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ALLARME TECNOLOGIA

Generazione iPhone: un'ecatombe antropologica

Ossessionati dai “mi piace” e dall'isolamento da social, vorrebbero liberarsi dello smartphone, ma spaventati dalla realtà, preferiscono non uscire di casa, non avere rapporti carnali e rimanere in un mondo su misura capace di soddisfare subito le loro pulsioni. Ad ammetterlo sono gli stessi inventori della tecnologia. Ecco la generazione più depressa e meno ribelle della storia, ecco i sudditi perfetti. 

Cultura 09_01_2018

Ossessionati dai “mi piace”, spaventati dall’essere isolati ma solo sui social (non importa se lo sono nella vita), vorrebbero liberarsi della loro "terza mano", lo smartphone, ma appena affrontano la realtà si spaventano e preferiscono tornare nelle loro comode camere, dove i genitori li lasciano vivere (pensando che sia un posto più sicuro della strada) incollati a internet e dove hanno accesso ad un mondo su misura capace di soddisfare immediatamente, senza sacrifici, tutte le loro pulsioni e voglie. Così, incapaci di relazioni, di affrontare i problemi, sono depressi, per nulla ribelli e persino disinteressati alla sessualità carnale. Insomma, sono dei sudditi perfetti. 

Non sono ipotesi generiche, ma frutto di ricerche su milioni di adolescenti effettuate soprattutto negli Stati Uniti, dove "i figli dello smartphone", nati fra il 1995 e il 2005, hanno delle sembianze completamente diverse dalla generazione precedente, con un divario generazionale di ampiezza senza precedenti nella storia (la documentazione più ampia si trova nel libro di Jean M. Twenge "iGen", ossia "Generazione iPhone").  

Basti pensare che uno degli studi più recenti, della State University di San Diego, che mette in relazione i sintomi depressivi e il rischio di suicidi con l’uso dei dispositivi elettronici da parte di 133 mila adolescenti, ha dato come risultato un'impennata della depressione tra il 2012 e il 2015 fra le ragazzine che hanno passato più ore al giorno davanti ai dispositivi elettronici (sono soprattutto le donne ad usare Facebook e Instagram): la piaga è cresciuta in soli 3 anni del 58 per cento. Non solo, l’uso di internet per cinque o più ore giornaliere, è correlato ad un incremento della depressione connessa al rischio di suicidio del 71 per cento. Al contrario, come spiegano i ricercatori della Florida State University, fra i teenager e le persone che vivono una vita sociale e relazionale concreta, anche facendo sport e attività all’aperto, la percentuale dei sintomi della depressione decresce ampiamente. 

Va chiarito che gli studi prendendo come campione dell’iPhone Generation e di quella che la precede classi sociali e situazioni familiari e scolastiche identiche, mettono in luce che non è la depressione dovuta al background personale a spingere i ragazzini verso l’alienazione da social media. Al contrario, è proprio l’uso dei social a generarla per determinati meccanismi che si instaurano nella mente e nel corpo di chi li usa, esponendosi ad una vita virtuale dove tutti paiono felici e belli, dove a volte si viene bullizzati o dove si resta incantati da video demenziali e ripetititvi e da immagini che soddisfano in continuazione la persona che li guarda generando dipendenza. 

Non si pensi che il fenomeno si verifichi solo oltreoceano, perché l’allarme sta crescendo anche in Italia. Non a caso i medici nostrani rilevano esattamente la stessa cosa. Il 30 dicembre scorso, sul QN, Augusto Biasini, già primario dell’ospedale Bufalini di Cesena, ha confermato che “vediamo anche noi, in misura sempre maggiore, le dipendenze da cellulare. Parlo di ragazzini incollati al display notte e giorno. Abbiamo curato bimbi di 10 o 12 anni accompagnati in ambulatorio dai genitori: non riuscivano più a staccarsi dai loro dispositivi”.

Ma di chi è la colpa? Dei telefonini? Beh la fotografia realista e deprimente di Biasini è più ampia: “Basta vedere in pizzeria la sera; lui e lei a tavola tutti e due a pigiare sui tasti del telefono, e così anche i bambini intenti a mandare messaggi, nessuno si parla”. Come a dire che il problema è certamente la tecnologia, ma prima ancora gli adulti che ne abusano e che permettono ai bambini e i ragazzini di vivere incollati al piccolo schermo, che ormai segue tutti perfino in bagno (le ricerche dicono che i giovani non riescono ad addormentarsi se il cellulare non è vicino al loro cuscino a meno di andare in crisi di astinenza). Esattamente come accade ad un drogato con le sostante tossiche. 

Che non si tratta di un’esagerazione non lo dice solo il fatto che l’inventore dell’iPhone, Steve Jobs, che volutamente o meno scelse come simbolo della sua azienda proprio una mela mangiata (ormai costantemente a nostra disposizione), impediva ai figli di usare la tecnologia se non in casi strettamente necessari, ma anche l’ex vicepresidente di Facebook, Chamath Palihapitiya, spiegando di sentirsi in colpa, ha confessato: “Abbiamo creato un sistema di gratificazione a breve termine di like e di feedback guidato dalla dopamina, che sta distruggendo il modo normale in cui la società funziona...quello che dico non è un problema solo americano...ha a che fare con tutto il mondo”. Non a caso, ha chiarito “di usare Facebook il meno possibile" e che ai suoi figli “non è permesso usare questa schifezza”.

Ma cosa rende la tecnologia una droga pericolosa, che affligge per la prima volta anche i bambini con danni irreparabili sul cervello, lo descrive Simon Sinek, noto consulente di leadership e management, richiestissimo dalle aziende americane che subiscono gli effetti perdenti di questa generazione fragile. “I social media sono un fattore di generazione di dipendenza. L’interazione con i social media o con i telefoni, rende felici per via del rilascio di dopamina. Quando ricevi un sms, sei felice perché il tuo corpo rilascia dopamina. Lo stesso accade quando riceviamo like ad uno dei nostri post, e più like riceviamo più siamo felici e quindi maggiore è il rilascio di dopamina.

La dopamina è il neurotrasmettitore che ha funzioni specifiche di controllo sulla sensazione di piacere, di ricompensa, sulla capacità di attenzione, e così via. Ogni volta che il cervello è stimolato da fattori esterni di piacere o di ricompensa (come i like su Facebook, o un pasto piacevole o dell'attività sessuale appagante) la dopamina viene rilasciata. La dopamina viene rilasciata dall’organismo anche quando fumiamo, beviamo o giochiamo d’azzardo, ovvero quando facciamo cose ad alto rischio di dipendenza. Ecco perché siamo così dipendenti dalle tecnologie. Perché ci consentono il rilascio della dopamina e quindi di regolare il nostro meccanismo di sensazione del piacere. Più dopamina viene rilasciata più provi piacere, più provi piacere più dopammina viene rilasciata: è quindi una spirale infinita. La tenoclogia e l'uso dei social implica questo scambio neurologico, che è quindi di per sé potenzialmente generatore di dipendenza…Pertanto i Millennials (ossia l'iPhone generation, ndr) sono lasciati in balìa di un uso smodato di tecnologie che creano complesse forme di dipendenza e che li fanno fuggire dalla realtà. E questo punto è strettamente connesso con l’aspetto dell’impazienza”. 

Le conseguenze di ciò, però, non sono solo l'impazienza e la depressione che nasce dall'incapacità di subire frustrazioni, ma qualcosa che concerne l’antropologia umana a 360 gradi. Biasini, continua ricordando che questi “dipendenti” non sono solo “più lenti, depressi, vulnerabili psicologicamente”, ma sono “degli estranei anche per i loro genitori”. Sono poi “sedentari e grassi, sempre più lenti nella corsa…faticano a socializzare. Il numero dei ragazzi che mantiene l’abitudine di uscire con gli amici è calata del 40 per cento….Sono meno interessati al corteggiamenti e alle relazioni con l’altro sesso. Sono anche poco interessati a spostarsi, uno su quattro a fine liceo non ha ancora la patente”. 

Sottolineando che i principali responsabili di questa piaga sono gli educatori e la famiglia che protegge smodatamente i figli dai problemi del mondo reale, Sinek prosegue cercando delle soluzioni dato che “al lavoro, nell’attesa dal dottore, sul treno, usiamo continuamente il cellulare senza interagire”, mentre “la fiducia fra le persone si crea nei tempi morti e non subito”. La principale via d'uscita sta quindi nella riduzione dell’uso dei dispositivi elettronici per cui “non dobbiamo permettere l’uso dei cellulari nelle riunioni…quando esco a cena con i miei amici lasciamo il cellulare a casa…è come per gli alcolizzati, il motivo per cui togli da casa l’alcol è che non siamo abbastanza forti, ma se rimuovi la tentazione è tutto più facile…Nessuno di noi dovrebbe caricare il telefono vicino al letto, dovremmo caricarlo in soggiorno...ti svegli di notte perché non riesci a dormire e controlli il telefono che è peggio”.

Infatti, che piaccia o no, conclude, “se non hai il telefono ti puoi anche godere il mondo ed è così che arrivano le idee, le idee arrivano quando la mente divaga e ti viene un’idea, questa è innovazione, ma ci stiamo privando di tutti questi piccoli momenti...abbiamo la responsabilità di riparare questo danno, di aiutare questa generazione ad avere fiducia, ad imparare la pazienza, le abilità scoiali a trovare l’equilibrio tra la vita e la tecnologia”. L'alternativa è lasciare che crescano sudditi dipendenti da un potere che, in cambio di piaceri istantanei, di comodità e di apparente benessere, azzera la loro umanità, i loro desideri più profondi e quindi la loro libertà.