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CRISI A MOSCA

Russia, il golpe di Prigozhin finisce a "tarallucci e vino"

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Si è risolta in meno di 24 ore l'insurrezione della compagnia militare privata Wagner, avvenuta in circostanze che lasciano molti punti oscuri. Ma l'accordo trovato, con l'esilio in Bielorussia, lascia il protagonista Prigozhin libero di gestire ancora la sua armata...

Esteri 26_06_2023
Prigozhin e Putin

L’aveva chiamata “marcia della giustizia” destinata a “fare pulizia al Ministero della Difesa” di Mosca, invece l’insurrezione della compagnia militare privata Wagner, scatenata da Evgeny Prigozhin, si è risolta in meno di 24 ore in poco più che una scampagnata che lascia molti aspetti da chiarire e sembra accontentare tutti i protagonisti ma soprattutto Putin.

Sabato, quando il leader della Wagner ha proclamato l’insurrezione lamentando attacchi aerei contro i suoi uomini - smentiti da Mosca -, c’è chi aveva ipotizzato che Prigozhin fosse passato al soldo di USA e NATO e diversi osservatori e opinionisti hanno rapidamente trasformato il “criminale di guerra” capo di “mercenari sanguinari” in eroe pronto a morire per la libertà e la democrazia in Russia.

Una metamorfosi mediatica durata solo poche ore ma che ha messo in luce l’imbarazzo occidentale di fronte a un evento che probabilmente nessuno si aspettava, nonostante i toni sempre più aspri di critica assunti da Prigozhin nei confronti dei vertici militari di Mosca, del ministro della Difesa e persino della decisione di avviare la guerra in Ucraina che investe direttamente il Cremlino.

Basti pensare che, come ha raccontato ieri il Wall Street Journal, il dipartimento di Stato americano ha rinviato l’adozione di nuove sanzioni contro la Wagner, che gli USA hanno già in passato sanzionato, “ma continuare ora questa strategia mette Washington nella difficile posizione di aiutare Putin” ha detto il diplomatico Cameron Hudson.

La svolta nell’insurrezione che mirava a raggiungere Mosca dopo aver preso il controllo di Rostov è avvenuta sabato sera, quando il portavoce del Cremlino, Dimitry Peskov, che già aveva smentito le indiscrezioni circa la “fuga” di Putin dalla capitale, ha reso noto i termini dell’accordo che ha fermato la colonna di mezzi e uomini della Wagner a 200 chilometri dal Cremlino.
Gli uomini della Wagner rientrano nei loro accampamenti nel Donbass “per evitare un bagno di sangue russo”, ha detto Prigozhin la cui iniziativa era stata definita da Putin una “pugnalata alle spalle” alle truppe che combattono in Ucraina.
“In seguito alla mediazione del presidente bielorusso Alexander Lukashenko, a Prigozhin sono state fornite garanzie assolutamente vantaggiose e accettabili” in cambio del ritiro dei suoi uomini. "Prigozhin andrà in Bielorussia”, ha annunciato Peskov, aggiungendo che il capo dei Wagner “aveva la parola del presidente” Vladimir Putin.

“La causa penale (per incitamento alla ribellione armata) contro di lui sarà ritirata. I membri della Wagner che lo vorranno, potranno firmare contratti con il ministero della Difesa russo, a patto che non abbiano preso parte al tentativo di insurrezione. Quelli che invece lo hanno fatto non saranno comunque perseguiti penalmente, alla luce dei loro meriti guadagnati al fronte. Quello che è accaduto in nessun caso avrà un impatto sul corso dell’operazione militare speciale in Ucraina che continua", ha specificato Peskov.

Il portavoce ha poi aggiunto che cambiamenti di personale all’interno del ministero della Difesa sono appannaggio esclusivo del comandante in capo delle forze armate, vale a dire il presidente Vladimir Putin. Per questo motivo, eventuali sostituzioni al dicastero non potevano essere oggetto di negoziato con il gruppo Wagner.
Di fatto quindi sia il ministro Sergey Shoigu sia il capo di stato maggiore della Difesa, generale Valerij Gerasimov, che Prigozhin voleva rimuovere, restano ai loro posti, almeno per il momento. Di certo Putin non poteva rimuoverli ora ma la sollevazione della Wagner offre più di un pretesto al presidente per valutare in futuro il loro avvicendamento.

La vicenda si è conclusa con un accordo che soddisfa tutti a quanto sembra. Prigozhin non voleva cedere la Wagner al controllo diretto dei militari russi e in “esilio” in Bielorussia potrà mantenere quella larga autonomia che in Russia nessuno era più disposto a concedergli, neppure il vecchio amico Putin.
Del resto il motivo scatenante della rivolta è legato proprio alla legge sulle compagnie militari private e i reparti di volontari, annunciata il 10 giugno dal ministero della Difesa russo, che impone a tutte le “formazioni volontarie” di firmare un contratto con il ministero della Difesa russo, che le pone sotto il diretto comando e controllo dei vertici militari russi.

Putin, parlando in televisione il 13 giugno, aveva sostenuto direttamente l’iniziativa e due giorni dopo Prigozhin aveva detto che non avrebbe siglato il contratto pur dicendosi fiducioso di poter trovare un accordo con il ministero della Difesa, che poi non si è concretizzato. Oggi potrà riorganizzarsi in Bielorussia dove a Lukashenko faranno comodo alcune migliaia di contractors veterani di guerra, ora che deve fare i conti con le crescenti iniziative di ucraini, polacchi e baltici per sobillare rivolte a Minsk addestrando alle armi le opposizioni bielorusse in esilio.

L’esilio in Bielorussia non impedirà a Prigozhin di trasferirsi eventualmente in Africa, dove la Wagner cura molti interessi di Mosca anche se non si può escludere che Putin intenda in futuro saldare i conti con il “traditore”.

Esiliato Prigozhin e ridimensionata la Wagner, Putin oggi può gestire con calma anche il rinnovo dei vertici militari: il generale Surovikin piace alle truppe che combattono in Ucraina e potrebbe rimpiazzare Gerasimov mentre una figura più politica e meno militare potrebbe avvicendare Shoigu.

In tutta la Russia la risposta alla sollevazione di Prigozhin è stata unanime e ha riguardato la società civile e i reparti militari riuniti sotto lo slogan: abbiamo un solo comandante in capo! 
Nessuno ha solidarizzato con gli insorti anche se tutti, soprattutto i militari, rispettano la Wagner per il suo ruolo nella guerra del Donbass. Putin sembra uscire rafforzato in credibilità e popolarità da questa vicenda in cui appare come il leader che ha scongiurato una battaglia fratricida tra russi mostrandosi magnanimo con il vecchio amico che ha tradito la patria dopo averla però servita con valore.

Solo nelle prossime settimane potremo forse valutare in modo più completo impatto e conseguenze del sollevamento della Wagner anche se restano aspetti che inducono a sospettare che si sia trattato di una messa in scena. Nessuno ha ostacolato armi in pugno gli uomini di Prigozhin né a Rostov né mentre si dirigevano a Mosca in una colonna composta forse da un migliaio di uomini.
Uno stop avvenuto dopo una marcia di avvicinamento in cui, apparentemente e incredibilmente, non aveva incontrato resistenza né dai militari, né dai poliziotti, né dalla Guardia Nazionale né dalle truppe dei servizi di sicurezza interna (FSB) se si esclude l’attacco di un elicottero abbattuto dai contractors e la distruzione di alcuni elicotteri all’aeroporto di Rostov in contesti ancora non ben chiariti.

Neppure a Rostov i militari russi hanno reagito mentre la forza speciale Akhmat inviata dal presidente ceceno Ramzan Kadyrov a liberare la città è arrivata in tempo per constatare che gli uomini della Wagner stavano rientrando nelle loro basi in Ucraina tra gli applausi della popolazione che ne aveva criticato il blitz in città nella mattinata di ieri.
Ma soprattutto appare strano che Mosca non abbia oscurato il canale Telegram utilizzato da Prigozhin per lanciare i suoi anatemi. Wagner ha svolto un ruolo fondamentale per gli interessi strategici russi in Siria e in Africa e sui campi di battaglia del Donbass ma era diventata troppo ingombrante per Mosca e per il Cremlino, e gli atteggiamenti di sfida aggressiva di Prigozhin ai vertici della Difesa non erano più tollerabili neppure per il suo vecchio amico Putin.
Non è quindi chiaro se gli interessi russi in diverse nazioni africane resteranno affidati a Wagner o a Prigozhin oppure se emergeranno nuove società e nuovi uomini di fiducia di Putin.