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Il card. Martino, una vita per la Dottrina sociale della Chiesa

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ll porporato, morto a 91 anni, aveva denunciato l'attacco globalista alla vita e alla famiglia lanciato durante la Conferenza del Cairo. Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace dal 2002, raccolse l'eredità del cardinale Van Thuân.

Ecclesia 30_10_2024
IMAGOECONOMICA Riccardo Squillantini

Il 28 ottobre scorso, è morto all’età di 91 anni il cardinale Renato Raffaele Martino, al quale la Dottrina sociale della Chiesa deve molto, avendo assunto egli l’impegno di applicarla e di diffonderla dall’alto degli incarichi da lui svolti presso la Santa Sede. Le esequie avranno luogo oggi alle ore 15, all’Altare della Cattedra della basilica di San Pietro. Il cardinale Martino era nato a Salerno e da uomo del Sud esprimeva grande cordialità, era uno spirito solare e molto coinvolgente. A ricordare questi suoi tratti umani è l’arcivescovo Giampaolo Crepaldi che con lui collaborò a lungo al Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, il dicastero della Santa Sede che allora si occupava di Dottrina sociale della Chiesa. Crepaldi ricorda che il cardinale conosceva il mondo, per averlo girato quasi tutto come Nunzio presso l’ONU prima e come presidente di Giustizia e Pace poi, e nel mondo riusciva ad esprimere tutta la sua generosità: doti non indifferenti per un diplomatico di primo rango.

Martino fu per molti anni del lungo pontificato di Giovanni Paolo II, precisamente dal 1986 al 2002, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’ONU a New York. Questo lungo suo servizio diplomatico è la prima cosa che deve essere ricordata come sua eredità. Egli stesso la ripercorse in un articolo pubblicato sul Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa dell’Osservatorio Cardinale Van Thuân. Come capo delegazione della Santa Sede, egli partecipò alla Terza conferenza internazionale su Popolazione e sviluppo tenutasi al Cairo dal 5 al 14 settembre 1994. Si può ben dire, con il senno di poi, che “tutto ebbe inizio al Cairo”, perché in quella conferenza fu lanciato l’attacco globalista alla vita e alla famiglia. Le degenerazioni attuali sono figlie delle aperture fatte al Cairo. L’organizzazione fu affidata all’UNFPA, il controverso Fondo delle Nazioni Unite per lo sviluppo, e il presidente del vertice era membro della famigerata IPPF (International Planned Parenthood Federation). L’anno seguente, il cardinale partecipò alla Conferenza internazionale di Pechino sulla Donna. Come è noto, al Cairo e a Pechino furono introdotti i concetti di “aborto sicuro” e di “salute riproduttiva”, varando anche la nuova categoria di gender, si pianificò la diffusione mondiale della mentalità contraccettiva e abortista, si volle riplasmare il ruolo della donna, da lì partirono investimenti colossali nell’interesse delle industrie farmaceutiche.

In quei vertici si stava pianificando la colonizzazione della natura umana. La delegazione della Santa Sede, guidata da Martino, condusse in quelle sedi internazionali una dura lotta per cercare di modificare i risultati. I Paesi occidentali erano tutti schierati per i “nuovi diritti”, tra i Paesi latinoamericani si cominciarono a vedere le prime defezioni, mentre Roma fu sostenuta dai Paesi in via di sviluppo che vedevano giustamente nella pianificazione ONU una nuova colonizzazione nei loro confronti. A quei tempi la Chiesa cattolica non temeva di dare battaglia sulle questioni non contrattabili.

Questa azione internazionale della Santa Sede durante i grandi vertici ONU degli anni Novanta aveva alle spalle gli insegnamenti e i forti sostegni di Giovanni Paolo II. È lo stesso Martino a scrivere: «Va detto che i successi all’ONU furono resi possibili anche grazie alla fiducia e al supporto di Giovanni Paolo II». Infatti, nel marzo 1994 il Papa inviò una Lettera aperta al Segretario dell’ONU Boutros-Ghali per denunciare gli “sbandamenti morali” che si profilavano all’orizzonte; nel luglio si pronunciò pubblicamente sulla questione demografica, durante la Conferenza di Pechino scrisse la Lettera alle Donne. «C’era una grande consonanza tra ciò che lui diceva e che io facevo», continua il cardinale. Tanto è vero che quando nel 1992 la Segreteria di Stato propose a Martino la Nunziatura in Brasile, il Papa disse di no: «Martino resta alle Nazioni Unite».

Nel 2002, però, il Papa lo chiamò di nuovo e, come lui stesso ricorda, gli disse: «Adesso basta all’ONU, vieni a Roma a fare il presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace». Qui interviene il secondo aspetto della sua eredità. Egli subentrò al cardinale Van Thuân, morto in quell’anno, e portò a conclusione il grande lavoro di redazione del Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, voluto da Giovanni Paolo II per l’anno santo 2000 ma che era in ritardo. L’arcivescovo Crepaldi, allora Segretario del dicastero e parte in causa diretta nel progetto, ricorda la spinta ricevuta affinché si procedesse in fretta. Il Compendio fu pubblicato poi nel 2004 e il cardinale Martino girò il mondo intero per presiedere alla sua presentazione nei diversi Paesi. È bene ricordare qui il significato che Giovanni Paolo II aveva inteso dare al Compendio, ossia di trasmissione al nuovo millennio cristiano dell’intero corpus della Dottrina sociale della Chiesa.

Un interessante evento a margine avvenne quando il cardinale Martino guidò un incontro a Mosca con Kirill, attuale Patriarca e allora responsabile per le relazioni con gli Stati del Patriarcato. La Chiesa ortodossa russa stava preparando per la prima volta nella sua storia un Documento sulla propria Dottrina sociale che fu poi effettivamente pubblicato. Quell’incontro fu il primo di una serie di contatti di notevole profitto.
Ricordare il cardinale Martino ci induce a ripensare quanto di valido anche per oggi ci fosse in quella visione di Dottrina sociale della Chiesa.



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