Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Saba Archimandrita a cura di Ermes Dovico
LA SITUAZIONE

Il Centrafrica e le mine antiuomo. Padre Pozzi rischia una gamba

Rischia di perdere una gamba padre Norberto Pozzi, il carmelitano saltato in aria su una mina il 10 febbraio. Un rischio diffuso, nella Repubblica Centrafricana, Paese in guerra dal 2013, dove le mine antiuomo e anticarro sono usate da tutti i contendenti. Mentre i missionari diffondono semi di speranza.

Esteri 14_02_2023

Il 10 febbraio l’automezzo su cui viaggiavano padre Norberto Pozzi, missionario dei Padri Carmelitani, e altre cinque persone è saltato in aria su una mina, a circa 35 chilometri da Bozoum, la città della Repubblica Centrafricana dove padre Norberto vive e opera. Gli altri cinque passeggeri sono rimasti feriti, ma in modo lieve. Invece lui ha subito gravissime lesioni alle gambe. Probabilmente non sarebbe sopravvissuto senza l’aiuto dei caschi blu della missione di pace delle Nazioni Unite, Minusca, che hanno immediatamente provveduto a trasportarlo in elicottero nell’ospedale Onu di Bangui, la capitale, dove ha subito un primo intervento chirurgico durato più di tre ore, effettuato con successo dai medici serbi che fanno parte del personale sanitario della Minusca. Si teme tuttavia che possa perdere la gamba più danneggiata. Per le altre cure che si renderanno necessarie, il 12 febbraio è stato trasferito in aereo a Entebbe, in Uganda. Sulla stessa strada, e poco lontano, qualche giorno prima due soldati hanno perso la vita quando la loro motocicletta è saltata in aria sempre a causa di una mina.

La Repubblica Centrafricana è in guerra dal 2013, anno in cui Seleka, una coalizione di movimenti antigovernativi espressione della minoranza musulmana del paese, ha preso il potere con un colpo di stato. Altri gruppi armati si sono formati in seguito, chiamati Anti-balaka, creati per autodifesa dai cristiani sui quali i Seleka infierivano in modo orribile senza che le forze di sicurezza governative, anche dopo la normalizzazione della situazione politica, intervenissero efficacemente in loro difesa. La stessa Minusca, istituita nel 2014, non è riuscita a proteggere i civili. Attualmente circa il 70% del territorio nazionale è sotto il controllo o almeno sotto la minaccia di decine di gruppi armati che terrorizzano la popolazione con razzie e rappresaglie che non risparmiano neanche gli ospedali e i luoghi di culto. Gli Anti-balaka sono diventati altrettanto feroci che i loro avversari.

Un susseguirsi di accordi di cessate il fuoco concordati negli anni sono stati sistematicamente violati. Quello del 2017, siglato a Roma da alcuni contendenti con la mediazione della Comunità di Sant’Egidio e annunciato con grande enfasi come finalmente definitivo, non è neanche entrato in vigore: i combattimenti sono continuati e anzi si sono intensificati prima che fossero trascorse 24 ore dalla firma. Sulla scena, al fianco del governo, nel 2017 sono comparsi degli istruttori militari russi nell’ambito di un accordo di cooperazione militare tra Mosca e Bangui. Almeno una parte dei cosiddetti istruttori sono in realtà mercenari del gruppo russo Wagner.

Le mine antiuomo e anticarro sono parte delle armi usate da tutti i contendenti, militari governativi e mercenari russi inclusi. Sono piazzate sulle strade, persino in prossimità delle scuole. I civili ne fanno le spese. Lo scorso anno hanno ucciso almeno 19 bambini. Si trovano soprattutto nell’ovest del paese, ma nel 2022 se ne è registrato un aumento al centro. Danneggiano la popolazione anche impedendo ai caschi blu e agli aiuti umanitari di raggiungere molte comunità bisognose di assistenza. Vendute al mercato nero, sembra che molte arrivino dagli arsenali libici, altre dal Ciad e dal Sudan.

Le prime notizie sull’accaduto e sulle condizioni di padre Norberto sono arrivate in Italia quasi in tempo reale tramite Facebook, trasmesse dal suo confratello padre Aurelio Gazzera, italiano di Cuneo, missionario nella Repubblica Centrafricana dal 1992 e parroco di Bozoum dal 2001. Qui padre Aurelio ha creato tra l’altro una banca, una scuola media, un liceo. “Bisogna dare battaglia perché Dio conceda la vittoria” si legge sulla copertina del suo libro, Coraggio, pubblicato in Italia nel 2018. Tra le realizzazioni più coraggiose, ritenuta impossibile finché invece Dio “ha concesso la vittoria”, c’è una grande fiera agricola e pastorale annuale.

Padre Aurelio stava proprio raccontando i risultati dell’ultima edizione, conclusa da poco, quando l’incidente ha fatto piombare lui e i suoi lettori nell’ansia e nel dolore. Ne parlava con comprensibile soddisfazione e gioia perché la Fiera di Bozoum è un evento unico nel paese, in tutto il Centrafrica non esiste niente di simile. Davvero sembrava un progetto troppo avventato in un paese in stato di guerra, dove la vita è costantemente minacciata, dove mancano infrastrutture e quelle esistenti sono in condizioni disastrose. Eppure la fiera è ormai alla 18a edizione, attira agricoltori da paesi e da villaggi anche lontani e quest’anno il suo giro d’affari ha raggiunto gli 80 milioni di franchi Cfa (120.000 euro): una cifra notevole considerando che il reddito pro capite è intorno ai 400 euro all’anno. Fino al 23 gennaio - raccontava padre Aurelio nei giorni scorsi - non si sapeva neanche se sarebbe stato possibile farla perché uno dei gruppi armati che infestano il paese si stava muovendo non lontano da Bozoum.

Altra difficoltà, superata a fatica, è il fatto che tutte le strade che portano in città ormai sono in condizioni pessime o sono addirittura interrotte. Per questo, ad esempio, per andare da Bocaranga a Bozoum, un tragitto di 125 chilometri, bisogna passare da Bouar e il percorso diventa di 270 chilometri. Questo fa aumentare notevolmente i tempi di percorrenza e il costo dei trasporti. È proprio mentre transitava in quel tratto di strada che la macchina di padre Norberto è saltata su una mina. “C’è una marea di preghiere e di affetto che lo sta sostenendo e accompagnando – scriveva padre Aurelio il 12 febbraio su Facebook –. Grazie a Dio, e grazie a tutti”. Padre Norberto ha 71 anni, è originario di Lecco. Svolge la sua missione nella Repubblica Centrafricana da oltre 40 anni, prima come laico e dal 1995 come sacerdote.