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Ideologia vs realismo

Biodiversità, gli svizzeri bocciano il referendum

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Il 63% degli elettori svizzeri ha respinto una proposta referendaria, promossa dagli ambientalisti, che intendeva ampliare la tutela della biodiversità. Nuove regole che avrebbero messo in pericolo la sicurezza alimentare, il turismo e anche le energie rinnovabili.

Creato 24_09_2024
Il ministro svizzero per l'Ambiente, Albert Rösti (dpa via Ap via LaPresse)

Gli elettori svizzeri, dando un’altra prova di realismo, hanno respinto la proposta referendaria sull’ampliamento delle misure a tutela della biodiversità. A metà giugno scorso era stato il governo elvetico ad opporsi al bullismo ambientalista della Corte europea. Stavolta è stata un’ampia maggioranza popolare a mostrare un sano realismo e opporsi alle follie ambientaliste. Il piano mirava ad espandere la protezione degli ecosistemi in via di estinzione, aumentare le aree protette e limitare lo sfruttamento agricolo dei territori: un piano sconfitto dal referendum di domenica.

La Svizzera non deve fare di più per proteggere la biodiversità e la natura, questa è la principale conclusione della votazione nazionale di domenica, che ha visto circa il 63% degli elettori respingere un'iniziativa sulla biodiversità lanciata da gruppi per la protezione della natura e dell'ambiente, scienziati ambientalisti e sostenuta dai partiti verdi e socialisti.  La minaccia per la biodiversità in Svizzera è riconosciuta da tutte le parti ma c'è anche bisogno di soluzioni meno ideologiche che raccolgano il sostegno della maggioranza, ciò che invece l'iniziativa rosso-verde non ha offerto.

Dopo l'iniziativa per il divieto dei pesticidi e quella per l'acqua potabile nel 2021, l'iniziativa per la biodiversità è la terza proposta ambientalista che è respinta dal popolo svizzero. Gli agricoltori hanno avvertito la popolazione che l'iniziativa avrebbe messo in pericolo la sicurezza alimentare e i funzionari dell'industria energetica hanno sostenuto che la proposta avrebbe minacciato l'espansione delle energie rinnovabili in Svizzera.

Nel corso della campagna, i sostenitori dell'iniziativa non sono stati in grado di dissipare questi timori ed è emerso un evidente divario tra le persone nelle aree rurali e urbane. Il testo è stato respinto dalla maggioranza dei cantoni, con un'alta percentuale di "no" nelle regioni rurali come il Vallese (73,9%), l'Appenzello Interno Rodi (74,6%), Nidvaldo (75,8%) e Svitto (76,6%). Gli elettori dei cantoni di Ginevra (51,2%) e Basilea Città (57,7%) e di diverse città, tra cui Losanna (60%) e Lucerna (53%), hanno sostenuto invece le nuove norme.

Dopo il "no" all'iniziativa sulla biodiversità di domenica 22 settembre, il ministro svizzero dell'ambiente Albert Rösti chiede un approccio prudente e misurato a favore di un ambiente naturale diversificato e intatto. Domenica il ministro Rösti ha dichiarato ai mass media che gli elettori sostengono la protezione della natura e del paesaggio, ma sono contrari all'introduzione di regole più severe. L'inasprimento delle norme avrebbe ostacolato l'agricoltura, lo sviluppo degli insediamenti, l'espansione delle energie rinnovabili e il turismo. Anche la Confederazione si preoccupa della protezione della natura e della biodiversità, tant’è che il ministro Rösti ha assicurato che i circa 600 milioni di franchi svizzeri (705 milioni di dollari) che il governo spende ogni anno per tutelarla continueranno ad essere utilizzati, nonostante i programmi di austerità di bilancio necessari al Paese.

La Confederazione continuerà a basare la propria politica in materia sulla Strategia Biodiversità Svizzera, adottata nel 2012. Un programma di interventi originati dal Summit della Terra, tenutosi a Rio de Janeiro nel 1992. In quell’occasione, la Svizzera aveva firmato la “Convenzione internazionale sulla diversità biologica”, un documento che obbliga i Paesi a sviluppare un programma nazionale sulla biodiversità e la cui prossima e sedicesima Conferenza si terrà a Bogotà, in Colombia, dal 21 ottobre all’1 novembre prossimi.

La strategia svizzera è stata successivamente concretizzata in un piano d’azione che prevede 26 misure concrete, adottato dal Consiglio federale nel 2017: tra esse la conservazione delle specie e degli ambienti naturali e «la sensibilizzazione delle istanze decisionali e della popolazione sull’importanza della biodiversità come base di vita», scrive l’Ufficio federale dell’ambiente. Vale la pena invece ricordare che nell’Unione europea gli ecosistemi degradati saranno ripristinati con l'entrata in vigore della legge sul “ripristino della natura”, la normativa in vigore dallo scorso 18 agosto che obbliga un recupero continuo e duraturo della natura in tutta la terra e il mare; gli Stati membri metteranno in atto misure di ripristino in almeno il 20% delle aree terrestri e marine dell'Ue entro il 2030.

Entro il 2050 tali misure dovrebbero essere in vigore per tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino, tra cui il ripristino di almeno 25.000 chilometri di fiumi in fiumi a flusso libero: immaginate quante inondazioni subiranno i cittadini europei, dalla Polonia all’Ungheria, dal Belgio all’Italia? Proprio in questi giorni al Parlamento europeo si acuiscono le spaccature, sulla cruciale normativa che riguarda l’obbligo di “impedire nuove deforestazioni” tra i realisti popolari, conservatori e sovranisti da un lato e gli ideologizzati ambientalisti, socialisti e verdi dall’altro. Perché non seguire l’esempio svizzero e far decidere al popolo invece di inseguire le chimere verdi?



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