Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Giovedì Santo a cura di Ermes Dovico

PAOLO IL CALDO

Insisto: tocca ai politici a controllare i burocrati

Voglio tornare sul funzionamento della Pubblica amministrazione, da me già affrontato nel mio ultimo intervento, per rispondere a diversi lettori che mi hanno inviato osservazioni o commenti. Mi preme ribadire che l’apparato burocratico deve dipendere pienamente dal popolo, quindi dal potere politico

Paolo il caldo 17_10_2015
Paolo Togni

Voglio tornare sul funzionamento della Pubblica amministrazione, da me già affrontato su La Nuova Bussola Quotidiana il 14 ottobre (clicca qui) per rispondere a diversi lettori che mi hanno inviato osservazioni o commenti. È chiaro che il funzionamento della macchina dello Stato – la Pa non è altro – non può essere analizzato in modo esauriente nel brevissimo spazio di un articolo; in argomento sono state pubblicate molte centinaia di migliaia di pagine, e pretendere di mettere un punto fermo alla discussione in poche righe sarebbe stupido prima ancora che presuntuoso. Cercherò comunque in breve di spiegare il mio pensiero.

La Pa è la macchina dello Stato: in una logica pre democratica era lo strumento del quale il Sovrano si serviva per svolgere la sua attività. Data la stabilità del Sovrano, anch’essa era quindi caratterizzata da una forte aspettativa di stabilità. L’avvento del sistema democratico, con i conseguenti, rapidi cambiamenti dei gestori del potere e dei loro programmi, ha scombussolato questa visione. E, poiché non ha senso ipotizzare l’esistenza di una entità “Stato” che abbia comportamenti e fini diversi da quelli dei suoi gestori democraticamente eletti, non ha senso neanche ipotizzare una burocrazia votata al perseguimento di obiettivi dei quali sia l’unica custode. Se crediamo, come io credo, che tutto il potere e tutta l’azione pubblica debbano risiedere in capo ai rappresentanti del popolo, nella misura in cui essi rispettino nel loro comportamento il diritto naturale e le norme legittimamente in vigore, allora non può e non deve esistere un corpo dello Stato dotato del potere di effettuare scelte strategiche al di fuori di quello formato da coloro che sono stati eletti dal popolo.

I nostri Padri Costituenti nello scrivere la Costituzione non tennero in conto le considerazioni che ho fatto sopra, per motivi culturali e politici che varrà la pena di analizzare in altra sede, e il risultato è quello sotto i nostri occhi: la guida effettiva dello Stato è in mano a un gruppo autoreferenziale che risponde più ai propri interessi corporativi – o addirittura personali – che a quelli generali, e che non tiene troppo in conto le direttive e i programmi provenienti dagli organi politici. I quali, sia ben chiaro, dispongono di strumenti che potrebbero garantire che la burocrazia esegua in correttezza, secondo i loro ordini, i suoi compiti: ma non sono in grado di utilizzarli, più che altro perché carenti della cultura necessaria. Torno sull’esempio Roma, su Marino e sull’assessore Esposito; e confermo che le dichiarazioni di Esposito: «Io do ordini, ma poi fanno il contrario»; «Mi fanno vedere una delibera, poi la cambiano», costituiscono una piena confessione di ignoranza e di incapacità: giudizio questo pienamente confermato da quanto ho scritto e da quanto sto per scrivere.

Se i romani – sbagliando, ma questo fa parte del gioco – hanno eletto Marino, è Marino che, con gli assessori da lui nominati, deve governare la città. Per far questo, però, sono necessarie una chiara idea di città verso la quale muoversi, e un solido possesso delle regole dell’amministrazione: due requisiti che a Marino e alla sua ciurma mancavano quasi totalmente. Tornando al discorso generale, c’è una soluzione a questi problemi? Cioè, possiamo rendere più snella, coerente e funzionale ai programmi democraticamente scelti, e quindi efficace l’azione amministrativa? E per ottenere questo, sarà sufficiente che i pubblici funzionari svolgano, come scrive un lettore, «bene, diligentemente e onestamente il loro lavoro»? 

L’obiettivo è raggiungibile, ma solo attraverso una vera e propria rivoluzione. Si deve porre fine all’equivoco di una burocrazia “indipendente”: essa deve dipendere pienamente dal popolo, quindi dal potere politico. E c’è anche il metodo: applicare un deciso spoil system almeno a tutti i livelli dirigenziali. Spoil system che deve essere attuato da una classe politica onesta, colta e preparata. In poche parole, radicalmente diversa da quella attuale, nella quale ignoranza, impreparazione e disonestà sono diffuse in modo equo.