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Ius scholae, FI tenta lo strappo, ma dietro c'è il Quirinale

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Forza Italia annuncia l'intenzione di portare in Aula lo ius scholae e rinsalda la convergenza col PD che farebbe implodere la Maggioranza. Ma dietro la mossa di Tajani ci sono le sue ambizioni in vista dell'elezione del presidente della Repubblica. 

Politica 05_07_2025

Lo ius scholae, o meglio lo "ius Italiae" come lo ribattezza Forza Italia, riemerge prepotentemente nel dibattito politico estivo, accendendo nuove tensioni nel centrodestra e riaprendo un canale di dialogo tra gli azzurri e il centrosinistra. Un tema storicamente divisivo che torna a occupare la scena, rilanciato con forza da Antonio Tajani e dal portavoce del partito, Raffaele Nevi, i quali hanno dichiarato che Forza Italia è pronta a portare in aula una proposta sulla cittadinanza, fondata sul percorso scolastico dei minori stranieri cresciuti in Italia.

Un’apertura che ha raccolto subito consensi nel campo progressista, con il Partito Democratico e altre forze d’opposizione come Azione, Italia Viva e persino il Movimento Cinque Stelle che, pur tra diffidenze e distinguo, si sono detti pronti a sostenere il provvedimento. Il nodo centrale della proposta resta il tempo minimo di permanenza scolastica: dieci anni secondo Forza Italia, cinque secondo la proposta originaria del Pd. Una divergenza significativa che non sembra però ostacolare l’inedito asse trasversale in costruzione. Nevi è stato chiaro: «Se il Pd decide di chiedere la calendarizzazione dello ius scholae, noi siamo pronti ad approvarlo con loro», salvo poi precisare, per bocca di Tajani, che non si tratta di un’apertura ai dem ma dell’invito a sostenere la proposta azzurra. La disponibilità al confronto c’è, ma entro i binari fissati da Forza Italia, che non vuole prestare il fianco a mediazioni che snaturino l’impianto della proposta.

Una posizione che ha subito innescato la reazione contraria degli alleati di governo, Fratelli d’Italia e Lega, che considerano la questione chiusa e la normativa vigente già adeguata. Sara Kelany, responsabile immigrazione di FdI, ha risposto seccamente: «La legge sulla cittadinanza per noi va bene così e, visto l’esito dei referendum, va bene anche per i cittadini». Un riferimento diretto al recente referendum consultivo di giugno, che secondo i partiti della destra ha dato un mandato chiaro a non intervenire sul tema. Ancora più netto Rossano Sasso, capogruppo leghista alla commissione Cultura della Camera, che ha bollato la proposta di Forza Italia come «tecnicamente sbagliata, irricevibile», accusando gli azzurri di non conoscere la realtà delle scuole italiane.

All’interno della coalizione di centrodestra, quindi, la spaccatura è evidente, con Tajani che non esclude un voto parlamentare senza l’appoggio di Lega e FdI, aprendo così alla possibilità di un vero e proprio «compromesso storico» con le opposizioni. Una prospettiva che agita gli equilibri della maggioranza e che costringe alleati come Noi Moderati a muoversi su un filo sottilissimo: «Siamo favorevoli allo ius scholae», ha dichiarato Maurizio Lupi, «ma le forzature non servono, sono controproducenti e rischiano solo di rompere l’unità della coalizione».

Nel frattempo, il centrosinistra appare pronto ad approfittare della breccia aperta dagli azzurri. Il Pd, in particolare, ha accolto con favore l’iniziativa, seppur con prudenza. Graziano Delrio parla di «segnale positivo che il Parlamento non può ignorare», mentre Marianna Madia definisce l’apertura di FI «un’ottima notizia». Simona Malpezzi aggiunge: «Approviamo insieme una legge doverosa di civiltà politica», mentre Pina Picierno avverte: «Ora serve coerenza». Il riferimento è al timore che tutto si risolva in una boutade estiva, come sostiene Riccardo Magi di +Europa: «Prima Tajani dice che serve una riforma, poi però presenta una proposta più restrittiva della legge attuale». Anche Avs si dice pronta a un confronto serio in Parlamento, ma sottolinea che servono atti concreti, non solo dichiarazioni. Carlo Calenda è netto: «Se FI porterà al voto una legge sullo ius scholae Azione la sosterrà convintamente», mentre Matteo Renzi sfida Tajani a non farsi condizionare da Giorgia Meloni: «Abbia la forza di difendere le sue idee».

Tutti uniti, quindi, almeno sulla carta, a favore di un cambiamento che, pur se imperfetto e distante dalle proposte più ambiziose sullo ius soli, rappresenterebbe comunque un passo avanti. Ma il percorso resta incerto. Tajani ha ammesso che «per ora in Parlamento è tutto ingolfato: ci sono sette decreti e la riforma della giustizia, che è la nostra priorità assoluta». Dunque, nessuna urgenza. Eppure, il solo fatto che il partito fondato da Berlusconi si dica disponibile a dialogare apertamente con le opposizioni su un tema così identitario rappresenta un fatto politico di rilievo. Nelle retrovie, si ipotizza persino un voto con libertà di coscienza, in grado di creare maggioranze trasversali tra i partiti. Una prospettiva che agita le acque del centrodestra, già provato da frizioni interne, e che rischia di lasciare strascichi duraturi.

La Lega e Fratelli d’Italia non arretrano di un millimetro, decisi a non lasciare che il tema della cittadinanza diventi terreno di compromesso politico. L’appello a «rispettare la volontà popolare» è il leitmotiv ripetuto in ogni dichiarazione, in una sorta di blindatura ideologica su una legge che per loro è già «giusta e sufficiente». Tuttavia, nonostante le resistenze, il dato politico è chiaro: Forza Italia ha rotto un tabù, aprendo ufficialmente alla possibilità che una legge sulla cittadinanza passi grazie al voto congiunto di centro e centrosinistra. E anche se Tajani preferisce parlare di «vittoria di tappa» e non del Giro d’Italia, come a voler ridimensionare la portata dell’iniziativa, il segnale è forte.

La strategia di Forza Italia è chiara: gettare un ponte verso il centrosinistra per attrarre i voti centristi, rafforzarsi elettoralmente e scavalcare stabilmente la Lega come secondo partito del centrodestra. La prossima legislatura sarà quella dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Antonio Tajani, nonostante il suo passato monarchico, ambisce al Quirinale e le convergenze con la sinistra su temi così impattanti sull’opinione pubblica potrebbero rivelarsi decisive per renderlo votabile anche da parte di settori della sinistra.

Non si spiega in altro modo questa insistenza dei vertici azzurri nel tirare la corda con gli alleati, anche a costo di incrinare gli equilibri di coalizione. Una nuova legge sulla cittadinanza non era nel programma del governo Meloni e se Forza Italia si impunta su questo è solo per le ambizioni, probabilmente irrealistiche, di alcuni suoi leader.