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Sala Stampa, il sospetto dell'arbitrio sui posti in prima fila

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Malumori tra i giornalisti presenti all'incontro di Leone XIV, ma la comunicazione vaticana non comunica i criteri di selezione dei fortunati ammessi alla "passerella". Un altro campo in cui il Papa canonista sarà chiamato a ripristinare le regole del gioco.

Editoriali 15_05_2025
foto di Cecilia Fabiano/ LaPresse

Il nostro articolo sull'udienza di Leone XIV ai rappresentanti dei media ha suscitato diverse reazioni tra gli addetti ai lavori. Tanti colleghi ci hanno scritto per manifestare gli stessi dubbi sulla modalità di selezione dei giornalisti fatti accomodare in prima fila.

Alcuni ci hanno raccontato anche la loro esperienza – non certo positiva – di lunedì. Sin dalla prima mattina in piazza Sant'Uffizio si è creata una lunga fila di operatori in attesa di fare i controlli ed entrare al Petriano. Un collega in possesso di accredito ordinario spiega: «nessuno ci ha comunicato che esisteva una precedenza per noi "ordinari". Alcuni, però, lo sapevano e infatti sono entrati per primi in aula Paolo VI ed hanno evitato le code». In effetti le indicazioni relative all'evento inviate dalla Sala Stampa non riportavano alcuna differenziazione sugli ingressi.

Ma a far discutere è soprattutto la scelta di assegnare le prime file in Aula Nervi ad un numero limitato di giornalisti accreditati, garantendo loro l'ambito "baciamano" col Papa neoeletto. Come sono stati scelti i nomi dei colleghi da far accomodare in prima fila? E da chi? Una domanda che ci siamo posti nell'articolo di martedì e che purtroppo resta senza risposta. Abbiamo infatti scritto alla Sala Stampa della Santa Sede per richiedere spiegazioni al direttore Matteo Bruni. Spiegazioni che però non sono arrivate. Abbiamo provato anche a mandare un messaggio a Bruni che però, mentre scriviamo, non ha sentito il bisogno di risponderci.

Qualche giornalista, però, ci ha confidato di aver chiesto delucidazioni sul momento al capo della Sala Stampa sotto il cui naso è avvenuta la "passerella" per pochi privilegiati. Secondo queste confidenze, il direttore avrebbe risposto che i colleghi sarebbero stati scelti dopo un'estrazione a sorteggio. Se fosse vero sarebbe ancora più interessante sapere le modalità di questa sorta di "riffa" a nostra insaputa. Ma chiaramente è solo una voce che però ci tocca riportare dal momento che la Sala Stampa fino ad ora non ha ritenuto fornire un chiarimento pubblico su un tema che noi abbiamo posto pubblicamente ma che diversi colleghi hanno sollevato in privato. Eppure sappiamo che l'articolo è circolato ed è stato letto dagli interessati.

In assenza di spiegazioni sull'accaduto, il rischio è di alimentare il sospetto che il criterio dell'arbitrarietà sia stato adottato per assegnare i posti in prima fila a certi professionisti piuttosto che ad altri (c’erano diverse giornaliste mamme con bambini molto piccoli, in udienze simili in genere hanno la precedenza). In un'intervista per commentare l'inizio del nuovo pontificato monsignor Georg Gänswein ha detto che «ora è finita la stagione dell’arbitrarietà». Certo, non sarà facile ripetere simili situazioni una volta che Leone XIV avrà preso pieno controllo della stanza dei bottoni vaticana.

Chi lo conosce bene e lo ha visto all'opera nei capitoli degli agostiniani racconta che al canonista Robert Francis Prevost piacciono – e molto – le regole. In questi due anni a Roma il neo Papa ha dimostrato una bella sobrietà, impermeabile alle luci dei riflettori. E anche l'house organ della Santa Sede sembra essersi occupata poco di lui. Nonostante fosse prefetto di dicastero, le sue numerose celebrazioni in giro per l'Italia e altre missioni nel mondo non hanno ricevuto granché copertura dai media vaticani.

Nulla a che vedere con l'esposizione riservata a suoi ex colleghi come, ad esempio, Luis Antonio Tagle quasi onnipresente tra interviste fatte o rilanciate, resoconti di impegni, relazioni di convegni e così via. Ma se il presule filippino è entrato in conclave Papa e ne è uscito cardinale, come da celebre massima, l'agostiniano Prevost ci è entrato da cardinale e ne è uscito Papa. E c'è da scommettere che vorrà dare la sua impronta, anche sulla comunicazione.



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