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DOCUMENTO

Un «miracolo» della beata Gianna

Ultimo scritto di Francesco Migliori, uno dei fondatori del Movimento per la Vita e del Progetto Gemma, pubblicato sul numero di luglio-agosto 2002 di Studi Cattolici.

Vita e bioetica 03_02_2013

Caro Direttore,
sono andato a Mesero il 24 aprile, insieme con alcuni amici dei Centri di Aiuto alla Vita.
Alle ore 10.30, nella cappella ove Gianna Beretta Molla riposa nel Signore, c’era la S. Messa nell’ottavo anniversario della sua beatificazione. Non sono pochi i Centri di Aiuto alla Vita in Italia che sono a Lei intitolati, e tutti gli altri 230 ne hanno fatto la protettrice del loro lavoro di salvare bambini che stanno per morire di aborto.
Oltre al miracolo compiuto in Brasile, là dove la Beata avrebbe voluto andare a coadiuvare il fratello padre Alberto che, medico come lei, ci andò a costruire un ospedale e un lebbrosario, noi siamo testimoni di un altro “miracolo”.
Otto anni or sono, il 7 maggio [del 1994, ndr], a pochi giorni di distanza dalla sua beatificazione, coloro che il giorno dopo avrebbero lanciato il “Progetto Gemma” andarono a Mesero sulla sua tomba.
Erano le sei e l’Eucarestia fu celebrata da mons. Michel Schooyans, nome ben noto a chi si impegna nella lotta per la Vita. Non sapevano che sorte avrebbe avuto l’iniziativa: per molti era un’avventura pericolosa. Noi lo sapevamo che poteva esserlo per la mancata risposta, e per questo invocammo la protezione di questa nuova Beata, che aveva offerto la vita per la nascita della quarta figlia.
A otto anni di distanza, quello che è avvenuto è miracoloso: con il lavoro di tre persone volontarie che lo tengono in piedi, il “Progetto Gemma” ha risposto alle centinaia di domande che vengono dai Centri di Aiuto di tutta Italia assicurando un mezzo spesso decisivo per salvare 6.000 bambini.
Quello che più importava a noi all’inizio era che questa azione (per la quale la gente ha versato 12 miliardi di lire) fosse considerata non solo un aiuto necessario ai bimbi e alle madri, ma una parte della preghiera per la Vita.
Ce lo richiamò Giovanni Paolo II (Enc. Evangelium Vitae, n. 100) “è urgente una grande preghiera per la Vita, che attraversi il mondo intero. Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale, da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione, da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente si elevi una supplica appassionata a Dio, Creatore e amante della Vita”.
Il “Progetto Gemma” ha un modo col quale, per un anno e mezzo, la contemplazione del Dio della Vita si fece ancor più presente in quella di Gesù Concepito, secondo l’ammonizione di san Giacomo: “mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede”.
Fra tutti gli aderenti in Italia, ci sono 484 parrocchie. Alcune di esse hanno elencato, in questi otto anni, oltre 20 adozioni di bambini non nati.
È singolare sentire dai parroci come l’attesa della nascita, le notizie del bambino salvato, spesso la fotografia, siano una fonte perenne di richiamo alla preghiera per la Vita, di lode al Signore, di ringraziamento perché ha dato a tutti la gioia di cooperare, perché il silenzioso martirio di 140.000 creature, ogni anno, in Italia, non rimanga in silenzio.
Le parrocchie e i luoghi di culto in Italia sono oltre 30.000: vorrei che i parroci che hanno visto crescere la preghiera per la Vita – invocata dal Papa e piuttosto trascurata – ne parlassero ad altri come di un percorso, così prossimo e immediato, per la cultura della Vita di questo nostro Paese che vive, cattolici compresi, come se della strage ogni giorno compiuta non importasse granché.
Il “Progetto Gemma” nella crescita di ogni anno, dai 100 del primo ai 1400 di quest’anno, rischia di non farcela a dare seguito a tutte le richieste: non credo possa, una comunità cristiana, starsene indifferente a sapere che in questa nostra città un bambino è morto perché nessuno ha dato una mano alla madre.

Francesco Migliori
(Milano)