Ucraina, sono Russia e USA ad avere bisogno di un accordo
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Quando in molti davano per morto lo “spirito di Anchorage”, Donald Trump ha ricevuto Zelensky alla Casa Bianca e replicherà con Putin in Ungheria. Al di là del conflitto, sono molti i temi su cui Mosca e Washington hanno tutto l'interesse a trovare intese.

Dopo diverse settimane d’impasse in cui i russi hanno continuato a guadagnare terreno, ritornano i summit per cercare di trovare una soluzione negoziata al conflitto in Ucraina. Donald Trump vedrà Vladimir Putin in Ungheria e ieri ha visto Volodymyr Zelensky. Tutti mostrano ottimismo e si sprecano le frasi di circostanza ma finora l’unica certezza è che ancora una volta l’Europa “bellicosa” è tagliata fuori dai giochi. Costretta a pagare le armi americane per le forze ucraine e anche per quelle europee ma fuori da ogni tavolo decisionale, con in più l’umiliazione di vedere un summit forse decisivo per concludere il conflitto ospitato a Budapest dal ribelle Viktor Orban che ogni giorno attacca la UE per la sua politica bellicista.
Ieri a Washington di contenuti veri ne sono emersi davvero pochi. Unica notizia: Trump sembra rimangiarsi la disponibilità a fornire i missili da crociera Tomahawk all’Ucraina con cui colpire la Russia in profondità, anche se in numero limitato e necessariamente sotto il controllo americano. Negli arsenali USA vi sarebbero 4.150 missili di questo tipo con raggio d’azione compreso tra 1.600 e 2.500 chilometri. Il 15 ottobre Trump aveva affermato che «ne abbiamo molti, e lui (Zelensky) li vuole». Ieri ha detto invece che «ne abbiamo tanti, ma servono anche a noi e non possiamo esaurire le nostre scorte: non so cosa potremo fare su questo».
Incontrando Zelensky ha aggiunto che gli attacchi dell'Ucraina in territorio russo «sarebbero una escalation, ma ne parleremo». Poi ancora ha ammesso di «sperare di poter finire la guerra senza dover dare i Tomahawk. Sono armi devastanti che servono anche a noi nel caso di una guerra e a rendere l'esercito degli Stati Uniti il più forte al mondo», ha proseguito, ricordando che «stiamo vendendo molti tipi diversi di armi all'Unione europea». In realtà le dovrebbe vendere ai membri europei (più il Canada) della NATO, organizzazione di cui fanno parte anche gli Stati Uniti ma di cui Trump parla sempre come se fosse un’entità aliena.
Circa i possibili accordi di pace, Trump sostiene che Zelensky e Putin stanno «negoziando bene ma devono eliminare un po' di odio reciproco. Ora cerchiamo di capire cose può succedere, credo che le cose ora si possono allineare bene. Riusciremo a fare finire questa guerra». Anche il presidente ucraino si è detto fiducioso. «Penso che Putin non sia pronto» per la fine della guerra "ma sono fiducioso che con il tuo aiuto possiamo fermarla», ha detto Zelensky, rivolgendosi al presidente americano e complimentandosi «per il successo con il cessate il fuoco in Medioriente».
Trump ha aperto all’ipotesi di un incontro a tre. «L'incontro sarà in Ungheria perché c'è un premier che ci piace, sta facendo un ottimo lavoro e quindi abbiamo deciso di incontrarci lì. Credo che sarà un doppio incontro, avremo il presidente Zelensky in contatto, è una situazione difficile perché non si piacciono e quindi potrebbe essere un incontro a tre o forse separati. Ieri ho parlato per oltre due ore con Putin, anche lui viole che la guerra finisca».
Più tardi la Casa Bianca ha fatto sapere che a Budapest vi saranno incontri separati e non a tre. Il presidente russo «vuole finire la guerra o non parlerebbe così», ha aggiunto Trump ricordando il colloquio telefonici di oltre due ore con Putin.
Chiacchiere e auspici quindi, nulla di più. Del resto non è chiaro se Zelensky andrà a Budapest e anche per Putin il viaggio non sarà facile. L’Ungheria lo accoglie con tutti gli onori, il premier Viktor Orban è amico di entrambi i presidenti e di certo il governo ungherese non arresterà Putin come vorrebbe mezza Europa e la Corte Penale Internazionale. Del resto in aprile è stato a Budapest anche il premier israeliano Benjamin Netanyahu su cui pende un mandato di arresto della CPI che nessuno in Ungheria ha eseguito.
Però lo spazio aereo intorno all’Ungheria è chiuso agli aerei russi: Putin non può sorvolare l’Ucraina né le nazioni aderenti alla NATO a meno che alcune azioni non concedano deroghe alla decisione della UE di bloccare i cieli ai velivoli russi.
Sui temi militari Zelensky ha proposto a Trump di scambiare i droni ucraini con i missili da crociera americani Tomahawk, ma ha anche detto una bugia quando ha assicurato Trump che i russi «non stanno avendo progressi sul campo di battaglia e hanno molte perdite in termini di economia e per le persone». In realtà i russi continuano ad avanzare, le ultime roccaforti in Donbass sono assediate e le perdite spaventose le soffrono gli ucraini, ma la narrazione di Zelensky ha lo scopo di aggirare il vero ostacolo su cui potrebbero infrangersi ancora una volta i negoziati.
Zelensky sa bene che per avere la pace dovrà accettare condizioni che concernono cessioni territoriali e condizioni di sicurezza per la Russia che Putin non ha mai smesso di porre come punto fermo per chiudere il conflitto. Fingendo di non perdere la guerra, spera forse di poter ottenere di più nei negoziati.
La questione centrale è legata alle ragioni per cui il dialogo tra russi e statunitensi riprende vita prepotentemente proprio mentre in molti davano ormai per morto “lo spirito di Anchorage”, diffuso dopo il summit in Alaska. Di certo Russia e USA hanno molti temi su cui accordarsi al di là del conflitto in Ucraina.
Devono spartirsi i mercati energetici ora che anche gli Stati Uniti sono grandi esportatori di energia ma a costi molto più alti della Russia. Devono soprattutto ridefinire le aree di influenza militare e geopolitica. Trump minaccia di guerra il Venezuela e l’Iran, stretti alleati di Mosca ma Putin sembra aver trovato la giusta deterrenza.
Secondo Zelensky la minaccia di schierare i Tomahawk ha indotto Putin ad accettare il negoziato ma in realtà Mosca non era sembrata troppo impressionata: «nel caso rafforzeremo le difese aeree», aveva detto Putin lamentando però che un simile gesto avrebbe compromesso i rapporti con gli Stati Uniti.
Mosca non potrebbe lasciare senza risposta la provocazione di schierare a ridosso del confine russo e in una nazione esterna alla NATO missili da crociera potenzialmente in grado di trasportare testate nucleari e gestiti necessariamente da personale militare statunitense.
Per questo dovremmo chiederci quanto abbia influito nella ripresa del dialogo la ratifica, avvenuta l’8 ottobre, dell’accordo di cooperazione militare russo-cubano che rafforza ulteriormente gli storici legami bilaterali. Una ratifica che giunge mentre le forze statunitensi operano al largo delle coste del Venezuela e un attacco alla nazione latina alleata di Mosca non viene escluso dallo stesso Trump, che ha confermato di aver autorizzato operazioni clandestine della CIA in Venezuela, come anticipato dal New York Times.
Alexander Stepanov, dell’Istituto di Diritto e Sicurezza Nazionale dell’Accademia Presidenziale Russa di Economia Nazionale e Pubblica Amministrazione, ha dichiarato alla TASS che la ratifica dell’accordo rappresenta «una risposta simmetrica alla potenziale fornitura di Tomahawk». «L’accordo ratificato amplia al massimo la nostra cooperazione militare e consente di schierare praticamente qualsiasi sistema offensivo sul territorio dell’isola». Quindi è probabile che Putin abbia spiegato a Trump che in risposta ai Tomahawk in Ucraina e alle minacce di guerra al Venezuela, la Russia potrebbe schierare i missili ipersonici Kinzhal o Oreschnik a Cuba.
Una nuova crisi di Cuba non aiuterebbe Trump a gestire la situazione in un contesto di debito in rapida crescita e di shutdown in cui i dipendenti pubblici, inclusi i militari, sono senza stipendio da alcune settimane.
Va poi evidenziato che mentre i missili americani subsonici Tomahawk verrebbero almeno in parte intercettati dalle difese aeree russe, contro i missili ipersonici russi non ci sono al momento difese efficaci negli Stati Uniti e in Europa, come ha ricordato nei giorni scorsi anche il segretario generale della NATO, Mark Rutte.
Per questo russi e americani hanno tutto l’interesse a trovare intese che smussino gli angoli e ridefiniscano le aree d’interesse e Trump dovrà convincere Zelensky ad accettare entro fine anno cessioni territoriali dolorose, la rinuncia a riarmarsi in modo minaccioso per la Russia e a far parte di una NATO da cui gli USA per primi stanno nei fatti allontanandosi.
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