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GENDER

Svizzera, calcio femminile: biologia batte ideologia 7-1

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Il caso di una squadra di ragazzini under 15 che batte nettamente la nazionale femminile svizzera rappresenta una lezione per quell'egualitarismo stupido che pretende che non ci sia differenza alcuna tra uomini e donne.

Editoriali 27_06_2025

Il prossimo 2 luglio prenderà il via in Svizzera il Campionato europeo di calcio femminile. In previsione di questo importante appuntamento, il Paese ospitante ha deciso di fare una partitella di allenamento con la squadra del Lucerna, precisamente con i ragazzi Under 15. Risultato: le elvetiche (nella foto LaPresse) hanno perso 7 a 1. Eva colse una mela che le risultò poi indigesta, le svizzere sono state costrette ad ingollare (l’allitterazione con la parola “gol” suona bene) 7 pere da dei ragazzini sotto i 15 anni.

La notizia non doveva trapelare. L’allenamento era a porte chiuse, niente giornalisti (si presagiva già la tragedia?), però uno dei giocatori under 15 ha spifferato tutto. Apriti cielo e apriti social. La giocatrice della nazionale svizzera Ramona Bachmann, lesbica e dai tratti chiaramente androgini, sul suo profilo Instagram non si è nascosta dietro un palo della porta, ma è stata onesta: «Sì, a volte le squadre maschili Under 15 battono le migliori squadre femminili. Perché? Genetica. I ragazzi sviluppano naturalmente più massa muscolare, velocità e forza durante la pubertà grazie al testosterone. È una questione di biologia, non di livello di abilità. Standard fisici diversi, ma lo stesso amore per il gioco».

Parola magica: biologia. Biologia versus ideologia. Su quel campetto è la biologia ad aver battuto l’ideologia per 7-1, quella ideologia femminista e genderista che ha sancito la perfetta uguaglianza tra uomo e donna in tutto, anche nello sport, quell’egualitarismo distopico e stupido che tratta da mero accessorio la differenza sessuale quando invece è essenziale, che fa guerra all’identità personale in nome di una identità personale astratta, solo pensata e immaginata, scarabocchiata a tavolino. In quella amichevole tutte le teorie sulla assoluta parità uomo e donna – che sono uguali in termini di dignità personale ma differenti in tutto il resto – sono state espulse dal campo di gioco dai fatti, si sono schiantate contro la realtà e a farne le spese sono state le giocatrici elvetiche, umiliate da una manciata di ragazzini che manco giocano in Nazionale. Un’amichevole nemica della menzogna.

È il trionfo tragicomico dell’ovvio, dell’evidenza solare, del lapalissiano di palmare ed immediata comprensione, dello scontato che più scontato non si può. La Bachmann, che, tra l’altro e tanto per rimanere in tema, si cimenta in uno sport prettamente maschile perché tenta di compensare la parte femminile latitante in lei (cfr. G. Van Den Aardweg, Omosessualità & speranza, Ares, pp. 102-110), ricorda alcune banalità che ormai sono merce così rara che appaiono sofisticate verità biologiche: i ragazzi hanno più massa muscolare, hanno più forza, più testosterone. Loro hanno tutto questo, forse a noi manca ormai il buon senso per accorgerci di tutto ciò.

Come il pugile uomo Imane Khelif ha vinto contro delle donne nella passata Olimpiade (qui le prove che Khelif sia un uomo), così alcuni ometti che si stanno affacciando alla pubertà hanno vinto contro delle donne mature. Che il femminismo e uno dei suoi figli chiamato transessualismo ammettano, seppur con sconforto, che, ad ogni gol incassato dalle giocatrici in casacca rossa, la realtà bussava alla intorpidita coscienza collettiva facendo levare un coro da stadio che così risuonava sugli spalti:  “Uomo e donna son diversi, alè! Uomo e donna son diversi, alè! Uomo e donna sono diversi, alè!”.