La famiglia, «società naturale» fondata sul matrimonio
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La Costituzione riconosce la famiglia come «società naturale fondata sul matrimonio», in accordo con l’insegnamento cattolico. Una definizione non arbitraria. Nonostante il crescente diffondersi delle unioni di fatto, il matrimonio rimane il fondamento naturale della famiglia.

Nel disorientamento generato dalla cultura del provvisorio è un dato di fatto che ci si sposa sempre meno e cresce il numero delle unioni di fatto, come dimostrato anche in Italia dai dati dell’Istat. In un mutato contesto socio-culturale, il matrimonio rappresenta ancora il fondamento della famiglia? O il crescente diffondersi di nuovi modelli familiari ne fa presagire la fine?
La Costituzione italiana dedica alla famiglia i primi tre articoli dei rapporti etico-sociali (art. 29, 30 e 31). L’art. 29 Cost. recita: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio». La formula «società naturale» rappresenta il frutto del compromesso raggiunto in Assemblea Costituente fra le due diverse concezioni – cattolica e laica – del rapporto tra famiglia e ordinamento dello Stato. Mentre l’area cattolica intendeva garantire il riconoscimento da parte dell’ordinamento costituzionale dello Stato di una realtà preesistente al diritto e titolare di diritti propri e inalienabili, l’area laica obiettava l’imposizione costituzionale di un determinato modello di famiglia, quello cattolico, che non teneva conto della complessità sociale e della variabilità storica dei modelli di convivenza familiare. Il contrasto degli orientamenti cattolico e laico si riflette nella contrapposizione fra la tesi giusnaturalista (appoggiata perlopiù dall’area cattolica) che vorrebbe la famiglia titolare di uno ius naturale e di una sovranità indipendenti dal riconoscimento statale, e l’impostazione normativistica (sostenuta dall’orientamento laico) che configura la famiglia come comunità riconosciuta e interamente disciplinata dallo Stato e l’autonomia della famiglia in ogni caso derivata da norme.
La definizione della famiglia che è stata infine adottata dalla Costituente si accorda con l’insegnamento della Chiesa cattolica: «(…) la Chiesa considera la famiglia come la prima società naturale, titolare di diritti propri e originari (…). Infatti, la famiglia, che nasce dall'intima comunione di vita e d'amore coniugale fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, possiede una sua specifica e originaria dimensione sociale, in quanto luogo primario di relazioni interpersonali, prima e vitale cellula della società (…)» (Compendio della Dottrina sociale della Chiesa n. 211). La priorità della famiglia rispetto all’organizzazione della società e allo Stato trova corrispondenza nella Dottrina sociale della Chiesa cattolica: «La famiglia, soggetto titolare di diritti inviolabili, trova la sua legittimazione nella natura umana e non nel riconoscimento dello Stato. Essa non è, quindi, per la società e per lo Stato, bensì la società e lo Stato sono per la famiglia» (Compendio della Dottrina sociale della Chiesa n. 214). La preminenza della famiglia rispetto alla società e allo Stato è regolata dal principio di sussidiarietà, secondo cui i pubblici poteri non devono ingerirsi in quei compiti che la famiglia può svolgere bene da sé, ma eventualmente sostenerla con l’erogazione di aiuti. Il principio di sussidiarietà ispira i successivi articoli 30 e 31 Cost.
È stato osservato – anche da autorevoli giuristi e costituzionalisti – che la formulazione letterale dell’art. 29 della nostra Costituzione conterrebbe in realtà un ossimoro, un’incongruenza. Se la famiglia è una società naturale che preesiste al diritto, come è possibile che la si affermi fondata sul matrimonio che è invece un istituto che appartiene tipicamente al diritto positivo? L’espressione adottata dai padri costituenti non costituisce un errore e non rappresenta una contraddizione in termini, se si riflette sul fatto che quella primaria forma di aggregazione sociale, che è la famiglia, si esprime e si realizza compiutamente nel matrimonio. Le più antiche civiltà hanno fondato sul matrimonio – inteso come unione volontaria e stabile, sancita in modo solenne, tra un uomo e una donna – il concetto di famiglia, quale luogo naturale per l’esistenza e la conservazione del genere umano, formazione sociale primaria non rinunciabile, preesistente ad ogni altra forma di associazione e istituzione.
Le scoperte dell’archeologia (dalle raffigurazioni dell’arte rupestre alle tombe sepolcrali dove venivano riposti un uomo e una donna e non di rado i loro figli) e lo studio dei comportamenti familiari nel corso della storia antica (si pensi alle popolazioni che abitarono la Mesopotamia o alle tradizioni giuridiche e culturali ebraica, greca e romana) permettono di dimostrare che ogni civiltà antica abbia avuto una concezione di nucleo familiare caratterizzata da una stabile unione fra due persone di sesso diverso, tipicamente conforme all’istituto matrimoniale.
Il “matrimonio naturale” non è un ossimoro, ma è la risposta che nel corso dei secoli le civiltà hanno saputo dare a quel progetto di vita che un uomo e una donna hanno spontaneamente costruito intorno ad una realtà relazionale e familiare consolidata che chiedevano fosse riconosciuta, e che poneva i coniugi come ponte tra essi e le generazioni future, tra l’io e l’altro e tra l’oggi e il domani, tra il “cielo” e la “terra” se si considera altresì la dimensione religiosa e trascendentale del matrimonio (e che caratterizzava anche le culture più antiche).
Oggi l’Occidente sembra aver intrapreso una deriva positivistica e individualista secondo cui si preferisce pensare alla famiglia come fosse una struttura artificiale, di invenzione giuridica e pertanto plasmabile a seconda delle evoluzioni culturali e delle esigenze personali del singolo. Il grande esperimento sociale della decostruzione della famiglia naturale fondata sul matrimonio porta con sé, quali conseguenze inevitabili, la perdita della stabilità sociale, il crollo della natalità, l’atomizzazione della società, nonché solitudine, smarrimento, privazione di senso e di speranza. Eliminato il riferimento alla stabilità del matrimonio, nella vita resta la più assoluta precarietà delle relazioni.
Il matrimonio ha fondato la famiglia percorrendo secoli e millenni di storia e precedendo il diritto stesso. Nonostante il crescente diffondersi delle unioni di fatto, il matrimonio rimane il fondamento naturale della famiglia, struttura antropologica fondamentale ed essenziale per la vita umana, luogo “naturale” appunto, ove la persona sviluppa la sua personalità. In tale senso la dignità dell’atto matrimoniale ha valore universale e sempre attuale. La famiglia fondata sul matrimonio appartiene alla natura dell’uomo, quale essere libero e razionale, capace di realizzare nella relazione coniugale il perfezionamento della propria persona e di esprimere un’autentica relazione di amore.
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