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LA SENTENZA

Adozioni ai gay: ora si gioca la carta best interest

L’adozione risponde «pienamente al superiore interesse della minore consentendole di godere della continuità affettiva, educativa ed emotiva di una famiglia solida e stabile, nella quale la stessa ha potuto costruire la propria identità». Lo strappo del Tribunale dei minori di Bologna su un caso di due lesbiche di Parma che chiedevano il doppio cognome. Queste decisioni contra legem non fanno altro che preparare il terreno al matrimonio "omo" vero e proprio. Ecco perché. 
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Famiglia 06_09_2022

Storia di relazioni saffiche, ovociti e doppi cognomi. Lei e lei si frequentano e nel 2018 si uniscono civilmente. Poco dopo nasce una bambina avuta tramite fecondazione artificiale eterologa. La coppia vorrebbe registrare la bambina con il doppio cognome, quello della madre biologica e quello della compagna. L’allora sindaco di Parma Federico Pizzarotti acconsente alla richiesta. La Procura impugna la decisione del primo cittadino e dopo due anni viene cancellato dai registri anagrafici il cognome della compagna, questo perché, correttamente, la compagna non poteva vantare sulla bambina nessun rapporto genitoriale.

L’escamotage è stato però trovato con la stepchild adoption, ossia la possibilità, ormai usuale tra coppie gay, di adottare il figlio  del compagno. Un paio di giorni fa la richiesta della stepchild è stata accolta dal Tribunale per i minorenni di Bologna il quale ha poi permesso che la bambina aggiungesse al cognome della madre biologica il cognome della compagna, proprio perché quest’ultima ormai, dal punto di vista legale, compariva come genitore adottante. Medesima decisione ha riguardato altre due coppie gay.

L’adozione risponde «pienamente al superiore interesse della minore - scrive il Tribunale nella sentenza - consentendole di godere della continuità affettiva, educativa ed emotiva di una famiglia solida e stabile, nella quale la stessa ha potuto costruire la propria identità». Poi si aggiunge: «La relazione affettiva tra due persone dello stesso sesso che si riconoscano come parti di un medesimo progetto di vita costituisce a tutti gli effetti una 'famiglia' luogo in cui è possibile la crescita di un minore, senza che il mero fattore 'omoaffettività' possa costituire un ostacolo formale».

Queste motivazioni sono le solite usate dai giudici per permettere la stepchild adoption alle coppie gay: l’interesse del minore e la continuità affettiva che crea famiglia. Ma la famiglia, secondo Costituzione, nasce dal matrimonio, non dalla mera stabilità di affetti. I giudici vanno oltre il portato normativo non solo quando credono che basti una relazione affettiva per costituire una famiglia, ma anche quando si inventano l’omogenitorialità che è invece contraria all’ordine pubblico perché  per il nostro ordinamento i due genitori non possono che essere eterosessuali, dato che un bambino per crescere ha bisogno di un padre e di una madre. Infatti, tra gli altri esempi, la legge 40 sulla fecondazione artificiale vieta che vi possano accedere coppie omosessuali. Però per i giudici l’omoaffettività non costituisce ostacolo formale.

Ma la legge sulle Unioni civili inserì un pertugio per l’omogenitorialità quando, al comma 20 dell’art. 1, escluse sì l’omogenitorialità a favore degli uniti civilmente, aggiungendo però questo periodo: “Resta fermo  quanto  previsto  e  consentito  in materia di adozione dalle norme vigenti”. I giudici negli anni, abusando di quella sezione della legge sulle adozioni dedicata alle adozioni in casi speciali (art. 44, lett. d, legge 184/83: per un approfondimento clicca qui e qui), permisero a molte coppie gay di diventare “genitori” a tutti gli effetti (iter poi consolidato dalla pronuncia n. 12193/2019 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione). Non solo, ma ci furono giudici che riconobbero lo status di genitori legittimi ottenuto all’estero.

Torniamo a Parma. Risolto il problema dell’omogenitorialità con la soluzione dell’adozione per prossimità, va da sé che la possibilità di assegnare il doppio cognome è quasi scontata, essendo la minore figlia naturale dell’una e figlia adottata dell’altra. I giudici insistono poi sull’importanza esistenziale del doppio cognome: «Il cognome è una parte essenziale e irrinunciabile della personalità» e la personalità della bambina si è formata grazie l’apporto di entrambe le donne e dunque perché negare il doppio cognome? D’altronde non è una novità quella del doppio cognome assegnato ad un minore cresciuto all’interno di una relazione gay e adottato tramite stepchild adoption. Vedasi la sentenza del Tribunale dei minori di Genova del giugno del 2019 dove addirittura due donne, non unite civilmente, avevano adottato l’una il figlio naturale dell’altro. Una doppia stepchild adoption incrociata.

La legge sulle Unioni civili equipara gli uniti civilmente ai coniugi in tutto, eccetto per il dovere di fedeltà, assente per le Unioni civili, e la filiazione. Come abbiamo accennato sopra, questo limite della legge Cirinnà è stato scavalcato negli anni applicando, in modo distorto, sia la disciplina normativa della stepchild adoption sia tramite il riconoscimento della doppia paternità o maternità avvenuta all’estero, anche in questo caso contra legem. Questi trucchetti giurisprudenziali stanno stancando le lobby gay che vogliono puntare al “matrimonio” omosessuale sic et simpliciter: In tal modo i “coniugi” gay saranno entrambi automaticamente genitori di quei minori avuti tramite provetta (va da sé che anche la legge 40 dovrà essere ritoccata su questo punto). E dunque tutte queste vertenze nei tribunali stanno solo preparando il terreno per giungere a questo obiettivo.