Ru486 in Emilia, la verità che la sinistra non ammette
La Ru486 a domicilio lascia la donna completamente abbandonata a sé stessa, banalizza ulteriormente l’uccisione del figlio in grembo e costa meno. Quella della sinistra non è carità.
Gentile Direttore,
le scintille in Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna sulla Ru486 (la pillola abortiva) hanno una motivazione. L’ex governatore Stefano Bonaccini rivendica la scelta di aver esteso la rete di consultori per somministrare la pillola abortiva e conclude: «Dal meloniano parole indegne».
Il “meloniano” (termine usato in senso dispregiativo) sarebbe il consigliere regionale di FdI Priamo Bocchi.
Il consigliere regionale di Fratelli d’Italia sulla somministrazione a casa della pillola Ru486, introdotta dalla Regione Emilia-Romagna, usa questa espressione: «Alla donna si consente di abortire da sola nel bagno di casa, espellendo il feto e tirando lo sciacquone, perché questo è quello che succede, se si può dire. Questa è la verità». Apriti cielo!
Ma purtroppo è proprio così. Bisogna aggiungere che in pieno periodo Covid l’ex ministro della Sanità, Roberto Speranza, portò a 9 settimane di gravidanza (e non più a 7) il termine per usare la pillola abortiva Ru486. In pratica fino a tutto il secondo mese di gravidanza. Poi aggiungiamo che la pillola abortiva a domicilio costa “solo” 72 euro al Servizio Sanitario Nazionale invece dei 480 euro del day hospital nel caso la donna rimanesse in ospedale per “espletare l’espulsione” del povero feto. Una ragione molto… meno umana di quello che vorrebbero far credere.
Gabriele Soliani, R.E.