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Gelo tra Israele e le comunità cristiane di Gerusalemme

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Per l'ambasciata israeliana presso la Santa Sede è ambiguo il documento dei patriarchi e capi delle Chiese, che invitano a deporre le armi, senza riferimenti ad Hamas. Ma tutto il mondo cristiano è in apprensione per quanto accade in queste ore.

Esteri 10_10_2023

«È un documento deludente e frustrante». Con queste parole l'Ambasciata d'Israele presso la Santa Sede ha stroncato le dichiarazioni dei Patriarchi e dei Capi delle Chiese di Gerusalemme che avevano diffuso un comunicato a commento dell'attacco dei miliziani delle Brigate Izz el-Deen al-Qassam, il braccio armato di Hamas, sferrato da Gaza all'alba di sabato scorso contro Israele, provocando centinaia di morti e feriti e un numero imprecisato di dispersi. Un'accusa pesante come un macigno che sicuramente non poteva passare inosservata.

In sostanza, Israele deplora l'uso diplomatico del testo usato dai responsabili dei cristiani di Terra Santa. «Con il passare delle ore – si legge in una nota dell'ambasciata israeliana – la portata del massacro è ancora sconosciuta, ma è evidente che si tratta di una catastrofe di dimensioni bibliche. Il numero delle vittime potrebbe arrivare a mille, la maggior parte civili. Intere famiglie, compresi i neonati, sono state giustiziate a sangue freddo dai militanti palestinesi di Hamas e della Jihad Islamica». E prosegue: «C'è una immoralità nell'uso dell'ambiguità linguistica in tali circostanze. Dalla lettura del comunicato dei Capi delle Chiese di Gerusalemme non si riesce a capire cosa sia successo, chi siano gli aggressori e chi le vittime. È particolarmente incredibile che un documento così arido sia stato firmato da persone di fede». L'ambasciata israeliana mette poi in evidenza che nessuno ha avuto difficoltà a «capire e tutti hanno condannato l'orrendo crimine, nominando i suoi autori e riconoscendo il diritto fondamentale di Israele a difendersi da queste atrocità».

Ma cosa hanno scritto i Patriarchi e i Capi delle Chiese di Gerusalemme per scatenare una simile reazione dell'ambasciata israeliana? Nel comunicato si esprimeva «solidarietà alla popolazione di questa regione, che sta sopportando le conseguenze devastanti di continui conflitti». Un appello accorato rivolto a tutti. Sia cristiani che non cristiani. Ma in particolare un invito a deporre le armi e a cessare qualsiasi tipo di violenza che possa arrecare gravi conseguenze alla popolazione sia palestinese che israeliana. «Condanniamo inequivocabilmente qualsiasi azione che coinvolga i civili, indipendentemente dalla loro nazionalità. Tali azioni vanno contro i principi fondamentali dell’umanità e degli insegnamenti di Cristo, che ci ha chiesto di amare il prossimo come noi stessi». «Imploriamo i leader politici e tutte le autorità affinché si impegnino in un dialogo sincero, cercando soluzioni durature che promuovano la giustizia, la pace e la riconciliazione per le persone di questa terra, che hanno sopportato il peso del conflitto per troppo tempo. Nello spirito di questo messaggio divino, imploriamo tutti di lavorare incessantemente per porre fine alla violenza e per instaurare una pace giusta e duratura che permetta alla Terra Santa di essere un faro di speranza, fede e amore per tutti».

Nel documento non appare, però, alcun riferimento esplicito ad Hamas. Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, a margine del convegno all’Università Gregoriana sui documenti del pontificato di Pio XII e sui rapporti tra cristiani ed ebrei, ha precisato la linea della Santa Sede: «Con gli strumenti dei quali la comunità internazionale si è dotata, bisogna cercare soprattutto di porre le basi per una soluzione definitiva di quel problema, perché finché non si risolve il problema della convivenza fra palestinesi e israeliani, finché non si trova una formula che permetta di vivere in pace, queste cose rischieranno sempre di ripetersi. E ripetersi con sempre maggiore ferocia, come abbiamo visto in questi giorni». Poi ha aggiunto con dolore: «siamo vicini alle famiglie delle vittime e a coloro che sono dispersi e rapiti e in grave pericolo»

Alcuni giorni fa, durante il Concistoro, il neo-cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca dei Latini di Gerusalemme disse che «la violenza è sempre da condannare in modo totale. Così come è sbagliato e va condannato l'ostracismo nei confronti di Israele. Diciamo solo che bisogna abbattere le barriere pregiudiziali che impediscono il dialogo. Il punto è questo».

Ma i cristiani di tutto il mondo sono in apprensione per quanto sta accadendo in Terra Santa.  «Non ci sono parole per esprimere l’infinito dolore che ho nel cuore per le popolazioni di Israele e Palestina; per i morti, le persone ferite, quelle tenute in ostaggio, i dispersi e le loro famiglie, che l’ultimo e gravissimo scoppio di violenza ha provocato nella mia terra». A dirlo è Margaret Karram, presidente del Movimento dei Focolari, originaria di Haifa (Israele), commenta così le gravi violenze verificatesi nella sua terra d’origine. E conclude con una richiesta: «che si fermino le armi e si comprenda che, come ha detto Papa Francesco all’Angelus di domenica scorsa, "il terrorismo e la guerra non portano a nessuna soluzione, ma ogni guerra è una sconfitta"».

Padre Gabriel Romanelli è parroco dell’unica parrocchia cattolica di Gaza. Era appena giunto a Betlemme dall'Italia, dove aveva partecipato alla cerimonia della consegna della berretta cardinalizia al patriarca Pizzaballa, quando è scoppiato il conflitto tra Hamas e Israele. «Sono preoccupato per i miei parrocchiani, ma non posso rientrare a Gaza. Tutte le strade sono chiuse». Intanto si apprende che l'esercito israeliano sta inviando messaggi agli abitanti di Gaza che risiedono in determinati quartieri chiedendo loro di abbandonare le abitazioni. Ma dove possono rifugiarsi? È lo stesso padre Gabriel a rispondere: «Israele invita la popolazione a sgomberare, ma mi chiedo dove dovrebbe andare tutta questa gente che vive in luoghi delimitati da muri e in quartieri strapieni di abitanti. La parrocchia ospita già 15 famiglie e non ha locali sufficienti per poter accogliere altri sfollati».

Nel frattempo, molti pellegrini hanno già rinunciato a raggiungere Israele. Le agenzie di viaggio stanno cancellando non poche prenotazioni.
 



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