Trump si sveglia. Usa, verso la messa al bando dei Fratelli Musulmani
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Dopo il Texas, tutti gli Usa designeranno come organizzazione terroristica internazionale diversi capitoli della Fratellanza Musulmana, il movimento fondato nel 1928 e all'origine di tutti i gruppi radicali islamici. Trump dà l'ordine di indagare.
Lunedì, il presidente Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo che avvia formalmente il processo per designare alcuni capitoli della Fratellanza Musulmana come «organizzazioni terroristiche straniere» e «terroristi globali appositamente designati». È un atto che segna un nuovo passaggio nella lunga e complessa relazione tra Washington e uno dei movimenti dell’islam sunnita più influenti al mondo.
La Fratellanza Musulmana è una delle principali organizzazioni islamiche a livello mondiale. Nata in Egitto nel 1928, porta l’impronta del suo fondatore, Hassan al-Banna, che immaginava un ritorno all’islam nella sua presunta purezza originaria e la costruzione di una società plasmata dai principi del Corano e della Sunna. Se guardiamo alla storia dell’islamismo emerge netta l’avversione verso Israele, gli ebrei, e la cristianità, oltre al rifiuto totale dei principi occidentali. Fin dal secolo scorso, queste convinzioni sono state diffuse e consolidate in modo sistematico, soprattutto attraverso le opere di Sayyid Qutb (1906–1966), il principale pensatore della Fratellanza Musulmana, figura centrale dell’islamismo moderno nel XX secolo e ancora oggi fonte d’ispirazione per percorsi di radicalizzazione in Europa. L’organizzazione ha sempre chiarito, in maniera più o meno esplicita, come il jihad sia la loro unica via e che morire per Allah è l’ambizione più alta. Nei documenti interni, la “jihad civilizzatrice” viene delineata come una lotta graduata e persistente per trasformare dall’interno le società occidentali.
Promuove un ritorno ai principi fondamentali dell’islam, interpretati in modo letterale e rigoroso, e dichiara come obiettivo la creazione di una società governata dalla shari’a, in cui i valori islamici regolino ogni aspetto dell’esistenza. Pur rivendicando un’impronta religiosa, l’organizzazione ha sempre sviluppato una forte dimensione politica, partecipando alle elezioni a tutti i livelli e cercando di influenzare direttamente i governi. Negli ultimi vent’anni, ha saputo aprire per sé varchi significativi nei partiti di sinistra — soprattutto tra Socialisti e Verdi — in molti Paesi del Vecchio Continente: Germania, Austria, Svezia, Svizzera, solo per citarne alcuni. E poi la Gran Bretagna e Francia, dove ormai non si contano più sindaci e parlamentari riconducibili all’influenza della Fratellanza. Una presenza capillare, silenziosa, a volte, ma determinata, che ha inciso in profondità nel panorama politico europeo.
Al centro della strategia c’è il radicamento istituzionale allo scopo di inserirsi nei gangli politici, giuridici, culturali, scolastici e mediatici delle istituzioni occidentali. L’idea, sviluppata da Hassan al-Banna e poi radicalizzata da Sayyid Qutb, guarda all’Occidente come un ambiente da penetrare sfruttandone le libertà, neutralizzandone i meccanismi di difesa e acquisendo legittimità come interlocutore “ufficiale” delle comunità musulmane.
Gli Stati Uniti si preparano dunque a un passo decisivo. Secondo la Casa Bianca, la designazione voluta da Trump rappresenta un tassello strategico per contrastare quella che l’amministrazione repubblicana giudica una rete transnazionale capace di alimentare terrorismo islamico a livello globale, instabilità regionale e campagne ostili agli interessi statunitensi e ai loro alleati in Medio Oriente. La scheda informativa allegata all’ordine del Presidente Usa cita, tra gli elementi più sensibili, i rapporti tra la Fratellanza Musulmana giordana e Hamas, insieme ad altri presunti legami con attività terroristiche. Trump, interpellato sulla questione, ha dichiarato che il provvedimento sarà adottato «nei termini più forti e incisivi» e che gli atti necessari «sono in fase di finalizzazione».
Nel frattempo, un segnale politico era già arrivato dal Texas. Il 18 novembre, il governatore Greg Abbott metteva fuorilegge il Council on American Islamic Relations (CAIR), considerato la principale emanazione statunitense dei Fratelli Musulmani. Abbott ha ordinato un’inchiesta e l’ha inserita tra le organizzazioni di terroristi stranieri e i gruppi criminali transnazionali. Secondo il governatore, «le azioni intraprese dai Fratelli Musulmani e dal CAIR» vogliono «sostenere il terrorismo in tutto il mondo e sovvertire le nostre leggi attraverso la violenza, l’intimidazione e le molestie sono inaccettabili». Una decisione che apre la strada a misure restrittive senza precedenti: dal blocco delle attività collegate fino al divieto di acquistare o detenere proprietà immobiliari sul territorio texano.
Lo scorso gennaio, anche la Giordania metteva al bando i Fratelli Musulmani - che rappresentano il partito di opposizione più votato del Paese - sostenendo di aver sventato un piano di sabotaggio attribuito ad alcuni esponenti del movimento.
L’ordinanza Usa stabilisce che il Segretario di Stato Marco Rubio e il Segretario al Tesoro Scott Bessent presentino entro 45 giorni una lista dei capitoli del movimento da designare come terroristi. Una nota informativa diffusa dalla Casa Bianca suggerisce che quelli in Libano, Egitto e Giordania saranno tra i primi a essere presi in considerazione.
La designazione consentirà agli Stati Uniti di colpire direttamente le finanze dei gruppi con sede sul territorio americano, di raccogliere informazioni militari su di essi e di perseguire tutti gli individui ritenuti responsabili di aver fornito “sostegno materiale” alle sezioni della Fratellanza Musulmana indicate come organizzazioni terroristiche.
E se, da tempo, la Fratellanza risulta vietata in numerosi Paesi: Egitto, Russia, Arabia Saudita, Siria ed Emirati Arabi Uniti, con la decisione degli Stati Uniti, ora, inevitabilmente, la questione fa scalo anche in Europa. Se, infatti, qualche Stato europeo dovesse prendere a modello gli Stati Uniti, si aprirebbe una fase destinata a spostare equilibri, a suscitare reazioni internazionali e a ridefinire, probabilmente, il modo in cui l’Europa, con gli Stati Uniti, intendono confrontarsi con uno dei movimenti più influenti e controversi del mondo islamico contemporaneo.
Chi rischia di incassare il colpo più duro dalla nuova offensiva di Trump contro l’organizzazione islamista sono Qatar e Turchia.
Doha coltiva un rapporto profondo con la galassia della Fratellanza e oggi si propone come arbitro e intermediario, un ruolo conquistato anche dopo l’isolamento diplomatico imposto tra il 2017 e il 2021 da Arabia Saudita, Emirati, Bahrein ed Egitto proprio a causa di quelle antiche affinità. Per Ankara, la Fratellanza Musulmana non è soltanto un partner strategico, ma un tassello identitario: un alleato politico e ideologico dell’AKP del presidente Erdoğan, che da anni intreccia con il movimento una sintonia profonda, utile per proiettare la propria influenza nella regione. E poi c’è Hamas, emanazione diretta della Fratellanza.
Per ora Trump ha dimostrato di accorgersi che la guerra santa contemporanea non passa solo per le armi, ma anche per un’opera di persuasione psicologica e radicamento sociale.
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