Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Zita a cura di Ermes Dovico
INTERVISTA

Burke: «Eucaristia cibo dei peccatori, ma solo se sono pentiti»

Ascolta la versione audio dell'articolo

La Chiesa ha il dovere di rifiutare la Comunione quando c’è un peccato grave e manifesto per cui il fedele è già stato ammonito, non solo l’aborto. Parla il cardinale americano, autore del libro su questo tema appena uscito negli Stati Uniti.
- FUOCO AMICO SUL CARD. WOELKI, TROPPO POCO SINODALE, di N. Spuntoni

Ecclesia 20_06_2023 English Español
Il cardinale Burke

Respecting the Body and Blood of the Lord. When Holy Communion should be denied, è il titolo del nuovo libro scritto dal Cardinale Raymond Burke, sul tema caldo del dovere di rifiutare la Santa Comunione nelle situazioni previste dal Diritto Canonico (can. 915). Il testo mostra i solidi, universali e ininterrotti insegnamenti della Tradizione della Chiesa in materia; insegnamenti che hanno sempre avuto di mira la difesa del Corpo di Cristo nel Sacramento dal sacrilegio e del Corpo mistico dallo scandalo. In questa intervista concessa alla Bussola, il cardinale Burke spiega alcuni dei temi trattati nel libro.

In una sua pubblicazione del 1978 (ora presente nell’Opera Omnia, vol. II, con il titolo Eucaristia – Cuore della Chiesa), J. Ratzinger chiariva che l’Eucaristia non è il sacramento della riconciliazione, ma dei riconciliati. E così spiegava il monito di San Paolo di “discernere” il Corpo del Signore (1 Cor. 11, 29). Oggi però domina l’idea che l’Eucaristia sia il cibo dei peccatori, indistintamente.
Come spiega San Tommaso, la Santa Eucaristia è lo stesso nostro Signore Gesù Cristo, “tutto il bene della nostra salvezza”. Per ricevere degnamente la Santa Comunione, dobbiamo riconoscere la realtà a cui ci stiamo accostando e, nello stesso tempo, riconoscere la nostra stessa indegnità di accostarci a un mistero così grande. In altre parole, dobbiamo riconciliarci con Dio attraverso il dolore per i nostri peccati, la confessione dei nostri peccati e l'impegno nella riparazione dell'offesa che i nostri peccati danno a Dio e del danno che causano agli altri. Sì, la Santa Eucaristia è il cibo dei peccatori, ma dei peccatori che si sono pentiti, si sono riconciliati e riparano. Se ci ribelliamo apertamente e in modo impenitente contro la legge di Dio, scritta nel cuore umano e proclamata nell'insegnamento della Chiesa, allora chiaramente non siamo disposti a ricevere Nostro Signore nella Santa Comunione. Solo quando abbiamo desistito dalla nostra ribellione, abbiamo cercato la riconciliazione e ci siamo impegnati nella riparazione, siamo ben disposti a ricevere la Santa Comunione.

Riguardo al dovere di rifiutare l’Eucaristia in certi casi previsti dal CIC, c’è molta confusione. Anzitutto, alcuni sostengono che ciò non sia possibile, perché non spetterebbe al ministro dell’Eucaristia giudicare la coscienza di chi si accosta per ricevere la Comunione.
Nell'atto di ricevere la Santa Comunione, ci sono due responsabili: colui che riceve la Santa Comunione e il ministro della Santa Comunione. Entrambi devono aver cura che il Corpo di Cristo sia pienamente rispettato, che non si commetta peccato contro il Santissimo Sacramento e che non si dia scandalo ai fedeli in una questione così fondamentale e centrale per la fede. Il can. 915 tratta la responsabilità del ministro della Santa Comunione, che non può dare la Santa Comunione a persone scomunicate o sotto interdetto o a chi persiste nel peccato grave e manifesto, dopo essere stato ammonito a non avvicinarsi a ricevere la Santa Comunione finché rimane in tale peccato. Una volta che la persona è stata ammonita, non si tratta più di un possibile falso giudizio della sua coscienza, come sarebbe il caso di una persona che riceve la Santa Comunione in stato di peccato mortale, senza rendersi conto di essere in stato di grave peccato, perché la sua coscienza è stata debitamente informata circa la sua condizione di grave peccato. Il can. 916 tratta poi della responsabilità del ricevente di assicurarsi di essere ben disposto prima di avvicinarsi per ricevere la Santa Comunione.

Un altro problema è quello di evitare lo scandalo. Si ritiene che questo problema non sussista, perché i fedeli accettano senza problemi che la Comunione venga data a tutti, e, al contrario, si scandalizzerebbero dell’opposto. Che cosa intende la Chiesa per “scandalo”?
Quando induciamo qualcuno in errore o nel peccato con un'azione, diamo scandalo, sia che la persona che è stata indotta in errore o peccato lo riconosca o no. Lo scandalo è una realtà oggettiva, cioè non dipende da sentimenti o emozioni soggettivi. Per esempio, una persona che sostiene il “diritto” all'aborto procurato viene confermata nel suo grave errore dai legislatori cattolici che cercano di garantire l'esercizio del cosiddetto diritto per legge. Alcuni anni fa, verso la fine del pontificato di Papa San Giovanni Paolo II, un alto funzionario governativo non cattolico mi chiese se un nuovo Papa potesse cambiare l'insegnamento della Chiesa sull'aborto. Ho spiegato che il Papa non può cambiare i precetti della legge naturale e ho chiesto che cosa avesse suscitato la sua domanda. Ha risposto che conosceva un gran numero di membri cattolici di quella legislatura che sostengono regolarmente leggi per rendere l'aborto procurato più accessibile alla popolazione e aveva quindi concluso che l'insegnamento della Chiesa sull'aborto non doveva essere realmente stabile. I legislatori cattolici in questione avevano scandalizzato il legislatore acattolico, facendogli ritenere che la legge morale circa il male intrinseco dell'aborto procurato non sia definitiva.

Nel memorandum del Card. Ratzinger al Card. McCarrick (2004), l’allora Prefetto della CDF definiva la pratica di negare la Comunione ai peccatori notori “perenne insegnamento della Chiesa”. E lo è, come lei mostra nel suo libro. Ma per lo più si ritiene che si tratti di una mera disciplina ecclesiastica, che la Chiesa può scegliere di cambiare. Che cosa ne pensa?
Il can. 915 è un'articolazione dell'immutato e immutabile insegnamento della Chiesa sulla Santa Eucaristia, sul peccato mortale e sullo scandalo. Non si tratta di una pratica disciplinare, ma di vivere la verità della fede. Pertanto, è falso affermare che la negazione della Santa Comunione a una persona che persiste in peccato grave manifesto sia l'imposizione di una pena. Non lo è. È semplicemente il riconoscimento della verità sulla Santa Eucaristia e sul peccato grave. Se la negazione dell'Eucaristia a una persona in peccato grave manifesto fosse una mera pratica disciplinare, sarebbe soggetta a cambiamento; ma, di fatto, non può cambiare, come dimostra il costante insegnamento della Chiesa in materia.

Quando si pensa a questo tema, il riferimento è ai politici favorevoli all’aborto. In realtà, qual è l’estensione del can. 915?
Il can. 915 si estende a chiunque persista nel peccato grave e manifesto. Ad esempio, anche a chi persiste nell'adulterio manifesto o nella frode manifesta o in altre forme di manifesta attività criminosa o ingiusta, deve essere negata la Santa Comunione, dopo essere stato debitamente ammonito.

Chi ha la responsabilità di negare la Comunione a norma del can. 915? E chi ha il dovere di ammonire?
È il ministro della Santa Comunione ad avere la responsabilità di negare la Santa Comunione. L'ammonizione, invece, spetta al parroco dell'anima in questione, al parroco o al Vescovo diocesano. Normalmente è il parroco che ammonisce il fedele in peccato grave manifesto, affinché non commetta sacrilegio e non dia grave scandalo.

Secondo la legislazione della Chiesa, un vescovo può disporre che sia rifiutata, nel territorio della propria diocesi, la Santa Comunione per altre ragioni, che non siano previste dal can. 915?
La Santa Comunione può essere negata solo a coloro che sono sotto la sanzione della scomunica e dell’interdetto o che persistono in peccato grave manifesto. Al di fuori di queste due situazioni, la Santa Comunione non può essere negata ad alcuna persona che si avvicini e dimostri la giusta disposizione a ricevere la Santa Comunione, cioè mostri i consueti segni di riconoscimento del Corpo di Cristo e di dovuta riverenza. Ad esempio, se qualcuno si avvicina per ricevere la Santa Comunione in un modo che mette in discussione la sua fede eucaristica, allora il ministro della Santa Comunione può giustamente negare il Sacramento, fino a quando la questione non sia chiarita. Nella mia esperienza, è capitato che qualcuno si presentasse per la S. Comunione senza mostrare i consueti segni di riverenza. Quando ho chiesto alla persona se fosse cattolica, ha risposto che non era cattolica e voleva solo fare quello che facevano gli altri. In quel caso, le ho dato una benedizione, ma chiaramente non potevo darle la Santa Comunione.

 

Dello stesso autore, Luisella Scrosati, ti consigliamo:  
“Vi dichiaro celibi e casti” , facente parte della nostra collana SAPERE PER CAPIRE