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CONCESSIONI ALLA LEGA

Terzo mandato, la mossa della Meloni per far durare il governo

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Intervistata da Maurizio Belpietro, direttore de La Verità, Giorgia Meloni dichiara di voler puntare alla "stabilità" più che alle riforme. E contemporaneamente apre alla possibilità di permettere il terzo mandato per tener buoni i candidati leghisti.

Politica 07_06_2025
Giorgia Meloni con Maurizio Belpietro (La Presse)

La “madre di tutte le riforme”, secondo Giorgia Meloni, è la stabilità. Non il premierato, non la separazione delle carriere, non l’autonomia differenziata. A spiegarlo è stata la stessa presidente del Consiglio alla festa del quotidiano La Verità. E forse, proprio in nome di quella stabilità, si può leggere la sorprendente apertura di Fratelli d’Italia alla possibilità di discutere il terzo mandato per i governatori regionali. Un tema finora tabù per il partito della premier, che ha sempre votato contro le iniziative in tal senso, allineandosi a Forza Italia e al Pd per fermare le ambizioni di Luca Zaia in Veneto e di Maurizio Fugatti in Trentino.

Ora, però, il vento sembra cambiato. A indicare la nuova direzione è stato Giovanni Donzelli, responsabile organizzazione di Fratelli d’Italia e fedelissimo della premier: «Non c’è preclusione ideologica sul terzo mandato. Se le Regioni presenteranno un documento unitario, si potrà valutare. Non lo facciamo per un singolo governatore, ma per rispetto istituzionale». Una frase che, letta tra le righe, sconfessa mesi di linea dura. Una giravolta politica evidente, che apre un nuovo scenario a pochi mesi da tornate elettorali decisive in Regioni chiave come Campania, Puglia e Toscana.

A esultare è la Lega, che da tempo spinge per il superamento del limite dei due mandati consecutivi. Matteo Salvini non si nasconde: «Siamo pronti a discuterne subito, se si può scegliere un bravo presidente più volte, perché impedirlo?». Il leader del Carroccio preme per fare in fretta, anche in vista della definizione delle candidature autunnali. Il vero obiettivo? La conferma di Zaia in Veneto e la gestione della crisi in Friuli-Venezia Giulia, dove Massimiliano Fedriga potrebbe volersi ricandidare nel 2028.

Ma l’apertura meloniana non entusiasma tutti nella maggioranza. Forza Italia è fredda, se non contraria. Il capogruppo Maurizio Gasparri ha già detto di voler sentire Donzelli per “chiarimenti”. Anche Noi Moderati, con Maurizio Lupi, si dichiara contraria ma disponibile al confronto. E anche dentro Fratelli d’Italia il dossier divide: da una parte chi vuole difendere la coerenza del partito, dall’altra chi preferisce privilegiare l’unità della coalizione.

Se la Lega festeggia, nel campo dell’opposizione la mossa di Fratelli d’Italia non passa inosservata. Due voci, in particolare, hanno colto con lucidità il significato politico della virata meloniana: Vincenzo De Luca e Matteo Renzi.

Il presidente della Regione Campania, che sarebbe il primo beneficiario della riforma insieme a Zaia, ha definito l’apertura “una prova di intelligenza politica” da parte della premier. Secondo De Luca, Meloni ha capito che lasciare aperto un fronte interno alla coalizione, soprattutto con la Lega, sarebbe stato controproducente. «Se decidono, la fanno domani mattina. La democrazia di Westminster è saltata: si fa la legge, si mette la fiducia e chi si è visto, si è visto», ha detto con il suo consueto sarcasmo. Ma dietro l’ironia, c’è un’analisi lucida: la premier ha scelto la via della sopravvivenza politica, a costo di sconfessare sé stessa. Il governatore campano non ha dubbi: la premier in questo modo si blinda alla poltrona di Palazzo Chigi e quindi tiene buona la Lega, alla quale peraltro spera di strappare, se dovessero rimanere gli attuali rapporti di forza, la guida della Lombardia che tornerà al voto nel 2028.

Matteo Renzi, invece, punta il dito contro quella che definisce una mossa opportunistica: «Meloni apre al terzo mandato per convenienza personale. Sperando di creare caos nel centrosinistra in Campania e chiudere la partita con la Lega su Zaia. Non ha valori, solo convenienze». Un’accusa pesante, ma che trova riscontro nella preoccupazione crescente tra le fila del Pd, dove si lavora da mesi a un’uscita morbida da De Luca senza perdere il suo consenso. Dunque un caos calcolato: destabilizzare il centrosinistra.

Il terzo mandato rischia dunque di diventare l’ennesimo elemento destabilizzante per il campo largo. Infatti in Campania una conferma di De Luca stopperebbe gli attuali tentativi di ricostruzione di un’alleanza alternativa al centrodestra.

Ma c’è di più: Meloni, come ha dichiarato lei stessa, non considera centrali le prossime regionali, preferendo concentrarsi sui temi internazionali. Un segnale che lascia intendere come la premier voglia mantenere il controllo del quadro politico senza esporsi in prima persona, lasciando che siano gli altri – Lega, FI, opposizioni – a contendersi l’arena regionale.

In questo gioco, l’apertura sul terzo mandato è la pedina perfetta: spiazza gli avversari, confonde gli alleati, rimescola le carte. Il tutto, mentre la premier si prepara a un’estate fatta di temi divisivi, come la spesa militare (con Crosetto che punta al 3,5% del Pil entro il 2030) e la campagna sulla sicurezza, già lanciata da FdI.

Non va infine dimenticato il fronte parallelo dei sindaci. Se si apre al terzo mandato per i governatori, perché escludere i primi cittadini dei Comuni sopra i 15mila abitanti? La domanda, posta da Clemente Mastella (sindaco di Benevento), rischia di diventare un’altra grana per il governo. Mastella chiede una convocazione straordinaria dell’Anci, denunciando una “disparità istituzionale” che, se confermata, rischia di aprire un altro fronte, questa volta con le autonomie locali.

Viste queste complicazioni, non è detto che l’operazione terzo mandato vada in porto. La Conferenza delle Regioni potrebbe non trovare un’intesa. Il Parlamento potrebbe impantanarsi. I contrasti nella maggioranza potrebbero esplodere. Ma una cosa è certa: Giorgia Meloni ha deciso di giocare d’anticipo. E per farlo, è pronta a sacrificare anche uno dei dogmi della sua narrazione: quello del limite al potere.