Sanare la ferita provocata da Amoris laetitia
Con l’Esortazione apostolica postsinodale Amoris laetitia, il pontificato di Francesco ha inferto una profonda ferita alla Chiesa. Una ferita che dovrà essere sanata se si vorrà che essa ritrovi unità interiore e pace.

Nella Chiesa cattolica c’è un principio ferreo: il suo insegnamento, pur aprendosi a nuove prospettive che si dischiudono nel corso della storia, deve sempre collegarsi senza contraddizioni alla tradizione. Ne va qui dell'unità tra fede e ragione. Poiché Dio è la ragione per eccellenza, accettare rotture o contraddizioni significherebbe rinunciare alla coerenza interna del deposito dottrinale della Chiesa. Verrebbe messa in discussione la partecipazione della Chiesa alla verità eterna di Dio e si relativizzerebbe l'incarnazione del Verbo eterno in Gesù Cristo. In breve, Dio verrebbe spinto ai margini e la dottrina sacra diventerebbe sempre più una questione di potere di gruppi ecclesiali, uno sviluppo che possiamo osservare, ad esempio, nelle denominazioni protestanti nate dalla Riforma. Molti fedeli avrebbero così l'impressione che fede, morale e pastorale possano essere oggetto di trattativa, cosa che darebbe una spinta sostanziale al relativismo.
UNA PROFONDA FERITA INFLITTA ALLA CHIESA VISIBILE
Con l’Esortazione apostolica postsinodale Amoris laetitia (AL), il pontificato di Francesco ha inferto una profonda ferita alla Chiesa visibile, una ferita che dovrà essere sanata se si vorrà che essa ritrovi unità interiore e pace. In questo documento si apre la possibilità di amministrare i sacramenti a persone che vivono in cosiddette "situazioni irregolari" (AL 301-308, nota 351). Tutti gli argomenti, soprattutto pastorali, addotti in questo contesto di AL, a favore di questa apertura erano già stati ampiamente discussi per decenni. Giovanni Paolo II aveva già considerato tali argomentazioni nella sua Esortazione postsinodale Familiaris consortio (FC) e nell'enciclica Veritatis splendor (VS), per poi respingerle con decisione, in conformità alla Tradizione della Chiesa, negando la possibilità di un allentamento dell'ordine sacramentale (FC 84). Questo chiaro tracciamento dei confini è stato ribadito nei documenti successivi del Magistero, tra l’altro anche nel Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC 1650) e nell'Esortazione postsinodale Sacramentum caritatis di Benedetto XVI (29). Pertanto, per chiunque agisca in buona fede, in Amoris laetitia si può riconoscere esattamente quella contraddizione nella dottrina della Chiesa che, secondo la stessa dottrina, non può mai sussistere.
Esistono ambiti fondamentali della morale così strettamente legati alla natura dell’uomo e alla sua dignità, che ogni loro violazione rappresenta sempre e comunque un oggettivo peccato grave. Abbiamo qui a che fare con i cosiddetti "actus intrinsice malus", ovvero atti intrinsecamente cattivi. Questa dottrina è chiaramente attestata nella Sacra Scrittura, è sempre stata presente, almeno implicitamente, nella Tradizione ininterrotta della Chiesa, è stata formulata con chiarezza da sant'Agostino, sistematizzata da san Tommaso d'Aquino (cfr. Summa Theologiae I-II q.18,4), approfondita da Paolo VI nell'enciclica Humanae vitae (14) e infine ribadita da Giovanni Paolo II come dottrina vincolante della Chiesa (cfr. Veritatis splendor 79-81). Secondo Giovanni Paolo II, per questo, «le circostanze o le intenzioni non potranno mai trasformare un atto intrinsecamente disonesto per il suo oggetto in un atto “soggettivamente” onesto o difendibile come scelta» (VS 81). Di conseguenza, senza un vero atto di rinuncia al comportamento peccaminoso, non è possibile accedere ai sacramenti (cfr. FC 84). La modifica della prassi nell’amministrazione dei sacramenti, quindi, non rappresenta, come viene talvolta affermato, un'evoluzione di Familiaris consortio, ma una rottura rispetto al suo insegnamento essenziale sull'antropologia e la teologia del matrimonio e della sessualità umana. E non può di certo appellarsi correttamente a san Tommaso d'Aquino.
DOVE NON E' POSSIBILE UNA DECISIONE CASO PER CASO
A questo ambito centrale della morale appartiene la sessualità umana. Contrariamente alla concezione odierna, prevalente soprattutto in Occidente, che considera la sessualità quasi un bene di consumo, ne va qui di una visione in cui la sessualità umana è espressione della comunione integrale tra uomo e donna, a livello corporeo, spirituale e personale: «Un simbolo reale della donazione totale della persona» (FC 80).
La temporalità è parte essenziale della persona umana, tanto che il sì detto all'altro include anche il sì alla sua storia passata e al suo futuro, come trova espressione nel Sì dell’assenso matrimoniale. Si comprende allora quando San Giovanni Paolo II afferma che nella sessualità ne va di persone «la cui dignità richiede che siano per sempre e unicamente finalità di un dono d'amore, senza alcuna limitazione temporale o altra» (FC 80). L'unione sessuale è quindi linguaggio del corpo con un suo significato. Un significato che lascia intendere come pienamente sensato che ogni atto sessuale sia come un rinnovamento della promessa matrimoniale. L'amore tra uomo e donna è il fondamento del matrimonio e della famiglia, ed è il pilastro su cui si regge l'intero edifico della vita umana attraverso le generazioni. In quest'ottica, si comprende perché la Chiesa consideri ogni forma di attività sessuale al di fuori di questo contesto, considerato permanente, tra uomo e donna come una violazione oggettiva della dignità umana e quindi come peccato.
Tra questi comportamenti rientrano, tra l’altro, la masturbazione, i rapporti sessuali prima e fuori dal matrimonio, l'uso di metodi contraccettivi, nei quali i partner finiscono inevitabilmente per ridursi l'un l'altro a oggetto, così come i comportamenti omosessuali.
Il linguaggio del corpo nella sessualità non può quindi essere semplicemente ignorato attraverso circostanze attenuanti o buone intenzioni soggettive; né una situazione oggettivamente grave di peccato può essere legittimata mediante l’amministrazione dei sacramenti. In questi casi non è possibile una decisione caso per caso, perché la natura dell'essere umano è invariabilmente presente in ogni suo comportamento sessuale.
TOMMASO D'AQUINO CITATO IN MANIERA INAPPROPRIATA
Secondo Paolo VI, «non è mai lecito — nemmeno per motivi gravissimi — fare oggetto di un atto positivo di volontà ciò che è intrinsecamente disordine e quindi indegno della persona umana, anche se nell’intento di salvaguardare o promuovere beni individuali, familiari o sociali» (HV 14). In relazione a questo problema Tommaso d’Aquino viene citato in Amoris laetitia in modo del tutto inappropriato e fuorviante (cfr. AL 304 e nota 347), mentre la sua dottrina sugli “atti intrinsecamente malvagi” viene ignorata.
In Amoris laetitia si afferma, a proposito delle cosiddette "situazioni irregolari", che la «Chiesa [...] possiede una solida riflessione sulle condizioni attenuanti e sulle circostanze», e pertanto «non è più possibile affermare che tutti coloro che si trovano in una qualche situazione cosiddetta ‘irregolare’ vivano in stato di peccato mortale e abbiano perso la grazia santificante» (AL 301). A questo proposito ci si deve chiedere: chi mai ha sostenuto un'affermazione simile? Personalmente non mi è mai capitato di incontrare un sacerdote, per quanto conservatore, che l’abbia affermato. Secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC 1857), un atto può costituire peccato mortale soltanto quando sono presenti contemporaneamente tre condizioni: materia grave (sul piano oggettivo), piena avvertenza e deliberato consenso (sul piano soggettivo). Tuttavia, ciò che Amoris laetitia omette di considerare è che, anche se non sussistono pienamente i criteri soggettivi, la sola presenza della materia grave è sufficiente a esigere, per accedere al sacramento della Penitenza e della Santa Comunione, il distacco da un uso peccaminoso della sessualità. Anche il riferimento, contenuto in AL 302, alla dichiarazione generale del Catechismo riguardante la libertà di volontà — secondo cui «l'imputabilità e la responsabilità di un'azione possono essere sminuite o annullate dall'ignoranza, dall'inavvertenza, dalla violenza, dal timore, dalle abitudini, dagli affetti smodati e da altri fattori psichici oppure sociali (CCC 1735) — non risolve la questione. Quando, infatti, si può affermare con certezza che una persona capace di intendere e volere sia davvero priva di piena responsabilità? Quando può una persona stessa affermarlo con sicurezza riguardo a sé?
CHI MALGRANDO QUESTO ACCEDE AI SACRAMENTI ARROGA A SE STESSO IL GIUDIZIO
Ovviamente, in una prospettiva cristiana esistono molteplici situazioni irregolari che riguardano anche credenti sinceri e che, umanamente parlando, appaiono comprensibili: persone abbandonate dal coniuge, rimaste sole senza avvertire la vocazione al celibato; coppie che hanno vissuto una situazione prematrimoniale segnata da una differenza di vedute tra il partner credente e quello non credente; persone che, per varie ragioni, vivono in disordini sessuali e trovano una certa stabilità emotiva in relazioni irregolari; famiglie nate in modo irregolare, la cui stabilità sarebbe messa a rischio dalla richiesta di astinenza; omosessuali che, tramite una relazione stabile, riescono almeno temporaneamente a sfuggire al rischio di una promiscuità pericolosa; e altre situazioni. Ogni pastore conosce bene queste situazioni.
Chiunque abbia una minima consapevolezza delle proprie debolezze non punterebbe mai il dito contro tali persone. Anche San Giovanni Paolo II, nella Familiaris consortio, evita di parlare esplicitamente di peccato mortale o adulterio continuato, pur esigendo l'osservanza dell'ordine sacramentale. Esiste però una grande differenza tra coloro che, nell’umile consapevolezza della santità dei comandamenti, confidano nella misericordia divina, e coloro che, pur vivendo oggettivamente in contrasto con i comandamenti, si arrogano il giudizio su se stessi accedendo di propria iniziativa ai sacramenti.
Per quanto riguarda il ruolo del sacerdote, occorre sottolineare che non gli compete porre la propria constatazione di "circostanze attenuanti" al di sopra della situazione di vita oggettivamente irregolare dei diretti interessati e amministrare comunque i sacramenti.
Se si tratta, secondo i criteri che definiscono i peccati gravi, di una "materia grave", la Chiesa non ha alcuna autorità in proposito. La grazia di Dio non è vincolata ai sacramenti, ma solo a Lui spetta il giudizio in tali casi, e noi non lo conosciamo. L'amministrazione dell'Eucaristia è un atto oggettivo, in cui Dio, in un certo senso, si lascia "costringere". Tuttavia, non si può amministrare per decreti la misericordia di Dio. Inoltre, con l'amministrazione dei sacramenti in tali situazioni, viene eliminato ogni stimolo a cambiare la propria condizione e a progredire spiritualmente. Il calore pastorale non può portare alla freddezza nei confronti di Dio e dei suoi comandamenti.
GRANDE VICINANZA AL MOVIMENTO LGBT
Innumerevoli sacerdoti nella Chiesa cattolica si sforzano, con amore, sensibilità, pazienza e umiltà di accompagnare le persone in situazioni irregolari e di mantenerle in contatto con Dio. Nell’esortazione postsinodale Amoris laetitia, si vedono accusati di appartenere a coloro che «applicano solo leggi morali come se fossero pietre che si lanciano contro la vita delle persone» e che «con cuori chiusi si nascondono dietro gli insegnamenti della Chiesa [...] per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare i casi difficili e le famiglie ferite» (AL 305).
È degno di nota che nei punti decisivi di Amoris laetitia non si parli di divorziati risposati, bensì in generale di "situazioni irregolari". Questo fatto è passato quasi inosservato nel dibattito degli anni successivi alla pubblicazione di quel documento. Con "situazioni irregolari" possono essere intese tutte le condizioni di vita che si trovano al di fuori dell'ordine cristiano della vita, comprese le relazioni omosessuali. La dichiarazione Fiducia supplicans, che dovrebbe consentire la benedizione delle coppie omosessuali, è dunque strettamente collegata ad Amoris laetitia.
Qui si abbandona definitivamente il terreno della legge naturale e si legittimano in modo quasi sacramentale unioni diverse da quella tra uomo e donna. Quasi inavvertitamente, si evidenzia qui una grande prossimità con i movimenti LGBTQ e Gender. Per questi movimenti, la sessualità è una sorta di elemento intercambiabile per forme di vita arbitrarie, tutte da considerarsi equivalenti e degne di essere comunque promosse. Occorre inoltre tenere presente che il clero della Chiesa cattolica ha un problema con le reti omosessuali. L'80% degli abusi sessuali su minori da parte di membri del clero cattolico è stato abuso di natura omosessuale. Quando la questione degli abusi è stata affrontata dalla Chiesa, questo aspetto del problema è stato sistematicamente ignorato. Per molti fedeli ne è scaturita la fatale impressione che con Amoris laetitia il clero si sia procurata una comoda via d’uscita per accedere all’altare senza conversione e senza confessione sacramentale.
UN ATTO DI ROTTURA CON LA TRADIZIONE MAGISTERIALE
In sintesi, si deve affermare che l’allentamento dell’ordine sacramentale nell’esortazione postsinodale Amoris laetitia rappresenta un atto di rottura rispetto ai dati biblici e alla tradizione magisteriale della Chiesa, senza che si riconosca un serio tentativo di cercarne una compatibilità con la tradizione stessa; al contrario, si arriva a richiamare Tommaso d’Aquino in modo fuorviante, e non si esita a ricorrere a polemiche e insinuazioni. Poiché il peccato grave è l’unico criterio oggettivo di esclusione dalla ricezione dei sacramenti, sorge la domanda: quali criteri oggettivi di esclusione dovrebbero ancora esistere d’ora in avanti?
A questa domanda Amoris laetitia non dà risposta. Questo atto di rottura si fonda su una teologia morale di tipo consequenzialista, che prende come unico metro di giudizio una vita terrena riuscita, abbandona il diritto naturale, rimuove le obiezioni contro mezzi moralmente illeciti e perde così il riferimento alla santità e alla sovranità di Dio tra gli uomini.
Questa corrente della teologia morale è stata già e da ultimo respinta da Giovanni Paolo II nella sua enciclica Veritatis splendor come non conforme all’insegnamento della Chiesa.
Senza superare le contraddizioni tra l’attuale magistero ecclesiale e la tradizione della Chiesa, e senza il ripristino di un ordine sacramentale internamente coerente — in breve, senza la guarigione della profonda ferita inferta alla Chiesa visibile da Amoris laetitia — non ci sarà né superamento della divisione né pace nel cuore della Chiesa cattolica.
Al contrario, il suo sviluppo nel presente, la sua crescita spirituale e i suoi frutti continueranno a essere ostacolati dalla stessa gerarchia ecclesiastica. L’ordine sacramentale tramandato rappresenta una protezione essenziale per i fedeli e i pastori nel loro approccio alle situazioni irregolari. Senza condannare, esso ricorda ai credenti la realtà della loro condizione di vita e li protegge dalla presunzione nel loro porsi davanti al sacro.
Ai pastori permette, da un lato, di entrare pienamente nella situazione dei fedeli, di accompagnarli e, se necessario, anche di sostenerli, dall’altro, li libera dall’arroganza di presumere di conoscere in maniera esatta la prospettiva divina e dalla pressione di dover confermare sacramentalmente le forme di vita con cui si trovano a confrontarsi.
Pubblicato per la prima volta su "Die Tagespost" il 28 aprile 2025
Traduzione: Giuseppe Reguzzoni
Amoris laetitia non giustifica fughe in avanti
Una lettura attenta e senza pregiudizi ideologici dell'esortazione post-sinodale fa emergere che il vero centro del documento è la valorizzazione della famiglia. E sulla comunione ai divorziati risposati il Papa non prende posizione, per cui non può non restare in vigore la prassi precedente.
Amoris Laetitia come Vangelo: la nuova religione di Avvenire
Ancora veleni dall'establishment ecclesiale contro i docenti dell'Istituto Giovanni Paolo II licenziati. Una pagina intera di Avvenire, firmata dal solito Luciano Moia, li accusa di attacchi al Papa (e quindi di essersi meritati l'epurazione) solo per avere interpretato l'esortazione apostolica Amoris Laetitia alla luce del Magistero precedente. E rivendica lo spirito rivoluzionario e dogmatico del documento papale che non ammette discussioni. Contro le stesse parole di papa Francesco contenute in Amoris Laetitia.
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Una rivoluzione (ambigua) chiamata Amoris Laetitia
«Il testo di Amoris laetitia è rivoluzionario e ambiguo, lo dimostra il fatto che è stato interpretato diversamente in Germania e in Polonia. Parte di responsabilità ce l'ha il inguaggio utilizzato che è allusivo e non dichiarativo. Chiamare il peccato “fragilità” è ambiguo. Ma è un'ambiguità che ha ragioni non casuali». La Nuova BQ intervista il professor Stefano Fontana, autore del libro Esortazione o rivoluzione? Tutti i problemi di Amoris laetitia. «La novità di AL consiste nel cambiare la dottrina senza dirlo. Una rivoluzione».
In Amoris laetitia la fonte di due opposte pastorali
L'iniziativa dei vescovi di Belluno e Vittorio Veneto che apre ai sacramenti per i divorziati risposati si riferisce esplicitamente ad Amoris laetitia. Che in effetti è ambigua su questo punto, così da legittimare due opposte pastorali. Ma considerando la legge di Cristo come un ideale, crea un taglio anche con il magistero precedente.
Avvenire sposa il divorziato Sala usando Amoris Laetitia
Le esternazioni del sindaco di Milano, Giuseppe Sala, sulla sua vita di credente e il commento del giornale dei vescovi sono un esempio del triste stato di confusione seguito all’Esortazione apostolica Amoris Laetitia. L'esortazione di Papa Francesco lascia aperte tutte le strade. Ormai se ne parla per slogan.
Tutti i problemi di un Anno dedicato ad Amoris laetitia
Il Papa ha indetto l’Anno della famiglia Amoris laetitia per diffondere la conoscenza dell’Esortazione, per applicarne i criteri e per chiedere l’adesione ai suoi contenuti. Ma in ogni diocesi e in ogni parrocchia il corpo ecclesiale è diviso su quei contenuti. Amoris laetitia è il paradigma di una trasformazione radicale della teologia morale cattolica.
Vescovi fiamminghi: sì a benedizioni coppie gay usando Amoris laetitia
La decisione dei vescovi di lingua fiamminga di rendere pubblica una “liturgia” per la benedizione delle coppie omosessuali si pone in aperto scisma con la Chiesa, ma il documento utilizza Amoris laetitia per giustificarsi. Toccherà al Papa stabilire se l’interpretazione di AL e del processo sinodale da parte dei vescovi fiamminghi sia andata troppo in là oppure no. Ammesso che non assuma una posizione di “neutralità disarmata”.
Benedire senza convertire: il modello è Amoris laetitia
Fiducia supplicans non fa che coronare la cosiddetta "via caritatis", che si illude di salvare il peccatore scusando il peccato. Un metodo in atto da anni che cela un vecchio errore già denunciato da Pascal.
- DOSSIER: Lo strappo sulle benedizioni delle unioni gay
Da Amoris Laetitia a Fiducia Supplicans, la morale ribaltata
In tema di morale naturale il pontificato di Francesco ha segnato una rottura con la dottrina cattolica, sia a livello di documenti ufficiali che di dichiarazioni informali (vedi lode a Emma Bonino). Il suo tratto tipico: l’elaborazione di una morale senza metafisica, slegata dal vero e dal bene.
Gli appunti di Benedetto XVI "correggono" Amoris laetitia
Riproponendo l'enciclica di San Giovanni Paolo II "Veritatis Splendor" come argine al "collasso" della morale cattolica, Benedetto XVI in realtà entra in contrasto con quanto descritto dall'esortazione apostolica "Amoris Laetitia".
Amoris Laetitia letta alla luce di Amoris Laetitia
Il Papa scrive a Stephen Walford, autore di un prossimo libro su Amoris Laetitia. Dopo aver esortato a leggerla nella sua interezza ribadisce l'assenza di rotture. Una forma che denota la volontà di evitare di rispondere direttamente ai dubbi suscitati dalla pubblicazione dell’esortazione, scegliendo invece la strada delle lettere agli amici. Ma asserisce una continuità che di fatto poi non si riesce o non si vuole dimostrare.
Amoris Laetitia, 62 firme per una correzione filiale
Docenti, teologi e persino il Superiore della Fraternità San Pio X tra i 62 firmatari di una correzione filiale consegnata al Pontefice su 7 passaggi di Amoris Laetitia considerati errati o eretici. Sotto accusa ancora una volta il paragrafo 303 dell'Esortazione post sinodale.
Il Papato al tempo della Amoris Laetitia
Dalla Civiltà Cattolica al cardinale Schönborn, in molti sostengono che la grande novità della Amoris Laetitia sia il linguaggio, che si vuole più aderente alla concretezza esistenziale. Ma ciò pone anche un problema: finora i Papi intervenivano per chiarire e definire, qui invece si vuole porre problemi, aprire processi su cui deciderà la storia. È una nuova concezione del Papato.
Amoris Laetitia, la gran disputa sulle interpetazioni
A due mesi dall'esortazione post-sinodale emerge una pluralità di interpretazioni. Domina l'indeterminatezza che però sta producendo un conflitto di interpretazioni di cardinali e addetti ai lavori. Un libro sullo svolgimento del Sinodo e sull'esito dell'Amoris Laetitia prova a fare chiarezza.
«Santità, la prego risponda a queste tre domande su Amoris Laetitia»
«Con tutto il rispetto, l'affetto, e la devozione che sento per il Santo Padre gli direi: “Santità, chiarisca, per favore, questi punti"». Comincia così l’intervista che il cardinale Carlo Caffarra ha rilasciato a Maike Hickson e pubblicata l'11 luglio sul blog OnePeter5. Il tema è l’Amoris Laetitia di papa Francesco e l’interpretazione che recentemente ne ha dato il cardinale Schönborn.
Anche il teologo Livi ha "dubia" sull'Amoris Laetitia
Il dibattito su AL e i dubia al Papa dei quattro cardinali. Parla il teologo Livi: "L’esortazione di papa Francesco sembra voler contraddire nella prassi quello che nella dottrina viene confermato. L’ambiguità è inaccettabile in un documento che pretende di essere magistero. In realtà è sudditanza psicologica alla falsa teologia del progressismo storicistico, per cui la Chiesa dovrebbe cambiare la verità rivelata da Dio per assecondare le esigenze del mondo moderno".
-VIA AL CONCISTORO, SULLO SFONDO LO SCONTRO di Lorenzo Bertocchi
Testimoni da tutto il mondo con una richiesta: “Fare chiarezza” subito sull’Amoris Laetitia - VIDEO
Sabato 22 Aprile 2017 a Roma, presso l’ Hotel Columbus in Via Della Conciliazione, si terrà il convegno internazionale organizzato da La Nuova Bussola Quotidiana e dal mensile Il Timone dal titolo: “Fare chiarezza ad un anno dall’Amoris Laetitia". Non si può più aspettare: la risposta del Papa è più che mai necessaria e urgente. E a chiederla non sono solo pochi e anziani cardinali, come qualcuno vorrebbe far credere, ma esperti e testimoni che rappresentano la Chiesa in tutto il mondo. Perchè in gioco non c'è "solo" la Comunione ai risposati, ma l'intera concezione della morale cattolica.
Amoris Laetitia, un vademecum per fare chiarezza
Viene presentato oggi a Roma, alla Pontificia Università Lateranense, il volume "Amoris Laetitia - Accompagnare, discernere, integrare". Si tratta di un "Vademecum per una nuiova pastorale familiare", preparato da tre docenti del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli Studi su Matrimonio e Famiglia: José Granados, Stephan Kampowski, Juan José Pérez-Soba.
- "FARE CHIAREZZA": IL NOSTRO CONVEGNO DEL 22 APRILE
"Noi possumus", il cuore delle aperture di Amoris Laetitia
Era tutto già scritto. Alcune interpretazioni del capitolo VIII di Amoris laetitia riprendono vecchie teorie. Lo dimostra un libro scritto della San Paolo nel 2005 dai cardinali Kasper e Martini. In punta di penna si sono battute linee precise su liturgia, ecumenismo, morale.
"I miei dubbi di teologo su Amoris laetitia"
Anche alcuni teologi si uniscono al coro dei dubia. Come il padre polacco Pawel Bortkiewicz. "Chi ha espresso i dubia non è un gruppo di eretici contro il Papa, ma persone preoccupate per la fede della Chiesa e per il suo messaggio". "Temo che, a causa dello stile vago e impreciso dell’Esortazione, qualcuno possa convincersi che in qualche situazione difficile la validità della legge morale possa essere sospesa in coscienza".
Amoris Laetitia, l'ambiguità è un grande pericolo
Padre Vincent Twomey, importante teologo morale, si aggiunge alla lista di teologi e vescovi preoccupati per le conseguenze che sta avendo nella Chiesa la molteplicità di interpretazioni dell'esortazione post-sinodale. A dimostrazione che a quasi un anno e mezzo dalla sua pubblicazione, e a quasi un anno dalla nascita dei Dubia, la mancanza di una risposta continua a suscitare disagio e a generare perplessità.
Sulla linea di Amoris Laetitia
Con la lettera apostolica in forma di Motu proprio Summa familiae cura, papa Francesco rifonda l’Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia. L’istituto voluto dal santo papa polacco fu definito nel 1982 e affidato, come primo preside, alle cure del cardinale Carlo Caffarra, oggi apparentemente cambia solo il nome, in realtà muta anche l’orizzonte di riferimento