Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Venerdì Santo a cura di Ermes Dovico
DOTTRINA E STORIA

Cirillo e Metodio, modelli per ricucire l'Europa slava

Giovanni Paolo II, nella Slavorum apostoli, conferma il ruolo degli apostoli slavi Cirillo e Metodio che «recarono un contributo decisivo alla costruzione dell’Europa non solo nella comunione religiosa cristiana, ma anche ai fini della sua unione civile e culturale. Nemmeno oggi esiste un’altra via per superare le tensioni e riparare le rotture e gli antagonismi». Nemmeno oggi. 

Editoriali 16_04_2022

L’Europa, e quindi l’Occidente, nascono dalla civiltà cristiana. Ricondotti alla loro essenza essi sono la civiltà cristiana. Se è così, e intesa la cosa in questo senso “essenziale”, anche la Russia ne fa parte. Non è molto utile alla pace intendere la guerra in atto come una guerra dell’Occidente contro qualcosa di essenzialmente avverso a sé, né far coincidere l’Europa (e l’Occidente) con alleanze militari o con artificiose costruzioni sovra-statali. Se si vuole guardare le cose dall’alto, allora vale la pena recuperare il concetto ampio di Europa, dall’Atlantico agli Urali, che illuminerà anche le esigenze del diritto delle genti, non rispettate nell’attuale conflitto.

Nei primi anni Ottanta del secolo scorso, Giovanni Paolo II si era molto impegnato a presentarci le origini cristiane di questa Europa dilatata e capace di respirare a pieni polmoni. Lo aveva fatto soprattutto valorizzando pienamente l’opera missionaria di Cirillo e Metodio. Il 31 dicembre 1980 egli pubblicò la Lettera Apostolica Egregiae virtutis con cui proclamava Cirillo e Metodio co-patroni d’Europa, in continuità con (e a completamento di) Paolo VI che il 24 ottobre 1964, con la Lettera Apostolica Pacis Nuntius, aveva proclamato san Benedetto patrono d’Europa. L’Europa latina e l’Europa slava sono un’unica Europa nata dall’annuncio del Vangelo. 

Il 2 giugno 1985 Giovanni Paolo II pubblicò poi l’enciclica Slavorum apostoli con la quale completava la sua visione dell’unica Europa dall’Atlantico agli Urali. Questa enciclica richiamava espressamente l’enciclica Grande munus di Leone XIII del 30 settembre 1880 con cui venne esteso a tutta la Chiesa il culto dei due santi Cirillo e Metodio, apostoli degli Slavi. Essi non furono solo gli inviati tra i popoli slavi del Patriarcato di Costantinopoli, da cui dipendeva la loro città di origine, Salonicco (l’antica Tessalonica), non dovevano essere venerati nel culto solo in Oriente ma appartenevano all’unica Chiesa universale, apostolica e romana. L’unità della Chiesa e del suo Annuncio si proiettava sull’unità dell’Europa e la costituiva. Per questo Leone XIII aveva accostato Cirillo e Metodio a Agostino, il monaco evangelizzatore degli angli, Patrizio degli irlandesi, Bonifacio dei germani, Villibrodo dei frisi, dei batavi e dei belgi. A ciò si aggiunge l’accostamento a san Benedetto da parte di Giovanni Paolo II.

Leone XIII ci ricorda che Cirillo e soprattutto Metodio, data la morte precoce del primo, furono apostoli della Grande Moravia, dei croati, dei serbi, degli ungari, dei bulgari, dei dalmati, dei carinzi, dei boemi, dei polacchi, degli abitanti della galizia e “In seguito, secondo alcune testimonianze, recatosi nella Moscovia propriamente detta, [Metodio] fondò la sede apostolica di Kiev”. Secondo Leone XIII, quindi, l’apostolato missionario dei due santi pose le basi anche della futura Russia, dato che a seguito di questo annuncio fu poi possibile, nel 988, il battesimo di Vladimiro il Grande che iniziò la storia nazionale della Russia cristiana.

Giovanni Paolo II, nella Slavorum apostoli, conferma questa visione e la precisa. In particolare, essendo egli il primo pontefice slavo, ha cura di definire la dipendenza della sua Polonia dalla missione dei due Apostoli degli Slavi: “Il primo principe storico della Boemia, Borivoi, fu battezzato probabilmente secondo il rito slavo. Più tardi questo influsso raggiunse … i territori della Polonia meridionale … i primordi del cristianesimo in Polonia si collegano in qualche modo con l’opera dei Fratelli partiti dalla lontana Salonicco”. Anche Giovanni Paolo II collega l’opera dei due Tessalonicesi alla nascita della Russia: “Di qui il cristianesimo passò in altri territori, fino a raggiungere, attraverso la Romania, l’antica Rus’ d Kiev ed estendersi quindi da Mosca verso oriente”.

Giovanni Paolo II non ha dubbi: “La loro opera costituisce un contributo eminente per il formarsi delle comuni radici dell’Europa, quelle radici che per la loro solidità e vitalità configurano uno dei più solidi punti di riferimento, da cui non può prescindere ogni serio tentativo di ricomporre in modo nuovo e attuale l’unità del continente … Attuando il loro carisma, Cirillo e Metodio recarono un contributo decisivo alla costruzione dell’Europa non solo nella comunione religiosa cristiana, ma anche ai fini della sua unione civile e culturale. Nemmeno oggi esiste un’altra via per superare le tensioni e riparare le rotture e gli antagonismi”. Nemmeno oggi!

Sia Leone XIII che Giovanni Paolo II insegnano che l’annuncio del Vangelo è sempre anche fonte di civilizzazione. I popoli slavi, afferma il primo, “furono condotti a una convivenza umana e civile” e ricevettero “non solo il beneficio della fede, ma anche quello della civiltà”. Per il secondo “tutte le culture delle nazioni slave debbono il proprio inizio o il proprio sviluppo ai Fratelli di Salonicco. Questi, infatti, con la creazione, originale e geniale, di un alfabeto per la lingua slava, diedero un contributo fondamentale alla cultura e alla letteratura di tutte le Nazioni slave”. Fu una provvidenziale epopea di “inculturazione” derivante dalla “scelta generosa di identificarsi con la loro stessa vita e tradizione, dopo averle purificate ed illuminate con la rivelazione”.

Un’opera che ha il suo proprio inizio ancora più indietro, quando nella visione notturna che San Paolo ebbe a Troade nell’Asia Minore, un Macedone, quindi un abitante del continente europeo, lo implorò di recarsi in viaggio nel suo Paese per annunziarvi la Parola di Dio: “Passa in Macedonia e aiutaci” (At 16, 9).