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MEDIO ORIENTE

Israele: il ministro Cohen in Vaticano, ma nel Paese dilaga la protesta

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Il ministro degli Esteri israeliano in visita in Vaticano. Prima visita dal 2011. In Israele, intanto, dilaga la protesta contro la riforma della giustizia. L'Ue emette una risoluzione sul principio "due popoli in due Stati".

Esteri 15_07_2023

Era dal 2011 che un ministro degli Esteri di Israele non faceva visita in Vaticano. Giunto direttamente da Tel Aviv Eli Cohen ha incontrato, giovedì scorso, mons. Paul Richard Gallagher, segretario per i rapporti con gli Stati e le organizzazioni internazionali del Vaticano. «Siamo impegnati a proteggere la sicurezza e l'onore dei cristiani in Israele, e continueremo a mostrare tolleranza zero per gli atti di violenza basati sull'odio» - ha detto Cohen - nel corso del colloquio con l'arcivescovo Gallagher. Anche il presidente Isaac Herzog ha recentemente condannato gli atti di intolleranza, sempre più frequenti in Israele, contro i cristiani.

Prima di recarsi in Vaticano Eli Cohen ha avuto un colloquio con Antonio Tajani, ministro degli Esteri del governo Meloni. Il vicepremier ha espresso la solidarietà del popolo italiano per gli attacchi terroristici delle ultime settimane. «Questa nuova ondata di violenza è un’ulteriore prova dell’insostenibilità dello status quo e dell’assoluta necessità di rilanciare il processo di pace per evitare l’ennesima spirale distruttiva - ha detto il ministro Tajani – e riteniamo che tale processo di normalizzazione debba procedere in parallelo, sfruttando le possibili sinergie». Sempre giovedì, si è appresa la notizia che il primo ministro Giorgia Meloni, il prossimo mese di ottobre, sarà a Gerusalemme. Lo ha annunciato il ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini durante un incontro con il ministro israeliano per l'Innovazione, la Scienza e la Tecnologia Ofir Akunis.

Intanto in Israele, proseguono le proteste contro la riforma della giustizia. Centinaia di persone si sono date appuntamento, lo scorso giovedì sera, davanti alle abitazioni del primo ministro Benjamin Netanyahu a Cesarea e a Gerusalemme, mentre un altro gruppo si è radunato davanti all'ambasciata degli Stati Uniti a Gerusalemme. Anche l'Ordine degli avvocati minaccia una serrata e i piloti riservisti si rifiutano di presentarsi in caserma per gli addestramenti e rivolgono un invito al governo di bloccare l'iter parlamentare per modificare l'amministrazione giudiziaria.

Nel frattempo, una petizione è stata inviata all'Alta Corte firmata dal gruppo di protesta Fortress of Democracy, guidato dall'ex capo di stato maggiore dell'IDF, le Forze di Difesa israeliane, Dan Halutz. Nel documento, si sottolinea che Netanyahu avrebbe violato l'accordo sul conflitto di interessi che aveva firmato durante il suo processo per corruzione e attualmente in corso. Il giudice Ruth Ronnen ha stabilito che la petizione sarà esaminata da un collegio di giudici, nel prossimo futuro, non stabilendo, però, il giorno dell'udienza. In una dichiarazione congiunta, i capi dei partiti della coalizione governativa attaccano la decisione dell'Alta Corte di esaminare una petizione che chiede la rimozione dall'incarico del primo ministro Benjamin Netanyahu. «Siamo rimasti scioccati dalla decisione dell'Alta Corte di accogliere la petizione - dicono i capi dei partiti di maggioranza - in particolare dopo che la Knesset ha approvato una legislazione che impedisce la rimozione di un primo ministro eletto democraticamente».

Ma l’iter per la revisione della giustizia prosegue spedito. Uno degli ultimi atti approvati è stata l'elezione di un parlamentare dell'estrema destra, come componente della Commissione per la nomina dei giudici. Yitzhak Kroizer, parlamentare del partito Otzma Yehudit (Potere ebraico), ha ottenuto, nel corso della votazione a porte chiuse, 86 voti su 120.

Intanto, il Parlamento Europeo durante l'ultima Plenaria ha ribadito «il sostegno dell'UE alla soluzione fondata sulla coesistenza di due Stati, quale unica soluzione al conflitto. Stato di Israele e Stato di Palestina devono convivere democraticamente fianco a fianco in condizioni di pace, sicurezza garantita, riconoscimento reciproco, sulla base dei confini del 1967, stabiliti dalla risoluzione 181 dell'ONU, con scambi equivalenti di territori definiti di comune accordo e con Gerusalemme quale capitale di entrambi gli Stati, sulla base dei parametri previsti nelle conclusioni del Consiglio Europeo del luglio 2014. Va appoggiato inoltre, in linea di principio, il riconoscimento dello Stato palestinese conformemente a tali parametri, nel pieno rispetto del diritto internazionale. L'UE ribadisce il suo impegno a favore della parità dei diritti di israeliani e i palestinesi».

Nel documento si esprime inoltre «preoccupazione per l’incremento della violenza che caratterizza il conflitto israelo-palestinese dal 2022 e per il rischio di un'ulteriore escalation». Si chiede «la cessazione immediata di tutti gli atti di violenza tra israeliani e palestinesi, al fine di invertire questa spirale e intraprendere sforzi significativi al fine di riavviare i negoziati di pace; la violenza, il terrorismo e l'istigazione sono fondamentalmente incompatibili con una risoluzione pacifica del conflitto».