Siria, la difficile ma costante presenza dei cristiani
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Mentre al Sharaa vola a Washington, a farsi riconoscere da Trump, in Siria i cristiani e le altre minoranze continuano ad essere nel mirino degli islamisti. Intervista ad Andrea Avveduto (pro Terra Sancta) autore di "Un maestro per Samir".
L’autonominatosi presidente della Siria, Ahmed al Sharaa, si trova correntemente a Washington per incontrare Donald Trump. Fonti della Casa Bianca hanno reso noto che il leader della formazione islamista Hayat Tahrir al Sham “ha fatto buoni progressi nel cammino verso la pace” e l’inviato USA per la Siria, Tom Barrack, ha dichiarato che auspicabilmente Al Sharaa si unirà alla coalizione di contrasto all’Isis a guida americana. Si parlerà anche di una base aerea americana da stabilire a Damasco in vista degli “accordi di sicurezza” tra Siria e Israele di cui Trump si farà garante, anche se fonti del governo siriano hanno smentito quest’ultimo punto.
È il secondo viaggio in pochi mesi negli Stati Uniti del leader siriano, che lo scorso settembre è stato chiamato a parlare all’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
Frattanto, le notizie che arrivano dalla Siria continuano a parlare di saccheggi, violenze, rapimenti ed omicidi da parte delle milizie che fiancheggiano il nuovo governo; l’ultimo episodio in ordine di tempo che ha destato raccapriccio nell’opinione pubblica è l’uccisione a Jaramana, appena fuori Damasco, di un giovane orafo cristiano, liquidato a sangue freddo nel suo negozio da una banda di islamisti.
Secondo l’Alto commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite, l’OHCHR, dall’inizio dell’anno sono stati segnalati in Siria quasi cento rapimenti e sparizioni forzate, con nuovi casi che vengono segnalati ogni giorno - a fronte di circa centomila casi registrati durante la dittatura degli Assad.
La Nuova Bussola Quotidiana ha parlato di Siria con Andrea Avveduto, scrittore e giornalista, responsabile della comunicazione di pro Terra Sancta, associazione che supporta i religiosi francescani della Custodia di Terra Santa in Medio Oriente. Avveduto ha trascorso molti anni tra Siria, Libano e Palestina, Paesi che gli sono stati fonte di ispirazione per i quattro libri che ha pubblicato; l’ultimo, Un maestro per Samir - Storie di rinascita dalla Siria devastata, è uscito recentemente per Libreria Editrice Vaticana.
Dottor Avveduto, lei è arrivato in Siria nel 2016 ed ha vissuto gli anni della guerra civile. Come giudica l’evoluzione attuale del Paese?
Ora che il regime di Assad è caduto ne emergono i limiti; soprattutto appare evidente come la convivenza tra le varie comunità etno-religiose fosse forzata, come le minoranze stessero insieme in maniera coatta grazie alla dittatura. Infatti a mio parere siamo sull’orlo di una guerra civile.
Eppure la pluralità religiosa è presente in Siria da tempo immemorabile...
Diciamo che da 1300 anni i cristiani sono costretti a convivere con i musulmani: senza false illusioni, la questione è molto complessa e la convivenza tra cristiani e musulmani un problema. Il cambio di regime in Siria ha inoltre rivelato la fragilità dei cristiani, che hanno paura dei musulmani e vogliono solo andarsene dal Paese. Sono oggetto di incriminazioni, condanne, soprusi, tentativi di conversione forzata, rapimenti e violenze di ogni tipo. Non mi sento di biasimarli se vogliono emigrare: non tutti sono chiamati al sacrificio fino al martirio.
Al Sharaa cerca legittimazione internazionale.
Mi pare evidente che al Sharaa non ha il controllo del Paese.
Cosa significa per lei, laico, lavorare per dei consacrati?
Per me lavorare con i religiosi della Custodia di Terra Santa è stata l’occasione per capire cos’è una presenza cristiana che rimane e che permette di costruire. Le vite di tante persone - che ho raccontato nel mio ultimo libro, Un maestro per Samir, non sarebbero cambiate se da ottocento anni non ci fosse la presenza francescana in Siria.
Lei ha raggiunto i religiosi francescani fin nei villaggi cristiani della provincia di Idlib.
Quando sono arrivato io la provincia di Idlib era già governata dai jihadisti di al Qaeda e poi di Hayat Tahrir Al Sham. Era pericolosissimo, se non impossibile, entrare a Idlib ma i francescani non hanno mai lasciato le comunità cristiane dei villaggi sparsi sul territorio. Lì, come racconto nel libro, i religiosi si sono resi protagonisti di azioni umanamente incredibili, guadagnandosi il rispetto degli islamisti: anche un terrorista, davanti a un gesto di gratuità, si commuove. Adesso, da quando Hayat Tahrir al Sham è diventato per così dire il partito di maggioranza, non ci sono più zone off limits in Siria, poiché anche il resto del Paese è dominato dagli islamisti.
A proposito del suo libro, i sette racconti che lo compongono, ambientati nel pieno della guerra civile siriana, tra il 2013 e il 2022, prendono il nome da altrettante persone che lei ha incontrato o le cui storie le sono state narrate. Eppure i particolari della guerra restano sullo sfondo, e gli episodi che storicamente hanno segnato il conflitto - i bombardamenti, la fame provocata dalle sanzioni - non sono dettagliati. L’appartenenza sociale, religiosa e culturale dei personaggi è solo adombrata: la narrazione lascia intuire piuttosto che descrivere. Perché ha fatto questa scelta?
Tutte le vicende raccontate sono reali, anche se i nomi dei protagonisti sono necessariamente cambiati. Ho deciso di non approfondire la dimensione geopolitica perché credo che la geopolitica non spieghi tutto, e perché intendevo valorizzare l’aspetto umano delle storie. Volevo raccontare come anche dentro la guerra la vita non cessi di stupirci, e come la sofferenza, se viene attraversata da un’altra misura, può generare qualcosa di bello. Intendiamoci, anche i cristiani fanno fatica a perdonare, fanno fatica a parlare di perdono, però sono gli unici che lo fanno. Il nostro compito di occidentali, secondo me, è accompagnare questi popoli verso la pacifica convivenza tra religioni, ma senza sostituirci a loro: sono loro che devono essere i soggetti attivi, i protagonisti del cambiamento. Altrimenti, si ricade nella logica dell’imposizione dall’esterno.

