sulla Trasfigurazione, apprendiamo molto di più. Evidentemente i suoi ascoltatori erano già a conoscenza della loro appartenenza al Corpo Mistico di Cristo: «Di questa metamorfosi, l'opera principale fu quella di rimuovere dal cuore dei discepoli lo scandalo della croce. Davanti ai loro occhi si svelò lo splendore della sua maestà nascosta, affinché l'umiltà della sua sofferenza liberamente scelta non confondesse la loro fede. Ma nondimeno, la Provvidenza di Dio pose qui un solido fondamento per la speranza della santa Chiesa, grazie al quale l'intero Corpo di Cristo avrebbe dovuto conoscere con quale cambiamento sarebbe stato ancora onorato. Le membra di quel corpo, il cui Capo è già stato trasfigurato nella luce, possono promettersi di partecipare alla sua gloria […] Le pagine di entrambe le Alleanze si rafforzano a vicenda e lo splendore della gloria rende manifesto e chiaro Colui che le profezie precedenti avevano promesso sotto il velo dei misteri […]. E l’esempio del Signore era quello di richiamare la fede dei credenti a questo: che sebbene siamo tenuti a non avere dubbi riguardo alla promessa della beatitudine eterna, tuttavia dobbiamo comprendere che, in mezzo alle prove di questa vita, dobbiamo cercare la perseveranza prima della gloria».
II.
Già una rapida occhiata alla liturgia della festa può essere illuminante. Ma l'illuminazione non è il suo unico scopo. Dobbiamo fare un passo ulteriore, affinché il mistero della Trasfigurazione sia in una certa misura da noi realizzato. E ciò avviene se entriamo a far parte della sua ri-presentazione liturgica. Nella partecipazione ai Vespri, ad esempio, non siamo soli; altri membri del Corpo Mistico di Cristo sono lì, uniti al sacerdote officiante e in Cristo, allo scopo di lodare e rendere grazie al nostro Padre celeste. Le antifone dei Vespri raccontano i dettagli della meravigliosa manifestazione sul Monte Tabor per imprimerli nella mente. Allora, senza indebiti sforzi di immaginazione, la chiesa o la cappella diventano per noi il nostro monte santo; perché lì, nel nostro tabernacolo, il nostro Signore è veramente presente. E siamo saldi nella convinzione, come esprime San Paolo nella lettura del Capitolo, che nostro Signore «trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso». Perciò, con cuore consapevole e insieme a tutta la Chiesa, cantiamo «a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni e cantici spirituali» (Col 3, 16).
Chi prende parte in questo modo al servizio divino liturgico realizza il mistero della Trasfigurazione nella misura della grazia che gli deriva dalla preghiera e dai sacramenti, e secondo la propria disposizione a essere co-attivo. La propria attività consiste nel riconoscere la gloria di Dio che è sua, e nell'esprimere quella profonda gratitudine e lode che gli sono dovute, a motivo della sua misericordia e del suo amore per noi nell'averci inviato il Salvatore, che, attraverso le sue sofferenze redentrici ed espiatorie, ha reso possibile e concreta la nostra figliolanza adottiva, e ci ha concesso il privilegio di condividere la sua vita, la sua opera e la sua gloria. Al Mattutino, l'Invitatorio induce ad essere debitamente attivi fin dall'inizio: «Il Re altissimo, il Re della gloria, Cristo, Lui adoriamo». È questo che ci disponiamo a fare, dando voce ai moti della mente e del cuore con le parole del Salmista: «Venite, applaudiamo al Signore, acclamiamo alla roccia della nostra salvezza. Accostiamoci a lui per rendergli grazie» (Sal 94, 1-2). «O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra: sopra i cieli si innalza la tua magnificenza […]. Che cosa è l'uomo perché te ne ricordi e il figlio dell'uomo perché te ne curi? Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani» (Sal 8, 1. 5-7). «Date al Signore, figli di Dio, date al Signore gloria e potenza. Date al Signore la gloria del suo nome, prostratevi al Signore in santi ornamenti. Il Signore tuona sulle acque, il Dio della gloria scatena il tuono» (Sal 28, 1-3).
Con il Salmo 44, esprimiamo la gloria del Re e lodiamo la sua adorabile bellezza e potenza; nel Salmo 75, lo lodiamo per averci illuminato meravigliosamente «dai colli eterni» e per aver salvato «tutti gli umili della terra»; nel Salmo 83, guardiamo con stupore a una vita migliore: «Quanto sono amabili le tue dimore, Signore degli eserciti! L'anima mia languisce e brama gli atri del Signore. Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente. […] Beato chi trova in te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio». Pensieri e aspirazioni simili riecheggiano nei Responsori. Questi sono tratti dai Profeti, dai Salmi, dai Vangeli, dalle Epistole e persino dall'Apocalisse, e si riferiscono decisamente al mistero della Trasfigurazione, svelandolo ulteriormente. Sono mirabilmente riassunti nell'Orazione recitata durante l'Ufficio e nella Messa, in cui preghiamo affinché il mistero si realizzi perfettamente in noi: «O Dio, Tu hai confermato i misteri della fede nella gloriosa Trasfigurazione del Tuo unigenito Figlio attraverso la testimonianza dei padri, e con la Tua voce proveniente dalla nube luminosa hai meravigliosamente indicato la nostra perfetta adozione di figli: concedi nella Tua bontà che diventiamo coeredi dello stesso Re della gloria, e che possiamo condividere la sua gloria».
III.
La Messa festiva permette al fedele che partecipa attivamente di progredire ulteriormente per entrare nella realtà di ciò che è trasmesso dal mistero. Alla coattività con la grazia nella preghiera e nei sacramentali, si aggiunge quella nel sacrificio e nel sacramento. C'è effettivamente uno scambio di doni, uno scambio, un dare e ricevere, o, come la liturgia di tanto in tanto lo definisce, un commercium.
Certamente, questi sacri rapporti con l'Altissimo richiedono integrità spirituale da parte nostra; da qui la confessione dei peccati e la richiesta di assoluzione nelle preghiere preliminari recitate ai piedi dell'altare, e l'invocazione della misericordia nel Kyrie. Nella Messa dei Catecumeni, riceviamo la parola di Dio attraverso l'Epistola, il Vangelo e il sermone. Per questo, nelle parti cantabili – Introito, Graduale, Alleluia – come nella grande dossologia, indirizziamo in Alto la nostra parola di lode riconoscente. E nella Colletta riceviamo la grazia che umilmente chiediamo. Nella Messa dei fedeli, a partire dall'offerta del pane e del vino per i nostri peccati, per tutti i cristiani vivi e defunti e per il mondo intero, ci uniamo a nostro Signore, affinché «mediante la mistica unione di quest'acqua e di questo vino possiamo essere resi partecipi della divinità di colui che si è degnato di farsi partecipe della nostra umanità». E nella Secreta [orazione all’Offertorio, n.d.r.] di questo giorno di festa preghiamo: «Ti supplichiamo, o Signore, santifica i doni che offriamo attraverso la gloriosa Trasfigurazione del tuo Unigenito e purificaci dalle macchie del peccato attraverso la viva luce del suo splendore».
In cambio dei nostri doni, nostro Padre, nella Consacrazione, ci dona il suo divin Figlio, affinché possiamo avere un dono veramente gradito da offrirgli nel compimento dei nostri più sublimi atti religiosi. Ma non ci rendiamo conto, allo stesso tempo, che nostro Signore sta qui rinnovando il grande sacrificio di Sé stesso per noi? Ancora una volta il suo «Sangue del nuovo ed eterno Testamento» viene «versato per voi e per molti in remissione dei peccati». Possiamo, allora, fare a meno di offrire con i nostri doni anche noi stessi insieme con Lui? Come possiamo altrimenti essere «resi partecipi della divinità di colui che si è degnato di farsi partecipe della nostra umanità»? Così il mistero riproposto della Trasfigurazione e la nostra figliolanza adottiva in e attraverso di Lui assumono un nuovo significato.
Lo scambio dei doni avanza. Avendo fatto mediante i nostri doni un'immolazione di noi stessi al Padre, anch’Egli con il suo dono lo immola, ma ora sull'altare del nostro cuore. Nella pace e nell'abbraccio della santa Comunione, siamo uniti a Lui, e gli uni gli altri in Lui, il Figlio amato nel quale il Padre si è compiaciuto. Quante volte, in tali comunicazioni con nostro Signore dentro di noi, non ci siamo sentiti come Pietro sul monte santo, e come a dire: «Signore, è bello per noi stare qui!». O, come un giovane osservò una volta a suo modo: «È così che vorrei sempre essere». Quale deve essere, allora, la gloria del cielo! Ma il nostro tempo non è ancora giunto, come non lo fu allora per Pietro, Giacomo e Giovanni. Dovettero ridiscendere con nostro Signore nella valle sottostante, dove i ciechi e gli zoppi, gli avidi della parola di Dio e i folli attendevano il loro ministero. E così procediamo a compiere il nostro atto di autoimmolazione, mantenendoci immacolati e facendo del bene agli uomini nella valle quaggiù, per la gloria del nostro Padre celeste.
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Questi pochi suggerimenti possono essere utili per entrare attivamente nella ri-presentazione liturgica del mistero della Trasfigurazione e, con la grazia che chiediamo, soprattutto durante la Messa, in modo efficace. Così, attraverso il simbolo, la parola e l'azione, arriviamo a confrontarci con le sottostanti realtà spirituali e con valori che sono eterni – non con finzioni, o come dice San Pietro nell'Epistola: «Non per essere andati dietro a favole artificiosamente inventate vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo» (2Pt 1, 16).
Egli è presente oggi con potenza nei membri del suo Corpo Mistico, santificando Sé stesso per loro, facendo del bene nel mondo, seminando il buon seme del suo insegnamento, essendo paziente con chi sbaglia e con coloro che difficilmente riescono a comprendere la verità, soffrendo per la causa della giustizia e dando la sua vita per salvare gli uomini dalla schiavitù degli dèi da loro stessi creati – e così in Lui e nei suoi è glorificato il Padre. Abbiamo il privilegio di prendere parte a questa sublime azione, secondo la grazia e la chiamata. Questo è il mistero della Trasfigurazione. La beatitudine eterna può giungere solo attraverso le sofferenze di Cristo e attraverso una vita in Lui.