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LA TRADIZIONE

Infiorate del Corpus Domini. Creazione sublime di Dio

L’antica tradizione delle cosiddette “Infiorate del Corpus Domini” non può che ricordare questi accenti: eccolo, il Corpo di Cristo camminare in mezzo ai fiori, e noi - spettatori e partecipi di ciò - avvertiamo il Suo profumo. 

Ecclesia 16_06_2022
Infiorata

I fiori, creazione sublime di Dio. Scriveva il poeta Walt Whitman: “Dammi odoroso all’alba un giardino di fiori bellissimi dove io possa camminare indisturbato”. Whitman parla di “un giardino” e la memoria di ognuno collega questa immagine al luminoso Eden, illuminato dalla sfolgorante luce del Paradiso. Chi di noi non ricorda la descrizione che ne fa Dante Alighieri nella sua Commedia al canto XXVIII del Purgatorio? “La divina foresta spessa e viva,/ ch’a li occhi temperava il novo giorno./ Un’aura dolce, sanza mutamento  avere in sé, mi feria per la fronte/ non di più colpo che soave vento”, così scriveva Padre Dante; e a noi non rimane altro che immaginare fiori e piante di una bellezza e soavità incredibili.

I fiori e Dio: si tratta di un rapporto che leggendo già solo l’Antico Testamento viene evidenziato in tutta la sua forza di Bellezza: “Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare” (Genesi 2,9-10). E, in una certa misura, l’antica tradizione delle cosiddette “Infiorate del Corpus Domini” non può che ricordare questi accenti: eccolo, il Corpo di Cristo camminare in mezzo ai fiori, e noi - spettatori e partecipi di ciò - avvertiamo il Suo profumo, la Sua fragranza più fresca. Quella dell’“Infiorata” è una tradizione antica, tutta nostrana, sfavillante nei suoi colori, e - soprattutto - nei suoi profumi; è l’Italia delle antiche tradizioni popolari, unite a una fede genuina e calda, che riesce ad accrescere il dialogo intimo di ognuno con Dio. Tappeti di fiori, realizzati da mani certosine, in occasione della festività del Corpus Domini, abbelliscono i sagrati di molte chiese, più o meno importanti. L’origine storica di questi prati creati “ad hoc”, pronti a essere disfatti al passaggio delle processioni del Corpus Domini, ha radici antiche. La storia è sempre maestra e ci parla del nostro presente anche quando affiora da un passato che, molte volte, si perde “nella notte dei tempi”, così si suole dire.

In questo caso “la notte dei tempi” ha luogo e tempo ben definiti: siamo, infatti, nel XVII secolo; e il luogo è Roma, città impreziosita dalle feste barocche che diventavano vere e proprie scenografie teatrali. La testimonianza di questo proliferare di questi così ricchi eventi è la lunga sequela di artisti - Michelangelo Buonarroti e il Bernini, per esempio - che animavano e creavano innumerevoli spettacoli a cui il popolo romano assisteva festoso; eventi che, per la maggior parte dei casi, nascevano per volere dei pontefici.

E la tradizione di costruire quadri composti da fiori - chiamati, appunto, “infiorate” - è nata proprio nella stessa Basilica di San Pietro, grazie all’allora responsabile della Floreria vaticana, l’architetto Benedetto Drei (1580 circa-1637). L’origine è da ritrovarsi nel giorno dedicato ai festeggiamenti dei Santi protettori di Roma, Pietro e Paolo (29 giugno): infatti, nel 1625, Benedetto Drei, e suo figlio Pietro, ebbero  l’idea di celebrare i due santi con questo innovativo spettacolo floreale. Un Papa, Urbano VIII, sposò l’idea di decorare il sagrato della Basilica di San Pietro con immensi quadri composti da milioni di petali di fiori. Questi quadri erano molto simili a dei mosaici: ogni tessera, un fiore. Per avere un’idea di come poteva apparire ai fedeli un simile quadro scenografico, dobbiamo ricorrere alla descrizione che - due secoli dopo - il bibliografo e dignitario pontificio Gaetano Moroni (1802-1883) scriverà nel suo Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica (1840). Moroni, in questo documento, parla di “fiori di carta” e nomina un altro grande artista come il Vanvitelli. Descrive, dunque, altri tempi, ma il documento risulta comunque un’ottima fotografia di ciò che poteva accadere secoli prima:

“Questo augusto tempio, che contiene la tomba dei beati apostoli, per la loro festività adornarsi più magnificamente che nelle altre circostanze, in cui il Sommo Pontefice vi celebrava il vespero, o la Messa Pontificale. Il Vanvitelli disegnò gli ornati d’argento, che si mettono intorno al chiusino ove sono i corpi dei SS. Pietro e Paolo. Lo stesso architetto disegnò i festoni di fiori finti e di varie specie e colori rinnovati dalla pietà popolare delle donne romane”.

Benedetto Drei, poi Gian Lorenzo Bernini, e ancora più avanti il Vanvitelli: sono nomi dell’arte prestati a rendere magnifiche le feste pontificie; firme immortali della Capitale e dello Stato Pontificio che hanno reso questa tradizione unica al mondo.

Solo nel corso dei secoli, questa usanza cominciò ad essere adottata per festeggiare il Corpus Domini. In questo caso “entrerà in gioco” una città vicina a Roma, Genzano, località dei famosi Castelli romani. Siamo nell’anno del Signore 1778: nella località laziale avviene la prima infiorata in onore della festa in cui vengono celebrati il Corpo e il Sangue di Cristo. Ma nella cronistoria che stiamo ricostruendo, un altro anno rimarrà memorabile, il 1782: se nell’infiorata precedente solo qualche parte della via Sforza (la strada principale di Genzano) era stata ricoperta di fiori, questa volta è un tappeto enorme di fiori a distendersi per l'intera strada.

Un manoscritto anonimo del 1824 conservato presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma narra, infatti, come nella cittadina laziale alcune famiglie avessero l'abitudine di fare infiorate davanti alla loro abitazione in occasione delle tre diverse processioni che si svolgevano nella ricorrenza del Corpus Domini. Poiché nessuna delle tre processioni passava per via Sforza, un tale Don Arcangelo Leofreddi, che abitava in quella via, chiese al vescovo di Albano François-Joachim de Pierre de Bernis la variazione del percorso della processione del giovedì dell'ottava, la prima delle tre processioni per il Corpus Domini. Ottenuto il permesso, don Leofreddi - come si legge nel  documento - “pregò tutti li abitanti (di via Sforza) a fare delle infiorate, ognuno a proprie spese avanti le loro abitazioni, come tutti fecero”.

Da quel momento in poi, tante le edizioni delle infiorate a Genzano: i fiori e il loro profumo hanno accompagnato la storica processione del Corpus Domini con cadenza annuale, tranne alcuni periodi di interruzione: il primo stop avvenne dal 1845 al 1863; una seconda interruzione, anch'essa della durata di diciannove anni, dal 1875 al 1894. Nei primi anni del XX secolo l'allestimento dell'“Infiorata” fu poco costante. La tradizione poi riprese in occasione del “Congresso eucaristico interdiocesano” del 1922, la cui sede fu proprio Genzano. Da allora si è svolta con cadenza annuale, tranne le interruzioni negli anni 1932, 1934, 1935 e nei cinque anni del secondo conflitto mondiale. Un'ulteriore interruzione della manifestazione floreale genzanese è avvenuta nel 2020 a seguito della pandemia da Covid-19.

Una curiosità: l’edizione del 2012 ha avuto il primato dell'“Infiorata più grande del mondo” certificato dal Guinness World Records di Londra: ben 1642,57 metri quadrati di fiori hanno ricoperto le strade della cittadina laziale.