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Il ciclo di Cristo racchiuso in una grotta

Ad una manciata di chilometri dal paese di Oppido Lucano, in provincia di Potenza, immersa in piena campagna e scavata nel tufo di una collina, si apre una grotta detta di Sant'Antuono. Al suo interno un ciclo di 19 episodi dalla Natività alla Passione e Resurrezione di Cristo.

Cultura 15_04_2017

Ad una manciata di chilometri dal paese di Oppido Lucano, in provincia di Potenza, immersa in piena campagna e scavata nel tufo di una collina, si apre una grotta, una delle tante cappelle rupestri di cui è ricca l’Italia meridionale. Quella oppidana risale al XIII secolo ed è comunemente detta di Sant’Antuono perchè ricollegabile alla presenza dei monaci dell’Ordine Ospedaliero medievale dei Canonici regolari di Sant’Antonio Abate, dediti alla cura degli ammalati e all’accoglienza di pellegrini e viandanti.  

La grotta è ad una sola navata, corredata di un piccolo vano a destra dell’ingresso e da una diramazione laterale a sinistra. Sulla primitiva struttura di pietra ne è stata posta una recente che in facciata presenta una porta d’ingresso rettangolare, una piccola finestra rotonda ed un tetto di tegole a spiovente. Ciò che rende questa chiesa un unicum nel panorama delle architetture rupestri della Basilicata sono i due cicli di affreschi che impreziosiscono le pareti interne, rispettivamente dedicati alla Passione, Morte e Resurrezione di Cristo nella navata, e alla Sacra Infanzia e l’inizio della vita pubblica di Gesù, nel cunicolo di sinistra. I due temi sono di consueto abbinati nella cultura orientale cui, probabilmente, il frescante, un pittore locale attivo nella prima metà del  Trecento, si riferì, attingendo, contemporaneamente, quali fonti iconografiche, agli episodi raccontati nei Vangeli Apocrifi.

Essendo la narrazione destinata ad un pubblico umile, lo stile della pittura è schietto, diretto, a tratti grottesco, espressione di una devozione ingenua e popolare che si allontana dai convenzionali stereotipi bizantini. La fissità degli sguardi, l’assenza di prospettiva e di precise indicazioni spaziali, denotano un certo arcaismo, funzionale, però, a rendere il messaggio immediatamente comprensibile da parte dei suoi fruitori.

Il racconto inizia con la Natività e si sviluppa per diciannove scene suddivise in riquadri che si susseguono uno all’altro, nonostante lo stacco temporale degli eventi rappresentati. L’ingresso in Gerusalemme conclude il primo  ciclo del vano sinistro,  mentre l’Ultima Cena è il primo episodio da leggersi nell’aula centrale sulla cui parete di fondo campeggia una grande Crocefissione, cui assistono San Giovanni e Maria, mentre gli angeli raccolgono il sangue dal costato. A destra e a sinistra i riquadri sono popolati da tutti coloro che hanno assistito storicamente a quegli eventi: Pietro che taglia l’orecchio  al soldato romano Malco, Disma, il buon ladrone, Gestas il ladrone malvagio, Giuseppe d’Arimatea che depone il corpo di Gesù dalla Croce, le pie donne che cercano Gesù al sepolcro. La semplicità di ogni figura rende gli episodi divini accessibili al popolo semplice che abitava queste zone.

Di perfetto stile bizantino è, infine, l’affresco della Madonna con Bambino che si apre nell’ambiente sulla destra.