Hezbollah al capolinea. Ora si parla di disarmo degli sciiti
In Libano nulla sarà come prima, dopo la guerra persa contro Israele e il cambio di regime in Siria. Hezbollah, più debole che mai, inizia ad essere disarmata dall'esercito regolare. Parla Talal Khrais, giornalista libanese di National News Agency.

Il 9 agosto sei soldati dell'esercito libanese sono rimasti uccisi da un'esplosione mentre smantellavano un deposito di armi di Hezbollah nel sud del Libano, in un'area già da tempo abbandonata dalla milizia sciita e controllata dell'esercito regolare e dal contingente Unifil.
L'episodio pone l'accento sul già scottante tema del disarmo di Hezbollah: giovedì scorso il governo libanese ha ratificato il sequestro delle armi della milizia sciita in seguito alle reiterate pressioni dell'emissario Usa Tom Barrack, che di fatto non hanno lasciato altra scelta al piccolo Paese. Il governo ha chiesto all'esercito regolare di impossessarsi delle armi presenti sul territorio libanese entro la fine dell'anno, disarmando ogni milizia, gruppo o formazione non statale.
Dal canto suo, Hezbollah ha reso noto che non cederà le armi se prima Idf non si ritirerà dal sud del Libano e non cesserà gli attacchi che hanno causato più di 250 morti - in media una vittima al giorno - dall'entrata in vigore del Cessate il fuoco tra il Libano e lo Stato Ebraico, il 27 novembre scorso. L'attuale segretario di Hezbollah Naim Qassem ha dichiarato che, se Idf non cesserà gli attacchi, la milizia sciita riprenderà a sparare missili verso lo Stato Ebraico.
La decisione del governo libanese di disarmare Hezbollah sta provocando reazioni a cascata in tutto il mondo arabo: un'eventuale smilitarizzazione del Partito di Dio, si dice, toglierebbe di mezzo l'avversario più prossimo di Israele. In Tunisia attivisti pro Palestina hanno protestato davanti all'ambasciata libanese di Tunisi accusando Beirut di essere "al servizio dell'agenda sionista e colonialista", agenda che mira a smantellare ogni tipo di resistenza allo Stato Ebraico nella regione. In attesa di sviluppi - «A settembre Dio solo sa cosa succederà al Libano», confida alla Nuova Bussola Quotidiana Anwar, giovane beirutino comprensibilmente in ansia per il suo futuro – parliamo con Talal Khrais, giornalista libanese corrispondente dell'agenzia di stampa governativa National News Agency.
Dottor Khrais, l'incidente in cui hanno perso la vita sei soldati intenti a smantellare un deposito di armi di Hezbollah è segno della debolezza dell'esercito regolare libanese?
No; insieme ad Unifil l'esercito ha preso il controllo di quasi tutto il territorio a sud del fiume Litani, come previsto dal cessate-il-fuoco del 27 novembre scorso. Infatti, il deposito che ha causato l'esplosione è stato scoperto dal contingente francese di Unifil, che ne ha segnalato la presenza alle forze armate libanesi. L'esercito libanese è ben addestrato, – anche dalla missione MIBIL dell'esercito italiano, ndr - è finanziato dal Qatar ed equipaggiato dagli Emirati Arabi. Inoltre, ha nella sua disponibilità le armi leggere sequestrate a Hezbollah, come granate e fucili, mentre le armi strategiche vengono distrutte. L'esercito in questo momento non è debole: lo dimostra il fatto che negli ultimi mesi ha catturato decine di estremisti islamici fuoriusciti dalla Siria e colpito diversi trafficanti di droga. È dal cessate-il-fuoco che le forze armate lavorano al disarmo del Libano, sequestrando armi non solo ad Hezbollah: le cose sono cambiate. Il popolo libanese non è mai stato così solidale con l'esercito come oggi. Piuttosto, l'episodio dimostra che le armi diffuse nel Paese portano a incidenti, e prova che lo Stato libanese ha ragione nel volere un unico esercito.
A suo parere Hezbollah accetterà il disarmo completo?
Hezbollah rifiuta il disarmo ma non ha scampo: ha ricevuto un colpo mortale da Israele e non ha più copertura né da parte dello Stato né da parte delle varie comunità libanesi, come la cristiana. Durante l'ultima guerra, in 24 ore Israele ha distrutto più della metà dell'arsenale del Partito di Dio. Inoltre, la linea di rifornimento tra Iran e Hezbollah è stata interrotta dal regime change in Siria. Hezbollah è sconfitto, anche se continua ad affermare di aver vinto la guerra. L'unica cosa che può fare è manifestare con le motociclette, ma non è più in grado di intimidire la gente: una metà della comunità sciita non può contestare l'85% della popolazione. Chi veramente teme la caduta di Hezbollah è il sistema di corruzione che finora è stato protetto dalle armi del Partito di Dio. Infatti le armi di Hezbollah non servano a niente, sia perché in ogni caso non sono efficaci, sia perché proteggono il sistema corrotto esistente in Libano, che ha sprecato miliardi di finanziamenti esteri senza fare niente per il popolo. Per fare solo un esempio, 40 miliardi di dollari destinati all'acquisto di elettricità sono spariti nel nulla e la gente è costretta a servirsi del racket dei generatori, bacino di voti per i politici corrotti. Ancora, la presenza delle armi spaventa i giudici chiamati a decidere su questioni della massima importanza, prima tra tutte l'arresto dei responsabili dell'esplosione al porto di Beirut. Le armi impediscono la creazione di un vero sistema democratico: la democrazia non può esistere in Libano finché regnano armi e corruzione. Grazie all'indebolimento di questo sistema ora c'è finalmente un ministro in prigione (l'ex ministro dell'economia Amin Salam, arrestato per corruzione), e le più alte cariche dello Stato, il presidente della Repubblica e il Primo ministro, stavolta non sono state elette con il ricatto delle armi.
Beh, l'elezione nel gennaio scorso di Joseph Aoun e Nawaf Salam rispecchia i desiderata della comunità internazionale, in primis degli Stati Uniti.
Il Libano ha tutte le premesse per uno stato democratico, in quanto il 90% dei libanesi non vuole le milizie; in questo, la volontà del popolo libanese coincide con la volontà americana. C'è poi da dire che i grandi finanziatori esteri che tradizionalmente elargiscono miliardi di dollari al Libano, come i Paesi del Golfo, adesso minacciano di non finanziare più il Paese se lo Stato non otterrrà il monopolio delle armi.
Non c'è il rischio che Israele torni a fare guerra aperta al Libano se Hezbollah consegna le armi allo Stato?
Al contrario. L'8 ottobre 2023 Hezbollah ha avviato una guerra di supporto ad Hamas pensando di sostenere Gaza: non solo non ha influito sulla causa palestinese, ma ha causato migliaia di vittime, l'occupazione israeliana e la distruzione del sud del Libano. 18 membri di Hezbollah sono prigionieri di Israele, un milione di persone sono rimaste senza casa e Hezbollah non è riuscito a risarcirle come aveva promesso; questo è il risultato. Personalmente ritengo che Israele sia uno Stato criminale, ma la decisione di attirare il “cattivo” in casa propria (che Hezbollah ha preso senza consultare il governo, comportandosi da “Stato nello Stato”) si è rivelata totalmente fallimentare. Per questo le armi di Hezbollah saranno sempre una minaccia per il Libano.
Mentre scriviamo il premier israeliano Netanyahu, parlando alla stampa estera a Gerusalemme, ha dichiarato che Israele “sta collaborando con il governo libanese per disarmare Hezbollah”. Il destino della milizia sciita pare segnato.