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"EVIDENZE" INFONDATE

La Santa Sede riveda la “dottrina” vaccinista dopo la verità su Pfizer

La Nota e l’endorsement della gerarchia hanno messo a tacere qualsiasi domanda, sia di carattere etico sia sulla sicurezza, presupponendo che la pandemia fosse controllabile solo con i vaccini. Che però non prevengono il contagio, parola di Pfizer.

Editoriali 15_10_2022

«È troppo aspettarsi che finalmente la Congregazione per la Dottrina della Fede ritorni sull’argomento per affermare che, alla luce di quello che è successo, per un cattolico l’uso dei “vaccini” è moralmente non accettabile?». È la domanda che un lettore ci pone, dopo una serie di pertinenti riflessioni, alla luce della “candida” ammissione di madama Janine Small davanti alla Commissione Covid-19 del Parlamento Europeo (vedi qui).

La domanda è assolutamente lecita ed era doveroso che la Congregazione, prima di emettere la Nota del 21 dicembre 2020, si chiedesse quale fosse l’effettiva capacità di questi sieri di inibire la trasmissione del Sars Cov-2 e ponesse qualche verbo in più al condizionale. Il paragrafo incriminato è il n. 3, che richiamiamo alla memoria dei lettori. Il testo ricordava che il dovere morale di evitare una cooperazione qualificata come materiale passiva remota «non è vincolante se vi è un grave pericolo, come la diffusione, altrimenti incontenibile, di un agente patogeno grave: in questo caso, la diffusione pandemica del virus SARS-CoV-2 che causa il Covid-19». Dando per scontato che i sieri fossero in grado di prevenire questo pericolo, la Nota concludeva così: «è perciò da ritenere che in tale caso si possano usare tutte le vaccinazioni riconosciute come clinicamente sicure ed efficaci con coscienza certa che il ricorso a tali vaccini non significhi una cooperazione formale all’aborto dal quale derivano le cellule con cui i vaccini sono stati prodotti».

Quali “evidenze” avesse in mano all’epoca la Congregazione non è dato sapere; a dire il vero, è difficile pensare che ne avesse qualcuna, dal momento che, non appena comparso il trial di Pfizer – quello del 95% di efficacia! – era già evidente che l’aspetto della capacità sterilizzante del vaccino  non era stato testato. Lo avevano fatto notare, tra gli altri, Peter Doshi, Vanni Frajese, Paolo Bellavite, Marco Cosentino. Poi è bastato poco tempo per permettere all’esperienza empirica di confermare che le persone vaccinate non erano affatto immunizzate: potevano dunque contagiarsi e contagiare. Fino agli studi recenti che mostrano un minimo scarto di contagiosità tra vaccinati e non vaccinati (vedi qui e qui), fino alla catastrofica performance della Small non in uno studio televisivo, ma in una sede istituzionale. Evidentemente alla Congregazione dev’essere stata messa una insolita fretta per pronunciarsi con quello che è stato di fatto un via libera all’inoculazione di massa di sieri ottenuti ricorrendo alle linee cellulari provenienti da aborto.

Si potrebbe però obiettare che tra i gravi pericoli che legittimerebbero il ricorso ai vaccini eticamente riprovevoli non ci sarebbe solo la trasmissione del patogeno, ma anche la possibilità di sviluppare la malattia in forma grave. Qualcuno dovrebbe spiegare perché non si sia dato spazio alla realtà delle cure domiciliari e precoci per evitare o comunque ridurre il rischio della forma grave della malattia Covid-19. Anche in questo caso, la Nota non ha neppure preso in considerazione che potessero esistere altre strade eticamente lecite alternative alla “vaccinazione”, né ha considerato l’ipotesi che l’efficacia di questi sieri potesse non essere quella attesa o dichiarata da chi aveva solo interessi a vendere il proprio vino.

C’è poi il doloroso problema della loro sicurezza, dato per scontato nonostante fin da subito risultasse chiaro che non erano stati fatti studi su aspetti estremamente importanti, come la cancerogenicità, la genotossicità, l’interazione con altri farmaci, l’impatto sulle donne gravide e sul nascituro, e così via.  È chiaro che alla Congregazione non era chiesto di dirimere la questione dal punto di vista scientifico, ma di far notare che i vari elementi che soli renderebbero lecita una cooperazione materiale remota, dovevano essere effettivi, non presunti.

Quello che invece è accaduto, non solo in seguito al via libera della Nota, ma ancor di più a causa dell’endorsement che è venuto dalla stragrande maggioranza della gerarchia cattolica, Papa in testa, ha semplicemente cancellato il problema morale dei farmaci prodotti in modo illecito. È diventato normale farsi inoculare due, tre, quattro, “x” volte con questi sieri, con tanti saluti alla gravità del problema etico, che è divenuto tabù persino nel mondo pro vita.

Adesso però la Congregazione ha il dovere di intervenire nuovamente, pronunciandosi anche sulla completa distorsione del principio di proporzionalità, che ha reso possibile quella che è a tutti gli effetti una sperimentazione di massa e che sta mietendo numerose vittime. Occorre ribadire che il principio di proporzionalità non dev’essere applicato alla popolazione in generale, ma alla singola persona, con la sua particolare situazione clinica; è inaccettabile il principio che per salvare il tutto si possa tranquillamente sacrificare la parte, perché la parte non è un membro malato del corpo, ma sono in realtà delle persone. Il bene comune non può ammettere che si compia del male verso alcuni innocenti.

Bisogna altresì ricordare che, nel caso di una vaccinazione, si ha a che fare con persone sane, che potrebbero non infettarsi mai o sviluppare la malattia in forma leggera o seria, ma non grave o mortale.  Per questa ragione, gli eventuali effetti avversi non possono che essere di lieve entità e transitori; mentre noi stiamo assistendo persino a delle morti provocate da questi sieri. Non è dunque troppo aspettarsi un intervento della Congregazione: è il minimo che dalla Santa Sede si possa attendere. E magari un pochino più di prudenza, prima di offrirsi come cappellani di corte di Big Pharma, benedicendo, senza alcun spirito critico, le loro campagne di salvezza del mondo.