Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Pio da Pietrelcina a cura di Ermes Dovico
sloane avenue

Appello per Becciu, ma i media vaticani bypassano i giudici

Ascolta la versione audio dell'articolo

Dichiarata ammissibile l'istanza della ricusazione presentata dalla difesa del porporato e degli altri imputati. Ieri la prima udienza, tra le anomalie giudiziarie e comunicative ereditate dal pontificato precedente.

Ecclesia 23_09_2025
Foto Fabio Cimaglia / LaPresse 06-11-2018

Qualcosa è cambiato in Vaticano. Il processo di appello per la gestione dei fondi della Segreteria di Stato si apre molto diversamente da come si era concluso quello di primo grado. La corte d'appello ha infatti dichiarato ammissibile l'istanza della ricusazione presentata dalla difesa del cardinale Angelo Becciu e dagli altri imputati Fabrizio Tirabassi, Raffaele Mincione, Enrico Crasso contro il promotore di giustizia Alessandro Diddi. L'avvocato romano, che ha guidato l'accusa nel processo di primo grado, è sembrato subire il colpo in aula ma ha reagito dicendo di avere «finalmente (...) la possibilità» di difendersi da «una serie di illazioni».

Nell'istanza di ricusazione sono finite inevitabilmente le ormai famose chat di Genoveffa Ciferri, amica di quel monsignor Alberto Perlasca che è stato il grande accusatore di Becciu ed attualmente ricopre ancora il ruolo di promotore di giustizia sostituto alla Segnatura Apostolica pur essendo stato dichiarato nella sentenza di primo grado sui fondi della Segreteria di Stato autore di testimonianze «prive di autonoma rilevanza probatoria». La notte del 26 novembre 2022 Ciferri tempestò con 126 messaggi il telefono di Diddi dopo la poco brillante prestazione di Perlasca interrogato nel controesame. Pochi giorni dopo il promotore di giustizia depositò solo 8 di quei messaggi coprendo con omissis gli oltre cento restanti. Le difese avevano più volte chiesto di togliere gli omissis nel processo di primo grado ma le richieste erano state rigettate dal presidente del tribunale di prima istanza Giuseppe Pignatone. 

Tutta la messagistica di Ciferri sulla vicenda, comprese le chat con Francesca Immacolata Chaouqui all'origine del cosiddetto memoriale di Perlasca contro Becciu, sono state depositate all'Onu dai legali di Mincione a cui sono state date dalla diretta interessata. Le conversazioni hanno gettato gravi ombre sull'andamento delle indagini e del processo di primo grado e lo scorso giugno hanno portato all'apertura di un'indagine ad hoc da parte dello stesso ufficio del promotore di giustizia in cui è finita indagata Chaouqui con l'accusa di traffico d'influenze, falsa testimonianza in dibattimento e subornazione. Le chat sono state protagoniste anche nella prima udienza di ieri del processo d'appello con l'istanza di ricusazione ritenuta ammissibile dalla corte.

Oggi l'udienza riprende sulle questioni preliminari, intanto Diddi avrà due giorni per fare le sue deduzioni e valutare se fare di sua iniziativa un passo indietro che eviterebbe alla Corte di Cassazione dello Stato della Città del Vaticano formata dai cardinali Matteo Maria Zuppi, Augusto Paolo Lojudice, Mauro Gambetti e Kevin Joseph Farrell di doversi pronunciare sulla ricusazione. La sua partecipazione all'appello come promotore di giustizia, peraltro, è stata resa possibile da uno dei tanti interventi a gamba tesa fatti da Francesco in materia giudiziaria. L'8 febbraio 2021 il Papa argentino promulgò un motu proprio che in un comma cambiò quanto da lui stesso deciso solamente un anno prima e stabilì l'esercizio dell'ufficio del promotore di giustizia in tutti e tre i gradi di giudizio. Una novità che Geraldina Boni, Manuel Ganarin e Alberto Tomer nel loro volume Il processo Becciu. Un’ analisi critica (Marietti 1820, Bologna 2025) hanno commentato osservando come in questo modo «l’impianto accusatorio rischia di essere pedissequamente omologato e appiattito alla tesi sostenuta in prima istanza dal promotore di giustizia, con evidente pregiudizio – potenziale o effettivo – degli imputati».
Alla Nuova Bussola la professoressa Boni, ordinario di diritto canonico, di diritto ecclesiastico e di storia del diritto canonico dell'Università di Bologna, ha detto di ritenere «senz’altro opportuno che la corte d’appello vaticana possa valutare le ripercussioni che i rescritti concessi da Papa Francesco nel 2019-2020 al promotore di giustizia hanno avuto sull’itinerario processuale».

Per la docente «la corte d’appello potrebbe confutare le argomentazioni addotte dal tribunale vaticano di prima istanza, secondo cui gli imputati sarebbero stati comunque garantiti dal contraddittorio che si è svolto in aula durante il dibattimento» perché «non è plausibilmente sostenibile la tesi per la quale questa fase potrebbe in qualche modo “sanare” le anomalie che si sono verificate nella precedente fase investigativa: e ciò in quanto sono state direttamente vulnerate una serie di istanze che si innestano nel diritto divino e che, perciò, non tollerano alcuna violazione anche nell’ipotesi in cui si sia goduto del supporto del Papa: il quale è stato indotto ad avvalersi in modo arbitrario delle proprie prerogative di governo». Si vedrà come questa brutta storia, che molti in Vaticano oggi vorrebbero chiudere al più presto e che sostengono sarebbe stato meglio non aprire, andrà a finire sul fronte giudiziario.

Chi è chiamato a raccontarla dai media ufficiali, intanto, dà prova di voler ostinatamente insistere su una narrazione partigiana già costata diverse brutte figure. A questo proposito resta indimenticabile l'editoriale di Andrea Tornielli dal titolo Processo giusto e trasparenza pubblicato su Vatican News per difendere a spada tratta la sentenza di primo grado. Era il 30 ottobre 2024 e la tesi della «trasparenza» è stata smentita apertamente dallo stesso ufficio del promotore di giustizia vaticano che ha aperto la già citata indagine per subornazione, falsa testimonianza e traffico di influente in riferimento a fatti che sarebbero avvenuti proprio in relazione a quell'indagine e quel processo di primo grado. All'epoca il direttore editoriale del Dicastero per la comunicazione si spinse al punto di provare a confutare in prima persona le tesi legittimamente sostenute dalle difese degli imputati ed impartire la morale al cardinale imputato. Un po' troppo persino per Francesco che autorizzò (lui in persona, non Tornielli) la pubblicazione di una controreplica di Becciu dal titolo Il diritto alla difesa su Vatican News.

Le cose però non sono cambiate da quelle parti e domenica sul portale ancora diretto a livello editoriale da Tornielli è uscito un articolo a firma di Salvatore Cernuzio che presentava l'inizio del processo d'appello a suon di giudizi ed amnesie. L'autore cerca di ridimensionare vistosamente il peso delle chat Ciferri-Chaouqui. Si limita a dire, ad esempio, che «alcune difese hanno asserito che le due donne hanno condizionato il monsignore nelle sue scelte e nelle sue dichiarazioni» dimenticando come lo stesso promotore di giustizia Diddi abbia sostenuto nell'udienza del 1 dicembre 2022: «le chat spiegano chiaramente che alla Ciferri le domande sono arrivate dalla Chaouqui» in riferimento al famoso memoriale di Perlasca. Cernuzio scrive che «le dichiarazioni di Perlasca secondo una comune narrativa, avrebbero dato il via alle indagini concluse col rinvio a giudizio».

Il giornalista di Vatican News attribuisce alla «comune narrativa» quanto invece si ritrova negli atti: prima del memoriale del 31 agosto 2020 mai era emerso il nome di Becciu nell'indagine e nell'interrogatorio del 29 aprile 2020 monsignor Perlasca aveva escluso responsabilità del suo ex superiore. Cernuzio dalle colonne di un portale ufficiale – che dovrebbe essere imparziale specialmente a ridosso dell'apertura del processo d'appello – bolla come «toni che sembrano anche richiamare vendette personali» quelli di chi ha sostenuto l'ipotesi di condizionamenti sull'indagine e sul processo di primo grado testimoniati dalle chat. La tesi, ricordiamo, sostenuta dalle difese di alcuni degli imputati e finita nell'istanza di ricusazione ritenuta ammissibile ieri dalla corte. Cernuzio poi "ruba" il posto ai giudici e conclude che «tale materiale non ha influito nella formulazione del verdetto». A che servono i successivi gradi di giudizio? Non basta quello del giornalista?

Sembra davvero incredibile leggere simili "sentenze" su un organo ufficiale della Santa Sede. Eppure è tutto vero. Il solerte Cernuzio, però, nella ricostruzione fatta sulla «questione chat» appare un po' distratto e si dimentica di menzionare l'apertura dell'indagine vaticana dello scorso giugno con capi d'imputazione inerenti proprio ai fatti di quelle conversazioni. L'ennesima brutta pagina per la comunicazione vaticana che Leone XIV ha dovuto ereditare dalla stagione bergogliana. 



VATICANO

Ecco cosa non quadra del caso Becciu, in attesa dell'Appello

14_08_2025 Nico Spuntoni

Si riapre, con l'Appello al processo Becciu, una delle pagine più nere della giustizia vaticana. Il memoriale di monsignor Alberto Perlasca, che portò all'accusa di monsignor Angelo Becciu, fu un'imbeccata di Francesca Immacolata Chaouqui?

VATICANO

Chi ha incastrato Angelo Becciu? Indagata Francesca Immacolata Chaouqui

07_06_2025 Nico Spuntoni

Indagata Francesca Immacolata Chaouqui ex membro della commissione vaticana Cosea: accusata di aver subornato il testimone monsignor Alberto Perlasca a dire il falso nel processo che ha visto la condanna del cardinale Angelo Becciu. Una vicenda che rischia di diventare una macchia nella memoria del pontificato bergogliano (e della comunicazione vaticana).

vaso di pandora

Caso Becciu, gli omissis svelati gettano ombre sull'indagine

15_04_2025 Nico Spuntoni

Rese pubbliche le chat inviate da Genoveffa Ciferri, amica del grande accusatore mons. Perlasca, a Francesca Chaouqui e al promotore di giustizia Diddi. Rivelazioni che sollevano grossi dubbi sul processo al porporato sardo e sul divieto di ingresso in conclave.

palazzo di londra

Sloane Avenue, Becciu ribatte a Tornielli dai media vaticani

13_11_2024 Nico Spuntoni

Il cardinale rispedisce al mittente la "morale" sul processo che lo ha coinvolto e abbatte – sugli stessi organi della Santa Sede! – un totem della narrativa sull’attuale pontificato: l’efficacia delle riforme finanziarie.