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crisi politica

Francia nel caos, Macron si ritrova una piazza infuocata

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La caduta del primo ministro Bayrou è la prima crisi nella storia della Quinta repubblica francese. E Macron si troverà a gestire oggi un blocco totale tra le proteste di destra e sinistra. 

Esteri 10_09_2025

Lunedì 8 settembre il parlamento francese ha votato la sfiducia al governo, la sfida del primo ministro Francois Bayrou e soprattutto di Emmanuel Macron è stata vinta dai vincitori delle elezioni dello scorso anno ed i tatticismi del Presidente francese appaiono sempre più indigesti alla politica e all'opinione pubblica. Nonostante il possibile aggravamento della situazione economica ed il crescente debito pubblico, i legislatori hanno votato per estromettere il governo di minoranza in carica con 364 voti contro, 194 a favore e 15 astenuti. È la prima volta nella storia della Quinta Repubblica che a un Primo Ministro viene negato il voto di fiducia e viene quindi rovesciato da un voto dei parlamentari.

Il presidente Emmanuel Macron che voleva punire i francesi per la loro poca fiducia nei suoi confronti, imponendo loro sacrifici economici ed inviandone un parte in prima linea nelle trincee ucraine, sta affrontando ora le richieste dell'opposizione, sia di destra che di sinistra, di sciogliere il parlamento e dimettersi lui stesso. 

Nel frattempo ha nominato il suo fedelissimo Sébastien Lecornu al fune di consultare i partiti per «costruire gli accordi indispensabili per le decisioni dei prossimi mesi». Il successore di Bayrou avrà il difficile compito di far approvare il bilancio in un parlamento litigioso e profondamente diviso.

Ovviamente il superbo personaggio che siede all’Eliseo mai e poi mai si prenderà la responsabilità di aver ridotto il paese alla brutta copia della rinomata grandeur francese, tantomeno si rassegnerà all’uscita infame dalla politica, prima di vedersi assicurati un salvacondotto e un altrettanto comoda poltrona dorata per il proprio futuro. Macron dunque ha già assicurato che cercherà il suo quinto primo ministro in meno di due anni e lo nominerà nei prossimi giorni. 

A Bayrou va riconosciuto il merito di aver denunciato lo spreco di danaro pubblico dei governi dell’ultimo decennio e la realistica richiesta di dover affrontare un piano di 44 miliardi di euro di risparmi, tuttavia non si poteva chiedere al primo ministro di entusiasmare di speranza un Paese che non crede più in se stesso e sta sprofondando nella stagnazione.

La crisi è politica prima che finanziaria o economica, come abbiamo scritto più volte ed è stata causata dalla decisione arrogante di sciogliere l'Assemblea nazionale nel luglio 2024, quando il Presidente Macron ha dapprima negato la vittoria della destra sovranista di Le Pen e Bardella e poi tramato con le sinistre per accelerare la disintegrazione parlamentare, illudendosi che la sua tattica del divide et impera gli avrebbe restituito credibilità e prestigio assoluti. Una tattica ed una strategia totalmente fallimentari per sé e per il paese alla quale non rimane che una soluzione, così come prospettate dalle sinistre di Insoumise (LFI) e dalla destra del Rassemblement National (RN): dimissioni del Presidente della Repubblica, scioglimento del Parlamento, elezioni presidenziali e politiche. Lo stesso leader della coalizione di sinistra Jean-Luc Mélenchon anche ieri ha ribadito la richiesta di dimissioni di Macron, annunciato la presentazione di una mozione per mettere sotto accusa il capo dello Stato e respinto l'opzione di Olivier Faure, leader dei Socialisti, alla carica di primo ministro. 

Nel frattempo, a conferma delle incredibili coincidenze che sempre più caratterizzano le vicende giudiziarie e politiche d’oltralpe, proprio lunedì 8 settembre poche ore prima del voto di fiducia al premier Francois Bayrou, la Corte d'Appello di Parigi aveva fissato le date per l'udienza di appello sul caso degli assistenti parlamentari europei del Front National, dal prossimo 13 gennaio all'11 febbraio 2026. In primo grado, nel marzo scorso, il procedimento si era concluso con la condanna di Marine Le Pen, dichiarata ineleggibile per un periodo di cinque anni.

In ogni caso ed in attesa della manifestazione nazionale di “blocco totale” di oggi 10 settembre, una protesta condivisa dalla gran parte delle forze politiche popolari di destra e sinistra e dai sindacati di tutti i colori, già lunedì e martedì si sono svolte manifestazioni di esultanza e festeggiamenti in 200 città del paese, con fuochi d’artficio, coriandoli e cori di "Bye bye Bayrou" anche se, come riporta Le Figaro, tra la folla sempre più cresce la consapevolezza che «molti di noi sono stufi e non hanno più fiducia in Macron». Ebbene, l’inquilino pro tempore dell’Eliseo vorrà sacrificare per l’ennesima volta il bene comune del popolo e dell’intero paese sull’altare delle sue ambizioni spropositate o, almeno per una volta, saprà anteporre la “Republique” al suo mal posto egocentrismo, evitando tattiche grottesche e appelli a favore di improbabili traghettatori per rimanere in sella? Senza le dimissioni di Macron e nuove elezioni presidenziali e parlamentari urgenti e trasparenti, la Francia è destinata a finire nel baratro e la reazione dei francesi non sarà piacevole.