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Venerdì della Bussola

Il futuro dell’Europa si gioca in Polonia

La parabola della Polonia dagli anni bui del regime comunista illuminati dall’elezione di Wojtyła e da sacerdoti come il beato Popiełuszko fino all’attuale Polonia di Tusk, liberticida ma gradita alle oligarchie europee. Dal videoincontro con Włodzimierz Rędzioch.

- Il beato Popiełuszko, martire del comunismo, di Stefano Chiappalone

Attualità 19_10_2024
Venerdì della Bussola 18/10/2024

Negli ultimi mesi, cioè da quando si è insediato il terzo governo Tusk (13 dicembre 2023), le cose stanno velocemente cambiando in Polonia, a discapito della sua identità cristiana. E se fino agli anni Ottanta del secolo scorso la libertà era soffocata dal regime comunista, oggi il nuovo pericolo è rappresentato dal laicismo coltivato dalle oligarchie di Bruxelles che hanno fatto di tutto per favorire il nuovo corso politico polacco. Di questi argomenti si è parlato nella diretta di ieri dei Venerdì della Bussola, dal titolo: “Il futuro dell’Europa si gioca in Polonia”. A condurre Stefano Chiappalone. Ospite Włodzimierz Rędzioch, firma nota ai lettori del nostro quotidiano.

Rędzioch ha richiamato cosa significò per i polacchi l’elezione al soglio pontificio dell’arcivescovo di Cracovia, cardinale Karol Wojtyła. Il primo papa non italiano dai tempi di Adriano VI (†1523), al momento dell’elezione (16 ottobre 1978), era praticamente sconosciuto alla maggioranza dei polacchi, dato che giornali, televisioni e radio erano egemonizzati dal partito comunista. Fu al contempo «una grande sorpresa e una grande gioia» perché i polacchi si resero conto che l’elezione di un papa loro connazionale, passato attraverso il totalitarismo nazista e quello comunista, «avrebbe cambiato in qualche modo la storia non soltanto della Chiesa in Polonia, ma anche della Polonia e del mondo» nella loro interezza.

Il primo storico viaggio di san Giovanni Paolo II in Polonia (1979) fece perdere la paura a tanta gente e mosse le migliori energie della società civile. L’anno seguente nacque Solidarność.

Nel frattempo emergeva la figura di un giovane sacerdote, il beato Jerzy Popiełuszko (1947-1984), di cui proprio oggi ricorre il 40° anniversario del martirio in odium fidei, ad opera di tre funzionari dei servizi segreti comunisti. Rędzioch, che a padre Popiełuszko ha dedicato un libro fresco di stampa (vedi la recensione di Chiappalone), ricorda che il beato «era un semplice sacerdote», non politicizzato e senza smanie da eroe, divenuto un punto di riferimento per gli operai, «simbolo della resistenza pacifica contro l’oppressione comunista». L’occasione fu la vicinanza della sua parrocchia alle grandi acciaierie di Varsavia, «simbolo delle fabbriche comuniste», dove nel 1980, per la prima volta in trent’anni, entrava un sacerdote, appunto Popiełuszko, solidale con gli operai che chiedevano migliori condizioni di lavoro. Un prete animato da un motto paolino: «Vinci il male con il bene». Ricostruisce Rędzioch: «In quei tempi la gente scopre che non il partito comunista ma la Chiesa è l’unico difensore del mondo operaio, della libertà dell’uomo e della sua dignità. Proprio in questo periodo padre Jerzy comincia a celebrare le Messe per la Patria». Sante Messe alle quali, a un certo punto, accorreranno migliaia di persone da tutta la Polonia. Tutto ciò rese Popiełuszko particolarmente inviso al regime comunista, che finì per torturarlo brutalmente e ucciderlo.

Ma il beato Popiełuszko è solo un esempio delle persecuzioni contro la Chiesa polacca, perché all’epoca tutta una struttura del Ministero degli interni «si occupava solo dei sacerdoti. Praticamente ogni sacerdote era schedato, sorvegliato quasi quotidianamente». Lascito buio di quel periodo sono anche certi falsi dossier su uomini del clero, che ancora oggi vengono, periodicamente, tirati fuori (vedi la recente campagna contro Giovanni Paolo II e le calunnie sulla copertura di preti accusati di pedofilia).

Riguardo ai rapporti tra la Polonia e l’Unione europea, Rędzioch ricorda che Giovanni Paolo II voleva l’ingresso del suo Paese nell’Ue, ma all’interno di un progetto in linea con quello di De Gasperi, Adenauer e Schuman, quindi che in sostanza si mantenesse fedele alle radici cristiane dell’Europa. Invece, oggi, il punto di riferimento per la maggior parte delle élite di Bruxelles è Altiero Spinelli, il che equivale a «un’Europa socialista, se non comunista, che distrugge le identità nazionali».

È proprio quest’ultimo modello di Ue che ha attaccato di continuo la Polonia negli otto anni, dal 2015 al 2023, in cui è stata guidata da un governo conservatore. Quella Polonia, «governata da politici che volevano rispettare la nostra storia religiosa e culturale, rispettare il cristianesimo, la vita, introducendo leggi in difesa del nascituro, non piaceva a Bruxelles». I vertici dell’Ue hanno usato ogni pretesto per non erogare i fondi europei alla stessa Polonia, accusando il governo guidato dal PiS (Diritto e Giustizia) di violare il cosiddetto “stato di diritto”.

Adesso, ricostruisce Rędzioch, la Polonia è retta da una coalizione molto eterogenea di partiti, uniti solo dall’avversione al precedente governo. Ormai sembra che lo scopo di Tusk sia «distruggere completamente l’opposizione. E lo fa violando la Costituzione, violando le leggi». Tra i primi preoccupanti segni di questo processo, c’è l’irruzione della polizia il 20 dicembre 2023 – a una settimana dall’insediamento del nuovo governo Tusk – nella sede della televisione TVP Info, con la cacciata a forza dei dirigenti non graditi. Allora, per la prima volta nella storia della Polonia dai tempi di Jaruzelski, è stato interrotto il segnale televisivo. «Ogni deriva dittatoriale comincia con l’occupazione dei media», osserva Rędzioch.

E se già prima c’era una coalizione di media liberal e anticlericali, sotto Tusk la situazione si sta aggravando. Oggi fioccano le campagne mediatiche contro politici del PiS e contro realtà e uomini di Chiesa. Rędzioch cita l’attacco in corso alla Radio Maria polacca e il trattamento indegno – descritto in più articoli sulla Bussola – che sta subendo padre Michał Olszewski, arrestato da agenti con passamontagna, soggetto a torture fisiche e psicologiche e accusato con accuse di volta in volta nuove che appaiono «solo pretesti per tenerlo imprigionato». Ma oggi il rispetto dello “stato di diritto” in Polonia, «ora che è guidata dall’europeista Tusk», non fa più notizia.



il libro

Vincere il male con il bene: Popiełuszko, martire del comunismo

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non è la salis

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