Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Vincenzo de’ Paoli a cura di Ermes Dovico
ISLAM

Siria, al-Sharaa all'Onu riceve un immeritato bagno di legittimità

Nonostante la nuova Siria sia un paese disastrato e con un regime violento che perseguita le minoranze, il suo leader al-Sharaa va all'Onu a prendersi gli applausi del mondo civile. Compreso un incontro con Giorgia Meloni, non necessario.

Esteri 27_09_2025
Al Sharaa all'Onu (La Presse)

Nonostante gli appelli e le proteste in Siria e fuori, da Berlino a New York, di cui anche la NBQ ha dato conto, mercoledi’ 24 settembre Ahmed al Sharaa ha parlato come previsto a un consesso di capi di Stato nell’ambito dell’ottantesima Assemblea Generale degli Stati Uniti - UNGA 80.

Nel suo intervento il leader della formazione ex quadista Hayat Tahrir al Sham autoproclamatosi presidente della Siria ha detto che il suo Paese «reclama il posto che gli spetta tra le nazioni del mondo», chiedendo la rimozione totale delle sanzioni comminate a suo tempo a Damasco e ad onor del vero già revocate quasi del tutto.

Al Sharaa ha spiegato ai leader mondiali che «la storia della Siria è la storia di una lotta tra il bene e male. Per anni, abbiamo sofferto ingiustizie ed oppressione; poi, ci siamo alzati per reclamare la nostra dignità». Il leader siriano ha poi ribadito con forza il suo sostegno alla popolazione di Gaza, stritolata dalla morsa israeliana (peraltro lo Stato Ebraico e’ protagonista di un recente new deal con la Siria) senza pero’ citare le sofferenze del suo stesso popolo, vittima di una crudele epurazione - e non usiamo il termine a caso - da parte del suo governo. Dalla presa del potere in Siria di HTS l’8 dicembre scorso, infatti, l’Osservatorio siriano per i diritti umani ha documentato centinaia di migliaia di episodi, in primis contro le minoranze religiose ma non solo, di omicidi, torture, rapimenti, stupri, violenze di ogni tipo, furti, saccheggi, espropri da parte delle milizie filogovernative, di foreign fighters fuori controllo affiliati a questa o quella formazione jihadista, di sedicenti forze dell’ordine che hanno insanguinato il Paese nel silenzio dell’opinione pubblica internazionale.

Il cambio di passo occidentale, Onu in testa, verso il nuovo governo della Siria del post Assad ha sacrificato migliaia di siriani. Emblematico della miopia politica, o del trionfo della ragion di Stato senza se e senza ma nel trattare con la Siria è un episodio recente: gli Stati Uniti, che nel luglio scorso hanno tolto Hayat Tahrir al Sham dalla lista delle “organizzazioni terroristiche internazionali” e stracciato la taglia da dieci milioni di dollari che pendeva sul capo di al Sharaa, il 22 settembre hanno posto fine allo status di protezione temporanea (Tps) per i cittadini siriani. In breve, se i rifugiati provenienti dalla Siria non lasciano gli Usa entro 60 giorni, rischiano l’arresto e l’espulsione. La misura riguarda seimila siriani che beneficiavano del Tps a partire dal 2012. Secondo il Federal Register, l’organo che ha emanato tale disposizione, e’ contrario all’interesse nazionale permettere ai siriani di rimanere negli USA, dato che la Siria, “covo di terrorismo ed estremismo per quasi due decenni" adesso è un Paese sicuro.

Il discorso di al Sharaa all’Onu è stato seguito in patria dai compagni di Hts su maxi schermi piazzati nelle principali città, a sottolineare l’unicità dell’evento ‒ è infatti la prima volta dagli anni Sessanta, prima che gli Assad prendessero il potere, che un leader siriano viene invitato a parlare all’Onu. Lo speech è stato pertanto accompagnato in Siria da manifestazioni di giubilo, compresi spari e fuochi d’artificio. Solo nell’area occidentale del Paese, tra Latakia e Homs, nel territorio di Wadi al-Nasara, un altro tipo di bagliori ha illuminato il cielo durante le parole di al Sharaa: nella cosiddetta "valle dei cristiani", popolata in maggioranza da greco-ortodossi, infuria il fenomeno degli incendi dolosi. L’area, su cui sorgono decine di villaggi, brucia da giorni e secondo i residenti è stata intenzionalmente data alle fiamme da estremisti islamici. Non solo, gli abitanti della zona accusano il governo siriano di aver fornito una risposta lenta e inadeguata: mentre la popolazione si dà da fare con secchi e mezzi di fortuna, il governo non ha inviato tempestivamente elicotteri e autopompe.

Il 25 settembre il governo ha fatto sapere che "l’80 percento degli incendi è stato domato" dopo che le fiamme hanno imperversato indisturbate per giorni. Migliaia di ettari sono andati perduti a partire dalla scorsa estate, quando e’ iniziato il fenomeno degli incendi dolosi nella regione.

Nulla di ciò è stato citato da al Sharaa nel suo discorso all’Assemblea dell’ONU, ed evidentemente gli altri leader presenti hanno finto di credere alla sua narrazione. Dispiace che il nostro Primo Ministro, che a New York ha stigmatizzato il terrorismo di Hamas si sia reso protagonista nello stesso ambito di un non necessario incontro bilaterale con al Sharaa, confermando «il sostegno dell’Italia alla ricostruzione di una Siria stabile e sovrana anche attraverso investimenti da parte delle aziende italiane in molteplici settori di reciproco interesse». Il richiamo a «lavorare sul tema dell’inclusione e della tutela di tutte le componenti della società siriana, a partire dalle minoranze come quella cristiana» condiviso da Meloni con al Sharaa suona sinistro dopo che tutte le evidenze attestano che l’”inclusione” in Siria non è praticata, e probabilmente senza un ulteriore cambio di governo non lo sarà.