Faziosità, la causa oscura della crisi della stampa
Da dieci anni si assiste a un tracollo vertiginoso di tutti gli organi di informazione cartacea. Internet e declino demografico tra le cause, certo. Ma non bisogna dimenticare che uno dei motivi è che i giornali oggi sono estremamente di parte. E il pubblico se ne accorge.
Il giornalista Luca Conti, sul blog Pandemia.it, fa un’analisi impietosa della situazione dei giornali in Italia. Cominciamo col prestigioso Sole 24ore: una volta diffondeva tranquillamente 350mila copie al giorno, oggi è a 47mila. La Stampa ne faceva 200mila, oggi ha dimezzato. Altri interessati al calo a cifra doppia sono Il fatto quotidiano, La gazzetta dello sport, Il giornale, Italia oggi. Corriere della sera, meno 6%, meno 7,9% La repubblica. Tutti questi giornali, più Libero, Il manifesto, Il messaggero, Il resto del carlino, tutti insieme vendono 968mila copie. Meno di un milione su una popolazione di 66 milioni di abitanti. La perdita complessiva è oltre il dieci per cento l’anno, e continua.
«Facile prevedere una nuova ondata di calo della pubblicità, tagli alle pagine, cassa integrazione, licenziamenti, calo della qualità e nuovo calo delle vendite». Il digitale? I ricavi «sono molto lontani dal 50%». Ora, è vero che l’avvento di internet e gli stili di vita delle nuove generazioni molto influiscono su questi dati. E del pari vero che il suicidio demografico ci mette del suo. Ma ci sono anche altri motivi, motivi che, esposti dal sottoscritto, potrebbero essere presi con sufficienza perché si conosce il mio orientamento ideale.
Così, li ho presi dalla penna di Guglielmo Gandino, giornalista di lungo corso, che li ha elencati sul blog di Franco Abruzzo, Giornalisti per la Costituzione, nella newsletter del 4 luglio u.s. «Ma cali delle vendite dell'ordine del 50-70% nell'arco degli ultimi dieci anni sono dovuti anche alla ormai diffusa disaffezione per la carta stampata da parte di persone un po' di tutte le età, per la semplice ragione che molte testate sono diventate nel tempo spudoratamente di parte, al punto da manipolare l'informazione, vuoi sottolineando ossessivamente certe notizie, vuoi letteralmente omettendone altre».
Gandino salta volutamente il tema «immigrazione» per non appesantire il suo articolo: «Osservo solo che la posizione di certi giornali dovrebbe anche tenere in conto che una grande maggioranza di italiani si è democraticamente espressa nella recente consultazione per il rinnovo del parlamento europeo. Volere pervicacemente andare contro corrente, senza tenere minimamente conto della volontà popolare, mi sembra masochismo allo stato puro».
Ancora, poiché, data la crisi, l’ente pensionistico dei giornalisti italiani non sa più come fare, parliamo di pensioni: «Sono stati proprio i giornali gli inventori del termine "pensioni d'oro". Poi è iniziata una "gogna mediatica" programmatica, con sortite e statistiche di ogni tipo sempre con l'obiettivo di fare lo scoop». Certo, ci sono pensionati che hanno approfittano di norme inique varate da governi precedenti in tempi di vacche grasse. Ma quando è stato disposto il «contributo di solidarietà» sulle pensioni più alte, quale categoria, tra le altre, si è sottratta? «I giornalisti naturalmente».
Ebbene, «negli ultimi vent'anni tanti sono stati colpiti da blocchi parziali o totali della contingenza, con una perdita di potere d'acquisto delle pensioni di almeno il 20%. In compenso non si è mai intervenuti sulle pensioni "anomale" di certi ex-sindacalisti, né sui beneficiari della semi-dimenticata Legge Mosca, né sulle doppie pensioni dei parlamentari. Ed i giornali di queste cose hanno scritto pochissimo, quasi niente per essere sinceri».
Andiamo avanti. Colpisce l’atteggiamento disfattista nei confronti del governo attuale. «Ma è normale che ogni santo giorno si leggano pagine e pagine su veri o presunti litigi fra i due vice-premier? L'impressione del popolo è che i media parteggino per una crisi di governo con elezioni anticipate a breve. Ma se mai la crisi di governo ci dovesse essere, ricomincerebbero poi settimane di uscite ad effetto e di mezze menzogne, a sostegno di questo o quel movimento o partito».
Si tenga presente che i corrispondenti di testate estere si informano sui nostri media. Così, «se un ministro o un vice-ministro fa esternazioni fuori dalla righe, ecco che i media gridano allo scandalo perché questi fatti indeboliscono la fiducia degli investitori ed andranno ad incidere sullo spread. Poi nella realtà lo spread scende per settimane, come avviene ora, e allora non se ne scrive più». Morale: «L'informazione è utile ed apprezzata solo se è equilibrata. Altrimenti è disinformazione. Ed i lettori non sono degli sprovveduti». E se andasse (tornasse) al governo il Pd? Come diceva il comico Benigni, la satira, allora, stufa di essere antigovernativa, andrebbe contro l’opposizione.