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OMOSESSUALITà

Terapie riparative, quante menzogne dietro la condanna di Obama

Il presidente americano contro gli psicologi che aiutano le persone con tendenza omosessuale a recuperare la propria identità sessuale. Un altro passo verso la ditttaura del gender e una caccia alle streghe basata su una sistematica disinformazione. Ecco cosa dice veramente la scienza.

Famiglia 10_04_2015
Il presidente Obama

Clamoroso intervento ieri del presidente americano Barack Obama che ha chiesto il divieto di terapie riparative per minori con disturbi di identità di genere. Obama ha così dato il suo sostegno alla petizione online lanciata negli Usa da attivisti gay dopo il suicidio alcuni mesi fa di un diciassettenne che, in un messaggio prima di morire, ha accusato i suoi genitori, cristiani, per non avere mai accettato la propria transessualità. Una portavoce della Casa Bianca ha detto che il presidente condivide la condanna per terapie che hanno "effetti devastanti" sui giovani e ha affermato il sostegno dell'amministrazione al tentativo di vietare le terapie riparative sui minori. Ancora una volta si tratta di una palese strumentalizzazione di un caso di cronaca per imporre una dittatura omosessualista, anche con una deliberata disinformazione riguardo le cosiddette terapie riparative. Come dimostra questo articolo scientifico.

 

Per comprendere le ragioni che stanno dietro l'uscita del presidente americano Barack Obama è utile rileggere un articolo recentemente comparso sul sito del quotidiano La Repubblica, intitolato «La follia delle terapie riparative per i gay»che merita una certa attenzione.

Esso presenta alcuni punti critici di minore importanza, ad esempio l'estrapolazione dal corpus freudiano di una frase («non è certo un vantaggio ma non è un vizio, non è degradante, non può essere classificata come malattia») che non rappresenta certamente il pensiero del medico viennese nei confronti dell'omosessualità1; o la riproposizione virgolettata della fantomatica dichiarazione OMS secondo la quale l'omosessualità sarebbe una «variante naturale del comportamento umano»2; o ancora la dimenticanza del fatto che il termine «riparativo» è un termine tecnico psicoanalitico, in particolare della scuola inglese, e non significa affatto che si desideri «riparare l'orientamento sessuale»3.

Ma questi sono particolari rispetto al vero cuore dell'articolo, quello che ne dovrebbe giustificare il titolo. L'autrice dell'articolo, psicologa, scrive che le terapie riparative «sono promosse da un piccolo gruppo di “guaritori”, il leader è lo psicologo statunitense Joseph Nicolosi, legati a organizzazioni religiose che sostengono teorie e tecniche non riconosciute e screditate dalla comunità scientifica internazionale. Si tratta di (mal)trattamenti che nel passato facevano ricorso a misure estreme come istituzionalizzazione, castrazione, elettroshock ai genitali. Oggi si basano su training di condizionamento avversivo in apparenza meno scioccanti ed estremi ma ugualmente dannosi e immorali. Comprendono l’induzione di nausea e vomito mostrando immagini omoerotiche, ad esempio. La somministrazione di scosse elettriche, l’uso della preghiera. Condizionamenti per insegnare a fare “cose da maschi e da femmine”, assumendo comportamenti stereotipati del sesso biologico». 

Questo tipo di trattamenti è stato chiamato «terapia avversativa» (aversion therapies). Nicolosi pratica o propone ai suoi pazienti le terapie avversative? Sono accuse molto gravi, e così enormi che necessitano di riferimenti certi per verificarne la fondatezza. Eppure l'autrice non fornisce nessun rimando. Cerchiamo quindi di verificare altrimenti queste gravi accuse.

Il testo nel quale Nicolosi dichiara il suo modello teorico ed il suo protocollo clinico si intitola Shame and attachement loss4. In tutto il volume non si fa riferimento alcuno a «induzione di nausea o vomito […], somministrazione di scosse elettriche [o] l'uso della preghiera». Queste pratiche non sono citate nemmeno negli altri libri di Nicolosi5; né nei suoi articoli peer-review6; né nei suoi numerosi video circolanti in internet.

Al contrario, in un documento scritto da Julie Amilton, presidente emerito del NARTH (National Association for Research & Therapy of Homosexuality), l'associazione fondata da Nicolosi, possiamo leggere queste parole: «Il NARTH viene spesso descritto dai giornalisti con termini che non sono utilizzati dal NARTH o dai suoi membri. Ad esempio, talvolta il NARTH è accusato di offrire una "cura" per l'omosessualità, il che implica che NARTH vede l'omosessualità come una malattia. Il NARTH non considera l'omosessualità come malattia mentale; [...]. Un altro esempio di terminologia imprecisa è quello della terapia "di conversione", un termine non utilizzato dai membri del NARTH. Questo termine sembra implicare un certo tipo di forza o l'idea di un terapeuta eserciti pressioni su un paziente perché cambi. I terapeuti del NARTH affermano che la psicoterapia non dovrebbe mai essere coercitiva, ma deve essere offerta in conformità con l'etica professionale e il rispetto per l'autodeterminazione del cliente. Inoltre, i membri del NARTH non praticano né propongono "terapie avversative". Questa forma di terapia comportamentista è stata utilizzata negli anni '60 e '70 per il trattamento di diversi tipi di problemi, tra i quali pensieri e sentimenti omosessuali indesiderati. Tuttavia, la terapia avversativa è stato ritenuto non etica ed è stato abbandonata più di 25 anni fa, prima della nascita del NARTH. Il NARTH incoraggia tutti i suoi membri a rispettare i più elevati standard di eticità, che per definizione dovrebbero escludere qualsiasi forma di terapia avversativa»7. Charles Socarides, tra i fondatori del NARTH, definisce in questo modo le terapia avversative: «È ciarlataneria. La punizione non va alla radice del problema. L'effetto non è durevole. E danneggia i pazienti in molti modi. Io non ho mai usato la terapia dell'avversione»8.

Ma torniamo a Nicolosi, accusato di praticare o proporre «terapie avversative». Se non propone tecniche «avversative», che tipo di terapia propone?

Il modello terapeutico applicato da Nicolosi all'omosessualità indesiderata non è specifico per l'omosessualità, ed è conosciuto come IS-DTP (Intensive Short-Term Dynamic Psychoterapy, terapia intensiva dinamica breve), sviluppata negli anni '60 del secolo scorso dal professore Habib Davanloo9 e diffusa in tutto il mondo; questo protocollo è integrato dall'uso della tecnica EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing)10.

Quindi la «terapia riparativa» di Nicolosi non consiste nelle «terapie avversative», bensì nell'applicazione di due modelli clinici non specifici (IS-TDP e EMDR, entrambi comunemente utilizzati dalla comunità clinica) a pazienti con tendenze omosessuali indesiderate.

Questo punto è rilevante proprio per quanto affermato dall'autrice dell'articolo: «L’American Psychological Association, l’American Psychiatric Association così come l’Ordine nazionale degli psicologi italiani e tutti i più autorevoli organismi che operano nel settore della salute mentale, hanno espresso chiaramente la loro posizione: le cosiddette “terapie riparative”, prive di fonti e di riferimenti scientifici, non solo sono inefficaci ma anche dannose, possono segnare gravemente le condizioni psichiche di chi vi si sottopone». Perché a questo punto i casi sono due: o  l’American Psychological Association, l’American Psychiatric Association, l’Ordine nazionale degli psicologi italiani e tutti i più autorevoli organismi che operano nel settore della salute mentale confondono, come fa l'autrice dell'articolo, le «terapie riparative» con le «terapie avversative»; oppure questi organismi infrangono i principi deontologici professionali. Limitando l'accesso a terapie collaudate a persone con tendenze omosessuali indesiderate, essi limitano il diritto all'autodeterminazione del paziente e compiono una discriminazione in base all'orientamento sessuale11.

Per concludere, l'articolo in questione recita: «Nel 2009, l’American Psychological Association ha pubblicato un rapporto concludendo che a livello statistico gli esiti di questi trattamenti non hanno mostrato alcun cambiamento negli orientamenti sessuali. Mentre sono state segnalate conseguenze anche gravi come depressione, senso di colpa, impotenza, disperazione, vergogna, ritiro sociale, suicidio». Si tratta del documento intitolato Appropriate Therapeutic Responses to Sexual Orientation12. Le conclusioni di tale testo sono le seguenti: «Non ci sono studi di rigore scientifico adeguato per concludere che i recenti SOCE13  siano o no efficaci per cambiare l'orientamento sessuale di una persona [...] Sebbene non ci siano sufficienti evidenze per sostenere l'uso di interventi per cambiare l'orientamento sessuale, alcune persone hanno modificato la loro identità legata all'orientamento sessuale, comportamento e valori»; chiunque può rendersi conto della differenza tra queste conclusioni e quelle sintetizzate da Repubblica14.

Il lavoro della task force è stato seguito da una risoluzione che afferma: «Non ci sono studi di adeguato rigore scientifico per concludere che le recenti SOCE siano o no efficaci nel cambiare l'orientamento sessuale di una persona»15. Il che suona come un invito ad approfondire la ricerca, non a proibirla.

Che dire, dunque, dell'articolo di Repubblica sulle «terapie riparative»? Certamente è sconcertante, ma per motivi diversi da quelli enfatizzati dall'autrice. Nulla è condivisibile di quel testo? Probabilmente le uniche affermazioni sottoscrivibili sono quelle conclusive: «Libertà personale vuol dire avere il diritto di perseguire trattamenti per cambiare qualcosa di sé, qualora facciano soffrire. […] i professionisti della salute mentale hanno la grande responsabilità di creare, sostenere, indicare ciò che è funzionale da ciò che non lo è».

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1 La frase è estrapolata da una lettera del 9 aprile 1935 indirizzata ad una madre statunitense (SIGMUND FREUD, Lettere alla fidanzata e ad altri corrispondenti 1837-1939, in Epistolari, Bollati Boringhieri, Torino 1990, pp. 352-353). Freud ha affrontato questo tema in modo più profondo altrove; ad esempio nel primo dei Tre saggi sulla sessualità umana (1905), in Introduzione alla psicoanalisi (1915-16), in Alcuni meccanismi nevrotici nella gelosia, paranoia e omosessualità (1921), e ancora altrove. Ma anche solo soffermandoci sulla lettera del 1935, bisognerebbe per correttezza ricordare anche che Freud si esprime in modo possibilista circa la possibilità di mutare orientamento, e aggiunge l'interessante considerazione in base alla quale ci sarebbero “germi latenti delle tendenze eterosessuali, presenti in tutti gli omosessuali”. Sempre a questo proposito, secondo Freud buona parte delle persone con tendenze omosessuali che si sottopongono ad un trattamento terapeutico hanno un “piano segreto, che consiste nell'utilizzare il clamoroso tentativo di questo fallimento per tranquillizzarsi e dire a sé stesso che avendo fatto tutto il possibile per combattere la propria particolare natura, può ora abbandonarsi ad essa con la coscienza a posto” (S. FREUD, Un caso di omosessualità femminile, in Opere, vol. 9, L'Io e l'Es e altri scritti 1917-1923, Bollati Boringhieri, Torino 2000, p. 145).

2 Non c'è dubbio che i funzionari e i membri dell'Organizzazione Mondiale della Sanità la pensino in questo modo; tuttavia lo scrivente non è mai riuscito a trovare il documento che, come in questo caso, viene sempre citato in virgolettato ma sempre senza indicazione della fonte.

3 Il concetto di riparazione è fondamentale in psicologia clinica, particolarmente nella psicoanalisi; esso risale infatti a Melanie Klein, pur essendo presente in maniera implicita anche nei lavori di Freud. Il concetto Kleiniano di riparazione consiste nella ricomposizione della separazione degli “oggetti buoni” da quelli “cattivi”, e nello sforzo di recuperare la bontà dei secondi “riparando” ai danni da essi inferti all'Io.

4 InterVarsity Press, Downers Grove (IL) 2009, trad. it. JOSEPH NICOLOSI, Identità di genere. Manuale di orientamento, Sugarco, Milano 2010.

5 Reparative therapy of male homosexuality: a new approach (1991); Healing homosexuality: case stories of reparative therapies (1993); A parent's guide to preventing homosexuality (2002, con Linda Ames).

6 J. NICOLOSI, DEAN A. BYRD, RICHARD W. POTTS, Retrospective self-reports of changes in homosexual orientation: a consumer survey of conversion therapy clients, in «Psychological Reports» vol. 86, n. 3 (seconda parte), giugno 2000, pp. 1071-1088; J. NICOLOSI, A. D. BYRD, R. W. POTTS, A Meta-Analytic Review of Treatment of Homosexuality, in «Psychological Reports» vol. 90, giugno 2002, pp. 1139-1152; A. D. BYRD, J. NICOLOSI, R.W. POTTS, Clients’ Perceptions of How Reorientation Therapy and Self-Help Can Promote Changes in Sexual Orientation, in «Psychological Reports» vol. 102, febbraio 2008, pp. 3-28.

 

 

 

 7 http://www.narth.org/docs/addresses.html, consultato il 03/04/2015.

 8 CHARLES W. SOCARIDES, A freedom too far. A psychoanalyst answer 1000 questions about causes and cure and the impact of the gay rights movement on american society, Adam Margrave Books, Phoenix (AZ) 1995, p. 144.

 9 Cfr. HABIB DAVANLOO (a cura di), Psicoterapia Dinamica a Breve Termine, Armando Editore, Roma 1987; idem, Il Terapeuta Instancabile, Franco Angeli, Milano 1998. Il modello di Dawanloo è stato in seguito ampliato da Patricia Coughlin Della Selva (Intensive Short-Term Dynamic Psychotherapy, Carnac, New York (NY) 1996) e Diana Fosha (The transforming power of affect. A model for accelerated change, Basic Books, New York (NY) 2000); Nicolosi fa riferimento in particolare a queste due autrici. Cfr. J. NICOLOSI, Shame and attachement loss, op. cit.

 10 http://www.emdr.com/, consultato il 03/04/15. Si tratta di una tecnica basata sull'uso dei movimenti oculari e utilizzata nella riabilitazioni dai traumi. Cfr. FRANCINE SHAPIRO, MARGOT SILK FORREST, EMDR. Una terapia innovativa per l'ansia, lo stress e i disturbi di origine traumatica, Astrolabio, Roma 1998; RICKY GREENWALD, L'EMDR con bambini e adolescenti, Astrolabio, Roma 2000; F. SHAPIRO, EMDR. Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso movimenti oculari, McGraw-Hill, Milano 2000. Cfr. ESLY REGINA CARVALHO, Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR) and unwanted same-sex attractions: new treatment option for change, in J. HARREN HAMILTON, P. J. HENRY, Handbook of therapy for unwanted homosexual attractions: a guide to treatment, op. cit., pp. 171-197; J. NICOLOSI, Identità di genere. Manuale di orientamento, op. cit., pp. 336-342. Si veda anche ANTONIO ONOFRI, Prospettiva cognitivo-evoluzionista e approccio EMDR nel lavoro clinico con pazienti omosessuali, in T. CANTELMI, EMILIANO LAMBIASE, Omosessualità e psicoterapie. Percorsi, problematiche e prospettive, Franco Angeli, Milano 2010, pp. 195-217; l'analisi del caso clinico riportato costituisce una importante conferma di come un approccio neutrale e disponibile all'ascolto da parte del terapeuta permetta l'espressione, da parte del paziente, di un vissuto straordinariamente sintonico con quanto abbiamo scritto nel capitolo sulla psicologia omosessuale. Il caso clinico termina con la dichiarazione del paziente di un mutamento nel proprio orientamento sessuale “ad un terapeuta quasi incredulo” (ibidem, p. 215).

 11 L'articolo 4 del Codice Deontologico degli Psicologi Italiani recita: «Nell'esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all'autodeterminazione ed all'autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall'imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità» (http://www.psy.it/lo_psicologo/codice_deontologico.html, consultato il 03/04/15).

 12 http://www.apa.org/pi/lgbt/resources/therapeutic-response.pdf, consultato il 03/04/15.

 13 Il nuovo acronimo utilizzato dall'American Psychological Association per indicare le terapie cosiddette “riparative”; SOCE significa Sexual Orientation Change Efforts (sforzi per il cambiamento dell'orientamento sessuale).

 14 Va anche sottolineato che l'American Psychological Association ha costituito la task force inserendovi esclusivamente professionisti apertamente gay o comunque gay-friendly, rifiutando, al contempo, qualsiasi candidatura da parte di professionisti membri del NARTH.

 

 15 http://www.apa.org/about/governance/council/policy/sexual-orientation.aspx, consultato il 03/04/15.