Catastrofismo climatico, la lenta ammissione dell'errore
In Europa i piani del Green deal diventano molto più pragmatici. Sta scomparendo il divieto di produrre auto a motore endotermico e caldaie a gas. E su Nature viene ritirato un articolo catastrofista. È un'implicita ammissione di un errore.
Qualcosa si muove sul fronte del cambiamento climatico. Dopo Bill Gates, anche in Europa iniziano le manovre di retromarcia. Non sono ancora ufficiali, sono ancora da discutere, ma dichiarazioni di commissari e articoli di insider, oltre agli interventi delle associazioni di categoria, formano un quadro abbastanza chiaro: Bruxelles ci stava facendo fare un passo troppo lungo e sta iniziando a fissare obiettivi più realistici e meno distruttivi. Ma ciò implica un cambio di paradigma: non ci si basa più sul catastrofismo climatico, ma si prevede un lungo periodo di adattamento e mitigazione. Finora, infatti, i programmi più costosi erano giustificati dalla fretta di intervenire giusto in tempo per salvare il mondo.
Il programma verde più “iconico” era quello di un’Europa che si muove interamente con motori elettrici. Uno scenario da film di fantascienza: tutti a bordo di silenziose e futuristiche auto elettriche. Ne erano talmente convinti, a Bruxelles, che tuttora è in vigore una direttiva per cui i motori endotermici (qualsiasi carburante usino) devono andare fuori produzione dal 2035. Ma, secondo le dichiarazioni dell’attuale commissario Ue ai Trasporti, il greco Apostolos Tzitzikostas, il motore endotermico sarà legale anche dopo il 2035. La Commissione Europea sta infatti lavorando a una proposta di revisione del regolamento, dietro le molteplici pressioni arrivate in questi mesi da governi e associazioni dei costruttori, accomunate dalle richieste di salvare le filiere industriali dei motori a combustione. Non solo sono l’orgoglio dell’industria europea da sempre, ma sono una garanzia di indipendenza industriale dalla Cina, che è prima per produzione di motori elettrici.
Il programma più invasivo, perché riguarda la gestione delle nostre case, è quello sulle caldaie a gas. Tuttora, entro il 2040, è previsto lo stop alla loro produzione e vendita. Ma la nuova bozza di revisione del testo, che disciplina gli standard da rispettare, conterebbe nuovi parametri che di fatto cancellano qualsiasi ipotesi di esclusione e ammettono sia gli apparecchi a condensazione che quelli tradizionali. Soddisfazione dei produttori per le novità in arrivo: «Accogliamo con favore la retromarcia della Commissione europea sul divieto di installare caldaie, una misura folle che abbiamo combattuto dal primo momento perché avrebbe danneggiato irreparabilmente il nostro tessuto industriale e compromesso gli obiettivi climatici comunitari», ha detto Giuseppe Lorubio, presidente di Assotermica.
Sempre in questa settimana, sul fronte scientifico, è clamoroso il caso del ritiro di uno degli studi più consultati dai governi. L’articolo, pubblicato ad aprile del 2024 su Nature, stimava un crollo del 62% dell’attività economica globale entro il 2100 in uno scenario in cui i governi non avessero ridotto le emissioni di CO2. Lo studio in questione, The economic commitment of climate change (di Maximilian Kotz, Anders Levermann e Leonie Wenz del Potsdam Institute for Climate Impact Research) ha iniziato a ricevere critiche di altri scienziati, sempre più puntuali, finché non si è dimostrato che i calcoli erano sbagliati, per problemi che partono dalla stessa metodologia impiegata. Dopo la revisione, il crollo dell’attività economica globale entro il 2100 non è più pari al 62% ma al 23%. Dopo aver tentato una correzione, gli autori hanno preferito ritirare del tutto l’articolo.
Questa vicenda pone due seri interrogativi. Il primo è se i tre ricercatori europei abbiano sbagliato o voluto sbagliare. Perché sinora, l’effetto catastrofismo è stato il motore di tutta la ricerca, la produzione e l’implementazione delle politiche verdi in Europa e negli Usa. Il secondo interrogativo è se veramente, a questo punto, dobbiamo attenderci un crollo dell’attività economica globale, a causa del riscaldamento globale, o se questa sia essa stessa un’ipotesi esagerata. A questo punto tutto è possibile. E a uscirne con le ossa rotte è la reputazione dell’ambiente scientifico, già duramente provato dal biennio pandemico.
Se l’Europa sta cambiando idea, è perché negli Usa si sono già risvegliati in una nuova era. Sondaggi pubblicati su Newsweek, dunque una rivista della sinistra americana, rilevano una progressiva disaffezione ai temi climatici, crescente soprattutto nella sinistra americana. La destra, in compenso, è sempre stata molto scettica. Che abbia contribuito Bill Gates, con le sue dichiarazioni contro il catastrofismo e il pensiero apocalittico climatico? Non ancora, perché i sondaggi in questione si riferiscono al 2024.
La rivista britannica The Spectator, con un articolo a firma di Matt Ridley, rileva una tendenza mondiale in questa direzione. Che è anche e soprattutto riflessa nell’economia: «A ottobre, la Net Zero Banking Alliance ha chiuso i battenti dopo che JPMorgan Chase, Citigroup, Bank of America, Morgan Stanley, Wells Fargo e Goldman Sachs hanno guidato una corsa all'uscita di massa di altre banche. Shell e BP sono tornate a essere compagnie petrolifere, per la gioia dei loro azionisti. Ford sta per cessare la produzione di pick-up elettrici che nessuno vuole. Centinaia di altre aziende stanno abbandonando i loro obiettivi climatici. L'Australia si è ritirata dall'organizzazione della conferenza sul clima del prossimo anno».
Lo stesso Matt Ridley ricorda: «Ho scritto per la prima volta un articolo catastrofico per l' Economist sulle emissioni di anidride carbonica che intrappolano il calore nell'aria nel 1987, quasi 40 anni fa. Mi sono presto reso conto che l'effetto era reale, ma che l'allarme era esagerato, che gli effetti di feedback erano esagerati nei modelli. L'effetto serra era probabilmente un inconveniente moderato piuttosto che una minaccia esistenziale. Per questa bestemmia sono stato insultato, cancellato, inserito in una lista nera, definito "negazionista" e generalmente ritenuto malvagio. Nel 2010, sulle pagine del Wall Street Journal ho dibattuto con Bill Gates, che ha sbeffeggiato la mia argomentazione secondo cui il riscaldamento globale non avrebbe probabilmente rappresentato una catastrofe – quindi è un piacere vederlo condividere la mia opinione, oggi».


