Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Caterina da Siena a cura di Ermes Dovico
L'ANALISI

Cenerentola e grande esclusa: non è una Manovra di Famiglia

Ascolta la versione audio dell'articolo

Le misure in Manovra per famiglia e natalità (parola assente dalla bozza) sono scarse, in alcuni casi discriminatorie - come l'esclusione dei Btp dal calcolo Isee - e non strutturali. Assegno unico al palo e scippato. Mondo pro family deluso: «Manca il coraggio». 

Famiglia 28_10_2023

Anche Repubblica se n’è accorta: le misure per la Famiglia predisposte dal governo nella manovra finanziaria 2024 non sono misure strutturali. Il fatto è che con il secondo anno di governo ci si aspettava davvero quel Piano Marshall della Natalità auspicato dalle associazioni famigliari, che in queste ore, invece, devono mordersi il labbro per non esprimere tutta la loro delusione per una Manovra insufficiente di un governo che aveva chiamato “alle armi” sul tema denatalità prefissandosi un alto compito di rilancio.

Non è tanto il motto del Dio, Patria Famiglia che si infrange, queste sono ossessioni della Sinistra, ma il fatto che ad impossibilia nemo tenetur. E l’impossibile è nella mancanza di coraggio.

Per il 2023 si disse che non c’era stato il tempo e che le misure di sostegno alle famiglie erano assorbite dal finanziamento del Bonus Sociale per le bollette di gas e luce, i quali – si disse - erano comunque interventi ad aiuto delle famiglie (sì, ma di sostegno alla povertà, non di pianificazione famigliare). Quest’anno la colpa sono i vincoli di bilancio, il Superbonus conteggiato come debito, l'opposizione sul collo, così come l'Europa, i mercati e le società di rating... insomma, sempre qualcos’altro per rinviare sine die la promessa di una riforma vera.

E la delusione di chi lavora per i diritti delle famiglie è sottotraccia. «È come fare le nozze coi fichi secchi», commenta con la Bussola un esponente di quel mondo pro fam impegnato nel dialogo con Governo. I pochi interventi previsti sono stati fatti per mantenere agevolazioni già in essere, come il cuneo fiscale, mentre la riduzione delle aliquote è stata fatta per motivi elettorali, ma porta pochi spiccioli a quasi tutti. «Cosa vuole che le dica?», sospira; «Diciamo che è mancato il coraggio di rompere gli schemi».

Vediamo nel dettaglio quali sono le misure previste che si trovano tutte al Capo II Famiglia, pari opportunità e politiche di intervento. E che prevedono, almeno stando alle ultime bozze uscite finora:

Il potenziamento del Buono asilo nido fino a 40mila isee fino a 2100 euro: ma chi decide di fare un figlio perché l’asilo nido costa meno? Certo, è una misura di aiuto, ma non si può definire un architrave portante di una riforma. Anche l’allargamento dei congedi parentali: anche qui, in un progetto di vita, il poter confidare di godere di queste agevolazioni è decisivo? Ovviamente no. Colpisce la decontribuzione delle lavoratrici con figli, ma non si capisce perché solo per le lavoratrici a tempo indeterminato. Che dire alle madri a tempo determinato, che pure hanno figli? Perché questo trattamento di disparità?

A proposito di disparità, per non parlare di discriminazione beffa. La novità più discutibile della manovra sul comparto famiglia è una revisione dei criteri di compilazione dell’Isee che serve per accedere all’Assegno Unico e ad altri benefici di welfare per le famiglie.

Ebbene, con l’esclusione dei titoli di Stato dal calcolo Isee, il Governo mostra sicuramente di avere a cuore il risparmio degli italiani, anche in vista di una promozione di una sottoscrizione domestica dei Btp italiani.

Ma si tratta di una misura discutibile in quel contesto. L’Isee è uno strumento di calcolo del benessere famigliare per la determinazione di provvidenze legate al Welfare. È dunque lo strumento sbagliato per la definizione delle fasce di erogazione dell’Assegno Unico che dovrebbe diventare universale. E una riforma dell’Isee, più volte sbandierata anche da questo governo, in termini di giustizia redistributiva, non è mai stata attuata. Il principale scoglio è il conteggio della casa, che viene considerato come un bene a rendita e dunque pesa - e di molto - nel calcolo dell’Isee.

Ma la casa di proprietà è un bene che se si è in difficoltà economiche non si può vendere facilmente. Invece un titolo di Stato, che è una rendita di mercato, si può vendere se la famiglia ha bisogno di liquidi per far fronte alle proprie necessità.

Ebbene, per quale motivo non si è tenuto conto di escludere la casa dal calcolo dell’Isee e invece si sono esclusi dei buoni del tesoro, che rappresentano una disponibilità patrimoniale immediata per una famiglia in caso di bisogno? L’Isee serve per fotografare il grado di povertà di una famiglia, non la sua propensione all’investimento.

Purtroppo, il ministro della Famiglia Eugenia Roccella non ha ancora spiegato quale sia la ratio di questa decisione che ha come primo effetto quello di discriminare famiglie che hanno meno rispetto a famiglie che hanno decisamente di più. Con questa decisione, potrebbe accadere, ad esempio, che una famiglia che ha casa di proprietà - che pesa sull’Isee - ma non ha titoli di investimento in banca, si trovi ad essere nella stessa fascia Isee di una famiglia con stesso reddito, casa di proprietà, ma possesso di titoli di Stato, che contribuirebbero ad abbassare la sua posizione. Una discriminazione.

Colpisce che in tutte le bozze che stanno circolando, la parola natalità non compaia mai e nemmeno la parola denatalità, così come interventi a correzione dell’inverno demografico. E anche questo è segno che qualche cosa è stato perso per strada rispetto ai proclami di inizio governo.

Assente la promessa di aumento dell’Assegno Unico, che pure era nel dibattito almeno fino a quest’estate, così come i correttivi a favore dei figli maggiorenni studenti, trattati peggio degli altri, ma pur sempre a carico dei genitori. E che il clima non fosse dei migliori lo si era capito qualche giorno prima quando era stata fatto trapelare che i 350 milioni di euro originariamente previsti per l’assegno unico universale, che alla data del 30 settembre non erano stati ancora spesi, sarebbero stati dirottati su altri capitoli di spesa. Uno scippo di cui si era lamentato il presidente del Forum Famiglie Adriano Bordignon

Assente ogni tipo di applicazione in chiave famigliare della riforma fiscale che darà poco soprattutto ai ceti meno abbienti, lasciando fuori inspiegabilmente le famiglie con reddito pari a 50mila euro lordi all’anno, che è una buona fetta di famiglie numerose italiane, le quali non potrebbero sopravvivere al di sotto di quelle soglie di reddito e che non possono certo essere definite ricche.

Assente una pianificazione famigliare di sistema che sostenga le famiglie in formazione, come suggerito dal demografo Alessandro Rosina ieri sulla Stampa o per le famiglie in essere, soprattutto quelle numerose di fronte al loro contributo esercitato con le loro tasse per il sostegno della finanza pubblica rispetto ad un trattamento fiscale che è ancora iniquo.

Nel frattempo, però, il Governo non rinuncia a fare passerella e a continuare a promettere una rivoluzione. Il 31 ottobre, ad esempio, il ministro della Famiglia e altri esponenti dell'esecutivo (Durigon) e del Parlamento (Mulè, Brambilla, De Bertoldi) parteciperanno al convegno organizzato dal Forum delle Famiglie che è stato intitolato così: “Dal costo del figlio al valore sociale ed economico della natalità”, che si svolgerà alla Camera.

Quasi una beffa, se si pensa ch­­­e il tema del costo del figlio che è centrale nelle politiche nataliste non solo non è entrato nella Manovra, ma non è mai nemmeno stato affrontato seriamente. Eppure se ne parla. Ma a che fine?

Il tutto mentre ieri l’Istat ha celebrato l’ennesimo funerale della Natalità italiana: siamo scesi a 1,22 figli per donna nel 2023, a sua volta una flessione rispetto al 2022 (1,24) che a sua volta era in flessione rispetto al 2021 (1,25). Abbondantemente al di sotto dei 400mila nati all’anno.

Così la famiglia torna ad essere una figlia di un dio minore, sacrificabile sull’altare di esigenze altre. Nel frastuono di campagne mediatiche strumentali e distraenti, come la prosopopea sui casi Esselunga e Giambruno, usati per rivendicazioni politiche dalle scarse ricadute. Complice l'Autunno ormai entrato nel vivo, la freschezza della pesca ha lasciato il posto alla zucca di Cenerentola. Piuttosto vuota.