Guerra in Ucraina: le percezioni nascondono la realtà
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Gli obiettivi che Mosca persegue sono ben chiari se si osserva la realtà del conflitto e non la percezione che ci viene offerta generosamente da politica e media, che si limitano spesso a rilanciare la propaganda ucraina.

La notte tra il 6 e il 7 settembre i russi hanno lanciato l’attacco più massiccio dall’inizio della guerra, nel febbraio 2022, contro le retrovie e le infrastrutture ucraine. Ben 810 droni kamikaze a lungo raggio (per lo più Geran-2) e 13 missili balistici e da crociera lanciati dalla Russia hanno colpito basi militari, aeroporti, infrastrutture energetiche, sedi governative, siti di produzione industriale. Domenica il ministero della Difesa russo ha reso noto di aver preso di mira siti legati al complesso militare-industriale ucraino e infrastrutture dei trasporti, depositi di armi ed equipaggiamento militare, aeroporti militari, siti di lancio dei droni.
Secondo il comunicato, l’attacco ha colpito obiettivi specifici a Kiev, tra cui l’impianto industriale Kiev-67 nella periferia occidentale e la base logistica STS-Group in quella meridionale. Il ministero ha dichiarato che “tutte le strutture designate sono state spazzate via”. Difficile sapere se è vero o meno. Kiev ha lamentato invece che sono almeno dieci gli edifici danneggiati nella capitale inclusa la sede del governo, mai attaccata prima di oggi. «Il tetto e i piani superiori sono stati danneggiati a causa di un attacco nemico», ha annunciato di prima mattina la premier Yulia Svyrydenko su Telegram.
Duro il commento del presidente Volodymyr Zelensky che ancora una volta ha ricordato la promessa di Donald Trump di imporre sanzioni alla Russia se insiste nel non voler sedere al tavolo dei negoziati. Colpiti anche obiettivi (tutti civili secondo Kiev) a Zaporizhia, Kryvyi Rih (incluso l’aeroporto), Odessa, Kupyansk nella regione di Kharkiv e negli oblast di Sumy, Donetsk e Chernihiv.
L’Ucraina ha rivendicato di aver nuovamente attaccato l’oleodotto Druzhba nella regione russa di Bryansk, dal quale si riforniscono di petrolio russo anche l’Ungheria e la Slovacchia, provocando «danni ingenti dovuti all’incendio». Lo ha riportato Sky News, citando il comandante delle forze droni ucraine, Robert Brovdi. L’oleodotto fornisce greggio a Budapest e a Bratislava, che continuano ad acquistare energia dalla Russia, anche dopo che l’Ue ha deciso di interrompere i flussi.
Come sempre il bilancio del massiccio bombardamento russo presentato da Kiev si occupa esclusivamente delle vittime civili: il bilancio dei raid di domenica è di 7 morti anche se altri potrebbero trovarsi sotto le macerie, riferisce Kiev. Un numero a dire il vero molto molto limitato se si considera l’elevato numero di ordigni impiegati dai russi dei quali diversi saranno stati colpiti dalle difese aeree.
In nessuna guerra i belligeranti rendono noti i danni subiti dalle proprie forze sia che si tratti di militari o di infrastrutture, armi, mezzi, velivoli. Nel caso del conflitto in Ucraina però ogni attacco russo determina reazioni politiche in Occidente che anche in questo caso non sono mancate. Premier e ministri ucraini ed europei definiscono i bombardamenti russi la conferma che «Putin non vuole la pace» invocando un ulteriore inasprimento delle sanzioni alla Russia. Donald Trump, sotto pressione da parte degli alleati, dei Dem statunitensi e di una parte del suo partito, minaccia di applicarlo ma finora non lo ha fatto, forse per non compromettere il dialogo ripristinato con Vladimir Putin.
Enfatizzare le vittime civili ucraine e al tempo stesso ignorare quelle subite dalla popolazione russa o del Donbass dai raid dei droni ucraini, come fanno ogni giorno politici e media europei, è utile ad alimentare una narrazione propagandistica che è stata la vera protagonista in Occidente del racconto di questa guerra fin dal suo inizio.
Si punta a consolidare così una percezione che non fornisce informazioni, valutazioni o approfondimenti circa la strategia e gli obiettivi dei russi, che pure sarebbe importante comprendere specie in questa fase forse decisiva del conflitto, ma persevera nel dividere i “buoni” dai “cattivi”, con questi ultimi che colpiscono i civili. Curioso notare che la stessa (un po’ puerile) dicotomia non appare però così netta nel racconto della guerra di Israele a Gaza o in Libano dove peraltro i numeri di civili uccisi sono ben più alti che in Ucraina, soprattutto perché si tratta di un tipo di guerra totalmente differente.
L’obiettivo della propaganda è quindi sostituire la realtà con la percezione, ma non vedere la realtà (o non volerla vedere) non aiuta la soluzione del conflitto ma, al contrario, ne favorisce il prolungamento.
L’idea che i russi impieghino più di 800 droni Geran-2 (i russi ne producono 2.700 al mese secondo l’intelligence ucraina) che costano secondo le stime 20.000 euro l’uno e 13 missili da crociera o balistici dal costo di alcuni milioni ognuno per uccidere civili (per di più solo 7) è un’assurdità in termini militari ed economici. Del resto gli attacchi in profondità sul territorio ucraino avvengono sempre di notte, certo per agire col favore delle tenebre ma anche in una fascia oraria in cui è più difficile provocare danni collaterali, cioè uccidere civili.
Come è già successo in passato missili e droni russi colpiti dalla contraerea ucraina possono cadere anche su case, palazzi, strade e mietere vittime civili, ma gli obiettivi che Mosca persegue sono ben chiari se si osserva la realtà del conflitto e non la percezione che ci viene offerta generosamente da politica e media, che si limitano spesso a rilanciare la propaganda ucraina che, legittimamente, fa di tutto per coinvolgere le nazioni della NATO nel conflitto.
I bersagli presi di mira dai russi nei massicci raid notturni sono militari o industriali con l’obiettivo di azzerare le capacità operative, di comando e controllo delle forze armate, a distruggere le difese aeree e colpire i depositi di armi occidentali, a demolire gli stabilimenti che producono, armi, droni, munizioni e componenti. In una definizione: “demilitarizzare l’Ucraina”, obiettivo più volte enunciato da Putin fin dal febbraio 2022.
Una strategia che va di pari passo con quella applicata da Mosca sui campi di battaglia dove la priorità non è conquistare territorio, né tanto meno farlo in fretta, ma annientare le capacità di combattimento delle forze di Kiev fiaccandone il morale. Può non piacerci ma se fingiamo di non vedere la realtà questa prima o poi ci coglierà di sorpresa. Forzare le percezioni può essere oggi funzionale a sostenere la tesi della necessità di inviare truppe europee in Ucraina “a garanzia della sicurezza” di Kiev anche se il Cremlino ha precisato che tali truppe verrebbero considerate bersagli legittimi.
Emmanuel Macron e poi Volodymyr Zelensky hanno dichiarato che vi sono 26 nazioni pronte a inviare truppe in Ucraina ma in realtà finora nessun governo europeo si è esposto in tal senso se non offrendo vaghe disponibilità a fornire istruttori militari una volta terminata la guerra e lontano dalla prima linea.
Un corto circuito che sta mettendo in luce profonde contraddizioni tra le dichiarazioni di alcuni leader europei e la reale disponibilità a farsi coinvolgere nel conflitto. Un tema che concerne anche le durissime accuse giunte da Ue e Nato, oltre che da molti stati membri. nei confronti di nazioni che non applicano sanzioni a Mosca o che mantengono ampie relazioni con la Federazione Russa.
Un esempio per tutti. Ue, NATO e la precedente Amministrazione statunitense, accusano da tempo la Cina di fornire aiuti militari alla Russia, tema che ha visto in diverse occasioni duri scambi di note diplomatiche tra l’alto commissario UE Kaja Kallas e Pechino oltre a minacce di sanzioni alla Cina. Ieri però una fonte non sospetta di putinismo come Andriy Yusov, portavoce della Direzione centrale dell'intelligence militare di Kiev (GUR) in un'intervista al canale You Tube ucraino Noviny.live, ha dichiarato l’esatto contrario.
«La Cina non fornisce sostegno militare alla Federazione Russa nella guerra contro l'Ucraina, nonostante tutti gli sforzi del Cremlino per ottenerlo. Non c'è alcun supporto militare. Il resto è questione di un complesso processo diplomatico», ha spiegato Yusov. Forse gli ucraini e i loro alleati dovrebbero coordinarsi meglio, almeno nello scivoloso campo delle percezioni.