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La storia (travagliata) del quadro della Madonna di Pompei

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Il beato Bartolo Longo desiderava un'immagine della Vergine per accompagnare la missione popolare del 1875. L'impresa non fu affatto semplice, ma oggi quel dipinto veneratissimo attira folle di pellegrini.

Ecclesia 08_05_2024

Un’immagine sacra risveglia nel cuore di ogni fedele sentimenti, emozioni, ricordi indescrivibili. Ogni immagine parla di una storia, di un avvenimento speciale: un colore, una linea tracciata su una tela o su una tavola di legno sembra parlare non solo del personaggio ritratto ma anche di noi, spettatori silenziosi di fronte all’opera stessa. Una delle immagini sacre più popolari (non solo in Italia ma in tutto il mondo) è l’icona della Madonna di Pompei, festeggiata il 7 ottobre e l’8 maggio, il giorno in cui ebbe inizio nel 1876 la costruzione della basilica.

L’importante effigie presenta la Madonna in trono con il Bambino Gesù in braccio. Ai suoi piedi vi sono san Domenico e santa Caterina da Siena. Maria reca nella mano sinistra la corona del Rosario che porge a santa Caterina. Gesù, poggiato sulla gamba destra della Vergine, affida la corona del Rosario a san Domenico. L’opera presenta una cornice in bronzo dorato, incastonata su un fondo di onice. Su questo, spiccano venti tondi con i rispettivi venti misteri del Santo Rosario. I misteri gaudiosi, gloriosi e dolorosi sono stati dipinti dall’artista Vincenzo Paliotti (Roma 1831 - Napoli 1894). I misteri luminosi – aggiunti da san Giovanni Paolo II nel 2002 con la lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae  – sono stati realizzati dall’artista contemporaneo Salvatore Seme.

Dietro a questo quadro si nasconde un’affascinante storia che vede protagonisti due personaggi principali: il beato Bartolo Longo e suor Maria Concetta De Litala, religiosa del convento del Rosariello situato a Porta Medina, quartiere centrale di Napoli. La religiosa aveva avuto in custodia un quadro della Vergine del Rosario da un frate domenicano, tale padre Alberto Radente, prezioso strumento di Dio per la conversione dello stesso Longo. Quando il beato arrivò nella città di Pompei nel 1872 per curare alcune proprietà della contessa Marianna Farnararo De Fusco, Longo si trovò davanti una realtà desolante: gli abitanti del luogo si trovavano in condizioni di estrema povertà non solo materiale ma anche e soprattutto spirituale. Longo, all’epoca, aveva ormai abbandonato la sua vecchia vita spinta da ideali anticlericali: si era, infatti, ormai convertito lasciando definitivamente «l’uomo vecchio» per fare spazio all’ «uomo nuovo» e aveva, dunque, promesso alla Vergine Maria di diffondere la preghiera del Santo Rosario. In onore della Vergine aveva in mente di organizzare, per l’ottobre 1875, una missione popolare che potesse segnare profondamente l’animo degli abitanti della valle di Pompei. Il programma era molto semplice: ogni giorno, la recita del Rosario, la Santa Messa e altri momenti di preghiera. Per tale missione, Longo aveva desiderio di avere un quadro della Vergine davanti la quale far pregare il popolo di fedeli. La missione ebbe inizio ma Longo aveva nel cuore sempre più acceso questo profondo desiderio: doveva esserci un’immagine della Madonna ad accompagnare i momenti di preghiera. Fu così che il 13 novembre, vigilia della chiusura della missione, Bartolo si mise in viaggio verso Napoli alla ricerca di una tela che rappresentasse la Vergine Maria.

L’impresa si dimostrò per nulla facile in quanto il budget a disposizione non era poi così tanto cospicuo. Ma venne in aiuto la Provvidenza che fece incontrare il beato proprio con padre Alberto Radente, suo direttore spirituale, che diversi anni prima aveva donato un vecchio quadro della Vergine ad una religiosa del Conservatorio del Rosario a Porta Medina a Napoli. La religiosa era suor Maria Concetta De Litala. Bartolo Longo andò, allora, subito al convento della religiosa colmo di speranza. Si trovò però davanti a una non lieta sorpresa: «Era non solo una vecchia e logora tela, ma il viso della Madonna, meglio di una vergine benigna, tutta santità e grazia, parea piuttosto di un donnone ruvido e rozzo […]. Oltre alla deformità e spiacevolezza del viso, mancava pure sul capo della Vergine un palmo di tela; tutto il manto era screpolato e roso dal tempo e bucherellato dalla tignola, e per le screpolature erano distaccati qua e là brani di colore. Nulla è a dire della bruttezza degli altri personaggi. san Domenico a destra sembrava, più che un Santo, un idiota da trivio; ed a sinistra era una santa Rosa, con una faccia grassa, ruvida e volgare, come una contadina coronata di rose», così descrive l’opera lo stesso Longo nella sua Storia del Santuario, edita nel 1890.

Inoltre si presentava un altro problema: il trasporto del quadro da Napoli a Pompei. Viste le grandi dimensioni della tela non era facile il suo trasporto. Anche in questo caso, la Provvidenza aiutò il beato che si ricordò che uno dei capi di tutti i coloni della valle di Pompei, Angelo Tortora, per lavoro, faceva spola tra Napoli e Pompei con il suo carretto. Quello che però Bartolo non sapeva era che il Tortora si recava spesso a Napoli per caricare il letame dalle stalle dei signori per poi rivenderlo ai contadini come concime per le campagne. Anche in questo caso il beato non aveva altro mezzo che quello: il quadro venne avvolto bene in un grande panno e viaggiò verso Pompei su quel carretto. In definitiva si trattava di un brutto quadro trasportato tra l’altro in un carretto non degno certo della Vergine. Arrivò a Pompei il 13 novembre 1875. Longo era consapevole che il quadro così come era giunto non poteva certamente essere esposto alla venerazione. Fu così che venne chiamato l’artista napoletano Guglielmo Galella, all’epoca famoso per le sue riproduzioni delle immagini degli scavi dell’antica Pompei, per poter lavorare al suo restauro. In seguito, Bartolo Longo affidò l’icona al pittore napoletano Federico Maldarelli (1826 - 1893) per un ulteriore restauro, chiedendogli anche di trasformare l’originaria santa Rosa (presente nel quadro affidato da suor  Maria Concetta De Litala) in santa Caterina da Siena. La tela venne posta alla venerazione dei fedeli soltanto il 13 febbraio 1876. Nello stesso giorno, a Napoli, avvenne il primo miracolo per intercessione della Madonna di Pompei.

Il quadro verrà poi incoronato da san Paolo VI nella Basilica di San Pietro, il 23 aprile 1965. L’ultimo restauro, presso il Laboratorio Dipinti dei Musei Vaticani, è del 2012. Il 13 novembre, in ricordo dell’arrivo a Pompei dell’icona della Vergine del Rosario, l’opera viene fatta scendere dal suo Trono per esporla nell’assemblea: così, i devoti riescono ad esprimere la loro devozione alla Vergine baciando il famoso quadro. In quel bacio vi è non solo la venerazione del popolo campano alla Vergine del Rosario ma l’amore di tutti i figli del mondo per la propria Madre celeste.



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