Bolsonaro inizia a scontare 27 anni di carcere
Condannato per tentato golpe, nonostante non ci siano prove in merito, l'ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro ha iniziato a scontare 27 anni di carcere. Lo ha ordinato la Corte Suprema. Non ci saranno altri appelli.
Jair Bolsonaro, ex presidente del Brasile dal 2018 al 2022, inizia a scontare una condanna a 27 anni di carcere. Così ha ordinato la Corte Suprema. In una democrazia non si è mai vista una pena così pesante inflitta a un ex capo di Stato eletto. La condanna è definitiva e non ci saranno altri appelli. La condanna definitiva, il 26 novembre, giunge dopo che Bolsonaro, per un presunto tentativo di fuga, era stato già internato in carcerazione preventiva e non gli erano stati concessi i domiciliari, come scritto il 24 novembre su queste colonne.
Ora che il tribunale ha ordinato l’inizio della pena, ci si interroga sullo stato della democrazia e dello stato di diritto in Brasile, due caratteristiche che sembrerebbero minacciate solo dalla destra locale. Bolsonaro, infatti, è stato condannato perché, secondo i giudici, avrebbe tentato un colpo di Stato. Prima tramando per prendere il potere con la forza delle armi, poi meditando di assassinare il presidente Lula Ignacio da Silva dopo la sua rielezione nel 2022 e infine aizzando la folla che ha assaltato le sedi delle principali istituzioni del Brasile.
Ma esiste un parere di minoranza ed è quello del giudice supremo Luiz Fux, l’unico che, a settembre, ha votato contro la condanna dell’ex presidente. Prima di tutto Fux ha contestato la mancanza di giurisdizione della Corte. Poi ha sottolineato i continui download di dati da parte dell'accusa – eseguiti all’insaputa della difesa – che hanno raggiunto i 70 terabyte, inclusi 225 milioni di messaggi. Ha sottolineato la palese mancanza di prove a sostegno delle accuse.
C’era un golpe militare in arrivo? Bolsonaro, temendo che le elezioni del 2022 fossero state truccate, aveva consultato i vertici dell’esercito, nel caso la transizione di potere da lui a Lula non fosse avvenuta pacificamente, se i brogli fossero stati scoperti. C’era una causa in corso, per frode elettorale, intentata dal Partito Liberale dell’ex presidente. Ma consultarsi con i vertici militari non costituisce una prova di golpe. Benché si parli di un decreto già pronto per ordinare lo stato d’assedio, l’accusa non ha presentato alcuna prova scritta.
Un generale ha parlato di una possibile uccisione del presidente Lula e anche del giudice supremo Alexandre De Moraes. Ma il generale in questione ha affermato di non aver dato seguito a quelle che erano sue “riflessioni”, né di averle condivise con Bolsonaro.
E l’assalto alle istituzioni, a Brasilia? È stato tentato, ma in quel giorno Bolsonaro era all’estero, in Florida. Anche qui l’accusa non ha prodotto prove di un suo coinvolgimento diretto.
Va ricordato perché Bolsonaro sospettasse una frode elettorale, piuttosto. Lula stava scontando una pena definitiva per corruzione, confermata ben due volte in appello, quando è stato scarcerato per ordine della Corte Suprema. La sentenza è stata annullata per cavilli e Lula è tornato ad essere rieleggibile nel 2021. Quella stessa Corte ora ha condannato Bolsonaro, a una pena carceraria che equivale a un carcere a vita (l’ex presidente ha 70 anni, non arriverà vivo alla fine della pena) pur non essendo in possesso di prove schiaccianti a favore dell’accusa. A votare per la condanna sono stati, oltre ad Alexandre de Moraes, anche Flavio Dino, ex ministro della Giustizia di Lula e Cristiano Zanin, ex avvocato dell’attuale presidente.
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