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CASO OETTINGER

Dalla Germania arriva una (quasi) dichiarazione di guerra

Le polemiche suscitate dalle dichiarazioni rese martedì alla Deutsche Welle dal Commissario Ue al Bilancio, il tedesco Gunther Oettinger, dimostrano come i politici italiani non abbiano il patrimonio esclusivo delle dichiarazioni irresponsabili. E dimostrano come la Germania ci tratti da colonia.

Politica 31_05_2018
La bandiera europea sul Bundestag

Le polemiche suscitate dalle dichiarazioni rese martedì alla Deutsche Welle dal Commissario Ue al Bilancio, il tedesco Gunther Oettinger, dimostrano come i politici italiani non abbiano il patrimonio esclusivo delle dichiarazioni irresponsabili.

«Le mie preoccupazioni e le mie aspettative sono che le prossime settimane mostrino come i mercati, i titoli di Stato e l’economia italiana potrebbero subire un impatto così drastico da servire come segnale per gli elettori, perché non votino i populisti né di destra né di sinistra» ha detto Oettinger ma il suo intervento era stato sintetizzato in un tweet dal giornalista (anche lui tedesco) Bernd Thomas Riegert, che lo aveva intervistato con la frase: “I mercati insegneranno agli italiani a votare nel modo giusto”. Riegert si è poi scusato per la "la confusione e l’errore”, mentre a Bruxelles il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker ha inizialmente affidato al portavoce il compito di bollare come "sconsiderato" il commento del suo commissario. Poi ha dichiarato che "l'Italia merita rispetto" e l'Ue "è pronta a cooperare responsabilmente, nel rispetto reciproco", ha sottolineato in una nota, precisando che "le sorti del Paese non possono dipendere da eventuali ingiunzioni dei mercati finanziari". Il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ha esortato le istituzioni comunitarie a rispettare gli elettori affermando che «Siamo qui per servirli, non per fare loro la lezione». E lo stesso Oettinger, solo in tarda serata però, si è voluto scusare: «Rispetto pienamente la volontà degli elettori, siano essi di sinistra, destra o centro, in qualsiasi paese. Riferendomi agli sviluppi di mercato in Italia, non intendevo essere irrispettoso. Me ne scuso. L’Italia è un paese fondatore, gioca un ruolo importante nell’integrazione europea e spero che continuerà su questa strada». Sulla stessa linea - sottolinea l’Ansa - anche il presidente del Parlamento Ue, Antonio Tajani: "Non sono i mercati a decidere il destino della Repubblica, ma i cittadini con il loro libero voto e le istituzioni: chiedo a tutti di rispettare la volontà' degli italiani". "Saranno gli italiani a decidere il loro destino", gli ha fatto eco il responsabile economico Ue, Pierre Moscovici.

In Italia le reazioni hanno saldato un panorama politico frammentato come non mai dalla bagarre intorno al ruolo del Quirinale nella nascita di un nuovo governo. «Vi rendete conto del disprezzo della democrazia da parte di un signore eletto da nessuno che rappresenta la Germania di Angela Merkel? Dovrebbe dimettersi oggi pomeriggio» ha tuonato il leader della Lega Matteo Salvini. «Questa gente tratta l’Italia come una colonia estiva dove venire a passare le vacanze» ha aggiunto il leader del M5S Luigi Di Maio. Critiche anche dal presidente del Partito democratico Matteo Orfini e dal ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda mentre la capodelegazione del PD a Strasburgo, Patrizia Toia, ha invocato le dimissioni di Oettinger che peraltro non è nuovo a uscite del genere: solo qualche giorno fa si era spinto a definire nient'affatto improbabile una “Italexit”, osservando che in un'eventuale nuova euro-crisi il Paese non potrebbe essere salvato.

Nonostante le smentite, le frasi pronunciate da Oettinger rappresentano una vera e propria minaccia esplicita, un ricatto alla politica e all’elettorato italiani, quasi una “dichiarazione di guerra”. Di fatto il Commissario UE al Bilancio dice di auspicare che i mercati insegnino agli italiani non votare per i cosiddetti “populisti." E siccome i mercati hanno un nome e cognome e Oettinger è pure tedesco non è difficile ricordare quanto accadde nel 2011, quando la cancelliera Angela Merkel chiese al Quirinale di far cadere il governo Berlusconi (all’epoca ce lo spiegò nei dettagli e senza venire smentito il Wall Street Journal) e per sollecitare il “regime-change” (come direbbero gli Stati Uniti di uno “Stato canaglia”) portò alle stelle lo spread condannandoci al disastro economico impostoci dal governo Monti. Di fatto Oettinger anticipa che da qui alle prossine elezioni faremo i conti con le rappresaglie dell’Europa (si scrive Bruxelles ma si legge Berlino): se non impareremo a evitare i lacchè della Merkel e della Commissione Europea portando al governo i “gauleiter” imposti dalla Germania saranno “i mercati” pilotati dai nostri partner (si fa per dire) a trasformarci in una nuova Grecia.

Le frasi di Oettinger sono gravi e pericolose ma hanno pure qualche merito. Ci hanno chiarito per l’ennesima volta (ma ce n’era bisogno?) che la Ue è nemica dell’Italia e dei suoi interessi nazionali. E che la Germania, “azionista di maggioranza” dell’Unione e dell’Area Euro ci considera ancor meno di un land periferico, più o meno quanto il Secondo Reich teneva in considerazione la colonia del Tanganika. L’Italia è tollerata solo se obbedisce ai diktat della Germania, se continua a svendere le sue aziende e a subire tacendo le politiche comunitarie tese a impoverirla e a sottrarle sovranità.

Al di là di scuse, rettifiche e precisazioni di facciata, il monito del commissario tedesco ha raggiunto il suo obiettivo e a Roma sembrano tutti darsi da fare per trovare soluzioni di compromesso che non irritino troppo il Quarto Reich che si cela dietro la rassicurante bandiera blu con le stelline. Oettinger ha quindi messo in luce anche la pochezza endemica della nostra classe politica, tra le cui fila si contano tanti filo Usa, filo Ue, filo-Nato, filo-francesi, filo-tedeschi, anche filo-russi, ma pochissimi filo-italiani.