I doni dello Spirito Santo – Il testo del video
Nella Summa san Tommaso spiega che «i doni dello Spirito Santo sono abiti che servono a predisporre l’uomo a obbedire prontamente allo Spirito Santo». La differenza con le virtù. Noi e l’iniziativa divina: l’immagine della barca a vela.
Oggi vediamo una parte molto bella che va a completare il discorso che avevamo fatto sulle virtù, perché riguarda i doni dello Spirito Santo. Da alcune domeniche stiamo parlando dello Spirito Santo, della sua persona, dei titoli, degli attributi (vedi qui, qui, qui e qui). Ma vediamo ora lo Spirito Santo in quegli aspetti che ci sono più “familiari”, ad esempio i suoi sette doni. Quando noi parliamo dello Spirito Santo parliamo anche dello Spirito settiforme, cioè dei sette doni dell’unico Spirito.
Andiamo quindi a vedere la quæstio 68 della I-II della Summa Theologiæ. Per capire che cosa sono questi doni dobbiamo fare un confronto con le virtù. San Tommaso ci dice che comprendiamo meglio che cosa sono questi doni se li chiamiamo con il nome che ritroviamo effettivamente nelle Sacre Scritture. Nel famoso capitolo 11, 2 del libro di Isaia si parla dello spirito del Signore come «spirito di sapienza e di intelletto, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di scienza e di pietà e spirito del santo timore di Dio». Cioè, abbiamo qui quella lista che oggi chiamiamo i sette doni dello Spirito Santo.
Perché può agevolare la comprensione dei doni se li chiamiamo spiriti? Perché la parola “dono” è un po’ equivoca. In che senso? Nel senso che anche le virtù infuse – sia le virtù teologali che le virtù cardinali infuse – sono doni evidentemente, sono doni di Dio. Allora, che differenza c’è tra virtù e doni? Una prima differenza sta nel fatto che la virtù è un abito buono operativo. In una catechesi precedente, abbiamo enfatizzato i tre termini della virtù: è un abito, quindi è qualche cosa che permane nell’anima, non è qualcosa di passeggero, è una qualità dell’anima, un abito buono, altrimenti sarebbe un vizio; è operativo, cioè la virtù ci porta al ben operare.
Lo spirito, invece, o il dono, è pensato come più relato a una mozione esterna dello Spirito Santo. Se vogliamo usare un’immagine per capirci sulle virtù, possiamo immaginare una barca in mezzo al mare: le virtù, che pure sono dei doni, sono la barca e i remi, che richiedono l’operatività dell’uomo. Se io ho una barca e dei remi, ma non remo, evidentemente io non procedo nella navigazione, dunque non procedo nella vita umana e nella vita cristiana, non procedo nella via della virtù. È necessaria questa opera marcata dell’azione umana, che pure non è esclusiva ma è sempre in profonda sinergia con l’azione divina. Quando pensiamo ai doni, l’iniziativa divina fa la parte preponderante. E la possiamo immaginare come la nostra barca nella quale abbiamo posto un bell’albero e una grande vela. E che cosa fa la barca a vela? Quando soffia il vento è abilitata a intercettarlo e così la barca può essere spinta al largo, o tornare a riva, dal vento; così viene spinta non dalla fatica, ma dalla forza del vento. Ora, come tutti gli esempi, anche questo zoppica, nel senso che non è che nelle virtù infuse c’è solo il remare e nei doni c’è solo lo spirito: è chiaro che la vita dell’uomo è una ed è fatta dall’esercizio delle virtù e dalle ispirazioni dello Spirito Santo; però quella della barca è un’immagine che ci dà l’idea; in qualche modo lo spirito, quindi il dono, è questa abilitazione a percepire i movimenti dello Spirito Santo e a farsene guidare.
San Tommaso ci introduce in un’ulteriore distinzione. E dice: «È evidente che le virtù umane potenziano l’uomo (solo) in quanto è fatto per assecondare la mozione della ragione nei suoi atti interni ed esterni» (I-II, q. 68, a. 1). Cioè, le virtù umane ci consentono di vivere secondo ragione; secondo ragione naturale, ma anche secondo ragione elevata, illuminata dalla fede: e queste sono le virtù infuse.
Invece, i doni agiscono su un altro registro. Aggiunge infatti san Tommaso: «Perciò è necessario che esistano nell’uomo perfezioni più alte, in modo che egli sia da esse predisposto alla mozione divina. E queste perfezioni sono chiamate doni non solo perché vengono infusi da Dio, ma anche perché da essi l’uomo viene disposto ad assecondare con prontezza le ispirazioni divine, secondo l’espressione di Isaia (50,5): “Il Signore mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro”» (ibidem). San Tommaso ci dice che queste perfezioni sono chiamate “doni” non semplicemente perché sono infuse da Dio, perché anche le virtù infuse si chiamano così perché sono infuse da Dio, quanto piuttosto perché ci permettono di sintonizzarci, ci predispongono alla mozione divina, al soffio dello Spirito, a cogliere e ad agire con prontezza. Con prontezza in che cosa? Non tanto nell’agire bene in modo buono, conforme alla natura dell’uomo, sia essa una natura “pura” – che poi non esiste perché la nostra è una natura decaduta – sia essa una natura sopraelevata alla vita soprannaturale; i doni ci danno questa prontezza, come le virtù, ma ad un altro livello: è la prontezza a captare e seguire le mozioni dello Spirito Santo, le ispirazioni divine. Quindi, vedete che è un dono meraviglioso, che ci colloca a un livello “superiore” rispetto a quello delle virtù.
Facciamo una precisazione importante, perché sicuramente vi è già capitato di sentire espressioni curiose, ad esempio che questa vita secondo lo Spirito, seguendo le ispirazioni dello Spirito, ci porterebbe ad agire non solo, potremmo dire, al di sopra delle virtù, ma a prescindere dalle virtù o addirittura contro le virtù. San Tommaso, nella risposta alla seconda obiezione, precisa: «I vizi, in quanto contrastano col bene della ragione, sono contrari alle virtù; ma in quanto contrastano con l’ispirazione divina, sono contrari ai doni. Infatti ciò che è contrario a Dio è contrario anche alla ragione, il cui lume deriva da Dio» (I-II, q. 68, a. 1, ad 2). È una precisazione estremamente preziosa. Cioè, san Tommaso ci sta dicendo che tutto ciò che è contrario a Dio è contrario alla ragione dell’uomo. Il vizio ha questa “capacità” di essere contrario sia alla virtù, e dunque al vivere secondo ragione, sia a Dio, che è l’origine, il lume della ragione, il creatore della ragione, Colui che ha ordinato la ragione dell’uomo, la sua natura in un certo modo.
Detto in soldoni, per capire il ragionamento di fondo: non è mai possibile che un vizio – dunque un’azione, e non solo, un abito operativo che ci porta ad agire in modo oggettivamente non buono – sia ispirato dallo Spirito Santo. Il vizio è contro ragione e dunque è anche contro Dio, si oppone alla virtù e si oppone al dono. Non esiste una presunta “vita superiore” dello Spirito, come vaneggiavano e vaneggiano ancora oggi gli gnostici, che ci permetta di agire non più secondo virtù ma secondo il vizio.
Ora vediamo l’art. 2 della quæstio 68, dove san Tommaso si chiede se i doni siano necessari all’uomo per salvarsi. Abbiamo visto che cosa sono i doni, la loro distinzione dalle virtù: adesso vediamo la loro necessità. San Tommaso dice: «Nelle cose in cui non bastano i suggerimenti della ragione, ma si richiedono quelli dello Spirito Santo i doni sono indispensabili» (I-II, q. 68, a. 2). Indispensabili appunto perché abbiamo visto che le virtù arrivano fino a un certo punto, poi è necessario passare nella “modalità” dei doni; per usare l’immagine di prima, bisogna issare la vela e intercettare le mozioni dello Spirito Santo. Nella misura in cui evidentemente non basta seguire la ragione dell’uomo, anche se illuminata dalla fede, quindi non basta più il remare, ecco allora che i doni diventano necessari, issare la vela diventa necessario.
Spiega san Tommaso: «La ragione umana viene condotta da Dio alla perfezione in due modi: primo, con una perfezione naturale, cioè mediante la luce naturale della ragione; secondo, con una perfezione soprannaturale, mediante le virtù teologali» (ibidem). Una perfezione naturale propria dell’uomo in quanto uomo nella sua natura, e una perfezione invece soprannaturale. Ora, «sebbene questa seconda perfezione sia superiore alla prima, tuttavia la prima è posseduta dall’uomo più perfettamente della seconda» (ibidem).
Dunque, Tommaso dice che la prima perfezione è posseduta dall’uomo più perfettamente della seconda, in quanto di questa prima perfezione l’uomo ha «pieno possesso» perché appartiene alla sua natura; «della seconda, invece, ha un possesso imperfetto; infatti noi conosciamo e amiamo Dio imperfettamente» (ibidem). La prima perfezione è proporzionata in qualche modo alla natura dell’uomo. La seconda, invece, elevando l’uomo al di sopra della sua natura perché conosca e ami Dio, è sempre in qualche modo imperfetta, perché nessuno di noi potrà mai dire di conoscere e amare Dio perfettamente.
Quindi, posta questa premessa, san Tommaso dice: «Rispetto alle cose soggette alla ragione umana, cioè in ordine al suo fine connaturale, l’uomo può agire mediante il giudizio della ragione. (…) Invece, in ordine al fine soprannaturale, verso cui muove la ragione in quanto è in certo qual modo imperfettamente formata dalle virtù teologali [le virtù teologali realmente elevano e formano la ragione, le danno una forma, ma è una forma “imperfetta”, in virtù della sproporzione, rispetto alla natura umana, di questo fine superiore: conoscere e amare Dio in sé è qualcosa che richiede una luce, una carità soprannaturale che eccede la natura dell’uomo], non basta la mozione della ragione stessa, senza l’ispirazione e la mozione dello Spirito Santo» (ibidem).
Questo vuol dire che, nell’ordine soprannaturale, i doni arrivano in qualche modo a “supplire” all’imperfezione in cui si trova l’uomo nonostante sia elevato dalle virtù teologali, perché essendo elevato al di sopra di sé ha bisogno di una perfezione ulteriore che lo porti ad agire non solo secondo la mozione della ragione secondo virtù, in questo caso secondo virtù infuse (le virtù teologali), ma ha bisogno anche di un’ispirazione dall’alto, di una mozione dello Spirito Santo. Ed è questa la ragione per cui i doni sono realmente necessari per vivere a queste altezze, potremmo dire. Se vogliamo usare un’immagine, per vivere costantemente in alta quota non è sufficiente avere le normali facoltà respiratorie: quando si superano certe altezze è necessaria la bombola d’ossigeno. Per vivere a certe altezze dobbiamo essere continuamente connessi a questa bombola, che consiste appunto nelle mozioni dello Spirito Santo che ci vengono date in dono e corrispondono ai famosi sette doni dello Spirito Santo.
San Tommaso fa una precisazione: è chiaro che i doni ci permettono di agire non solo secondo ragione, ma secondo un principio più alto, che non è solo quello della ragione illuminata dalla fede ma è quello appunto dell’essere sensibili, attenti, docili alle mozioni che ci vengono direttamente dallo Spirito Santo. Nella risposta alla seconda obiezione, san Tommaso precisa: «Le virtù teologali e morali non possono mai portare l’uomo a una perfezione in ordine all’ultimo fine, tale per cui non vi sia più bisogno di un’ispirazione dello Spirito Santo» (I-II, q. 68, a. 2, ad 2). È una precisazione che ci dice quanto abbiamo già affermato, da un altro punto di vista: le virtù infuse, per quanto siano dei doni necessari e altissimi, incluse le virtù teologali che superano le virtù morali infuse, non possono mai portare l’uomo a una perfezione in ordine al fine ultimo (cioè, non in ordine alla propria vita naturale) «per cui non vi sia più bisogno di un’ispirazione dello Spirito Santo». Dovendo vivere secondo Dio, in Dio, rivolti a Dio, abbiamo in continuazione bisogno di Dio per questo e non solo per le virtù che Egli ci dà, ma anche per quella continua assistenza, per quelle continue ispirazioni che Egli infonde nella nostra anima, nella sua parte intellettiva e nella sua parte volitiva, come avremo modo di vedere.
L’idea che i doni riguardino questa mozione esterna dello Spirito Santo, quando invece le virtù sono degli abiti operativi interni, può farci pensare che i doni non siano qualità stabili, cioè che non siano abiti. Potremmo pensare che i doni non siano qualche cosa che dimori nell’anima e che ne costituisca una qualità stabile, non evidentemente perché agisca secondo la sua natura, non perché agisca secondo la ragione naturale e illuminata dalla fede, ma questi abiti sono necessari perché l’uomo agisca stabilmente secondo le mozioni dello Spirito Santo. Quindi, questa idea di un abito, cioè di una qualità stabile, è comune ai doni come alle virtù, sebbene agiscano su due piani diversi.
Infatti, san Tommaso nell’art. 3 ci spiega: «I doni dello Spirito Santo sono abiti che servono a predisporre l’uomo a obbedire prontamente allo Spirito Santo» (I-II, q. 68, a. 3). Cioè, l’abito è la qualità stabile dell’anima. Ora, san Tommaso ci dice che i doni non vanno pensati essi stessi come mozioni esterne che vanno e vengono, ma sono come qualcosa che stabilmente, abitualmente, da cui il termine “abito”, ci dispone a sintonizzarci nei confronti dello Spirito Santo. Se riprendiamo l’immagine della barca, l’abito non è la mozione, non è il vento che soffia, ma è l’albero con la vela che risiede in modo stabile nella barca, rendendola capace di cogliere la mozione. La mozione viene dallo Spirito Santo, nessuno di noi la può provocare, cioè nessuno può costringere lo Spirito Santo a soffiare, in modo simile al marinaio che non può costringere il vento a soffiare. Inoltre, il vento può soffiare quanto vuole, ma se non ho la vela… se invece ho la vela, che è appunto una disposizione stabile della barca, ecco che allora abitualmente sarò capace di recepire queste mozioni dello Spirito Santo. Quindi, questa azione secondo lo Spirito non è solo un’azione, un atto a sé stante, bensì un abito permanente.
È interessante anche il sed contra che ci viene offerto. Dice Tommaso: «Il Signore disse ai suoi discepoli parlando dello Spirito Santo: “Dimorerà presso di voi e sarà in voi” (Gv 14, 17). Ma lo Spirito Santo non viene a stare in un uomo senza i suoi doni, perciò i suoi doni rimangono nell’uomo. Perciò, non soltanto atti o passioni, ma anche abiti permanenti». Questo è un testo densissimo: la presenza dei doni è la conseguenza della presenza dello Spirito Santo, della dimora che lo Spirito Santo pone nell’anima in grazia; è chiaro che questa permanenza presuppone la vita teologale: dove non c’è vita teologale, non c’è lo Spirito Santo. Ma lo Spirito Santo viene sempre con dei doni, non viene mai a mani vuote, cioè viene creando nell’anima queste disposizioni affinché siamo sintonizzati con Lui. Immaginate una radio come quelle di una volta, con una manopola per sintonizzarsi con un’onda che non dipende da chi possiede la radio, ma se non hai la radio non la percepisci: i doni sono in qualche modo lo Spirito Santo che porta questa radio per permetterci di cogliere le sue frequenze. Questo è molto bello e molto utile.
Un’ulteriore precisazione è nella risposta alla terza obiezione dell’art. 4. San Tommaso dice: «L’anima umana non viene mossa dallo Spirito Santo senza unirsi in qualche modo con lui. Ora, la prima unione dell’uomo con Dio avviene mediante la fede, la speranza e la carità. Perciò queste virtù sono presupposte ai doni come loro radici. E così tutti i doni appartengono a queste tre virtù come loro derivazioni» (I-II, q. 68, a. 4, ad 3). Qui abbiamo un’ulteriore precisazione di quanto abbiamo detto: non dobbiamo pensare questi doni senza il Donatore; i doni permangono perché lo Spirito permane. Ma «la prima unione dell’uomo con Dio» si ha mediante le virtù teologali: la fede, la speranza e la carità. E dunque i doni presuppongono le virtù teologali, la vita teologale, come delle radici; e aiutano a loro volta la vita teologale, a vivere secondo la fede, la speranza, la carità. Vedete che c’è un circolo virtuoso tra virtù teologali e doni, però attenzione: le virtù teologali sono il presupposto perché lo Spirito Santo dimori con i suoi sette doni che ci rendono capaci di vivere a una “frequenza” ancora più alta, la frequenza delle mozioni stesse di Dio.
La prossima volta concluderemo la quæstio 68 con gli articoli che ci rimangono e che ci permetteranno di avere un quadro più completo di questa sezione sui doni dello Spirito Santo.
I doni dello Spirito Santo
Nella Summa san Tommaso spiega che «i doni dello Spirito Santo sono abiti che servono a predisporre l’uomo a obbedire prontamente allo Spirito Santo». La differenza con le virtù. Noi e l’iniziativa divina: l’immagine della barca a vela.
Signore e dà la vita – Il testo del video
Tra i principali attributi dello Spirito Santo abbiamo quelli di Signore e Vivificatore (Dóminum et Vivificántem), affermati pure nel Credo, nonché quello di Creatore. Titoli e attributi: quale differenza? Attributi delle persone della SS. Trinità e ragioni di convenienza.
Amore e Dono – Il testo del video
Nella Santissima Trinità abbiamo due tipi di processione: di ordine intellettivo e di ordine volitivo. Nel primo caso abbiamo la generazione del Figlio, chiamato anche Verbo e Immagine. Nel secondo, la processione dello Spirito Santo, chiamato con i nomi propri di Amore e Dono. Obiezioni e risposte.

