San Martino tra storia, letteratura e tradizione
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Soldato, monaco e vescovo, attorno alla sua figura si sviluppò un culto duraturo che riecheggia negli usi della civiltà contadina e tra le pagine di grandi autori come Manzoni, Carducci e Pascoli.
Nato nel 316 a Sabaria, in Pannonia, figlio di un tribuno romano, Martino trascorse l’infanzia a Pavia, dove già da bambino mostrava un’inclinazione profonda verso la spiritualità. Arruolato per obbligo nelle Scholae imperiali, visse la vita del soldato tra disciplina e doveri, fino a quando un incontro inatteso cambiò per sempre la sua esistenza. In una notte gelida, davanti a un mendicante seminudo, intirizzito dal freddo, Martino non esitò a dividere con lui il proprio mantello militare: un gesto di compassione che divenne simbolo universale di carità.
Secondo la tradizione il gelo si attenuò proprio quel giorno. Nacque così l’espressione «l’estate di san Martino», un periodo di novembre meno freddo. La visione di Cristo rivestito di quella stoffa lo spinse verso la conversione, aprendo la strada a una vita di fede, missione e lotta contro l’eresia. Da soldato a monaco, da eremita a vescovo, Martino fu un pastore vicino al popolo, capace di evangelizzare le campagne e di fondare comunità monastiche che avrebbero segnato la storia del cristianesimo. A Candes-Saint-Martin, l’8 novembre del 397 Martino si spense mentre tentava di ricomporre le discordie tra il clero locale. Il soldato che aveva diviso il mantello, il monaco che aveva scelto l’ascesi e il vescovo che aveva portato il Vangelo nelle campagne venne acclamato da tutti come santo.
Attorno alla sua figura si sviluppò un culto potente e duraturo. Martino non lasciava soltanto il ricordo di miracoli e guarigioni, ma l’immagine viva di un uomo capace di trasformare la fede in azione e l’umiltà in forza spirituale. I suoi funerali furono celebrati a Tours l’11 novembre: da allora la festa di San Martino ricorre in quella data.
La giornata di San Martino nella tradizione agricola
In campagna l’11 novembre rappresentava per tradizione il termine e l’inizio dei contratti di locazione agricola e abitativa. Per la stessa ragione San Martino diveniva anche data consueta per altri obblighi o impegni. Secondo la tradizione agricola la festività di San Martino era tempo di svinatura, quando si estraeva il vino novello dai tini e lo si versava nelle botti, dopo la fermentazione. La data sanciva così la conclusione dei lavori agricoli e l’inizio del riposo.
San Martino è per questo associato al vino ed è considerato protettore degli ubriaconi (oltre che di soldati, volontari, osti, bottai). Nella mattinata di San Martino i bambini sfilavano per le strade del paese con ceste piene di pane. Non è forse un caso che la rivolta di Milano con l’assalto al forno delle grucce avvenga proprio quel giorno.
Perché San Martino è il termine per la scommessa tra don Rodrigo e il conte Attilio?
Ne I promessi sposi don Rodrigo scommette con il conte Attilio, suo cugino, che riuscirà a conquistare la popolana Lucia. Decide addirittura di raddoppiare la scommessa. Il termine fissato è proprio il giorno di San Martino per la tradizione ricordata. Avvicinandosi la data, il signorotto progetta il piano per rapire la ragazza la stessa sera del 10 novembre, quando Renzo e Lucia hanno pianificato il matrimonio di sorpresa.
Già dalla mattina accadono alcuni fatti insoliti nell’abitazione di Agnese e Lucia: un mendico dal sembiante «oscuro e sinistro» entra in casa a chiedere la carità, mostrando una strana curiosità sia negli atti che nelle domande che pone; altre figure sospette si affacciano o sembrano spiare. Tutti costoro sono in realtà i bravi di don Rodrigo che vogliono rapire Lucia. Dopo la partenza di fra Cristoforo, il cugino lo aveva deriso accusandolo di essere stato convertito dal religioso. Il piano per il rapimento fallisce, così come il matrimonio di sorpresa.
San Martino di Carducci
Una celebre poesia carducciana intitolata San Martino (nella raccolta Rime nuove) descrive un paesaggio autunnale, dipinto con colori, suoni e odori: poche pennellate presentano una natura toscana malinconica (nebbia) e mossa (mare in tempesta). L’odore dei vini che proviene dai tini e lo spiedo che scoppietta sui ceppi accesi amplificano la dimensione multisensoriale del borgo. Tra le vie animate da vite umane l’attenzione si concentra su una figura solitaria, immersa nella tranquillità del paese: un cacciatore, simbolo forse del poeta stesso, che osserva uccelli migratori. Essi diventano metafora dei pensieri della sera, legati ai defunti e alla fugacità della vita.
L’estate fredda dei morti di Pascoli
Dell’«estate fredda dei morti» di San Martino scrive Pascoli nella celeberrima Novembre (nella raccolta Myricae). Il poeta descrive una giornata bella, solare, dall’aria tersa e cristallina come una gemma, tanto da sembrare un’inaspettata primavera. Illuso, immagina albicocchi fioriti e rosmarino profumato.
La sensazione è però ingannevole: le piante sono spoglie e i rami neri si stagliano contro il cielo azzurro, mentre i piedi rimbombano sul terreno gelato. Il segno inequivocabile è la caduta delle foglie, accompagnate dal vento, che richiama l’autunno e il mondo dei morti. Non è primavera, ma l’estate di San Martino, coincidente con la settimana dell’11 novembre, quando il tempo sereno sembra illudere di una bella stagione. Novembre è anche il mese dei morti, che richiama ricordi funebri e luttuosi nella mente del poeta, segnato dalla scomparsa dei genitori e di alcuni fratelli.
San Domenico: predicatore di Cristo, atleta della verità
Le pagine degli Acta Sanctorum curate da Teodorico d’Appodia ci spiegano che il fondatore dell’Ordine dei Predicatori colpiva chiunque lo incontrasse con la sua presenza, luce e serenità. E per Dante, Domenico è il «drudo della fede».
San Bernardo, la dolcezza della parola e la forza della fede
Nella Divina Commedia a condurre Dante alla visione di Dio è il santo fondatore di Chiaravalle, che Pio XII definì Doctor mellifluus, il «dottore dal parlare dolce come il miele» ma combattivo nel difendere la verità.
San Pietro, la crepa e la roccia
Il libro di Cristoforo Colombo (Paul Claudel), Fondata sulla roccia. Una storia della Chiesa cattolica (Louis de Wohl), Barabba (Pär Lagerkvist): un dramma, un saggio e un romanzo che ci parlano del primo Papa.

