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GOVERNO

Riforma della Giustizia, se non ora quando?

Per la riforma della Giustizia è forse scoccata l'ora X. Ci sono voluti decenni prima che la principale forza della sinistra assumesse posizioni meno giustizialiste e meno oltranziste sul tema. É bastato che alcune inchieste toccassero direttamente esponenti del vecchio mondo comunista.

Politica 15_09_2014
E' l'ora della riforma della Giustizia

Per la riforma della Giustizia è forse scoccata l'ora X. Ci sono voluti decenni prima che la principale forza della sinistra assumesse posizioni meno giustizialiste e meno oltranziste sul tema. É bastato che alcune inchieste toccassero direttamente esponenti del vecchio mondo comunista e della nomenclatura del Pd per produrre una rapida conversione di quell'area politica al garantismo. Ma meglio tardi che mai.

Il governo Renzi, nel Consiglio dei ministri di fine agosto, ha presentato un pacchetto di riforme, tra cui quella della Giustizia, che prevede, tra le altre cose, la riduzione del monte ferie per i magistrati (da 45 a 30 giorni all'anno), al fine di accelerare lo smaltimento del lavoro degli uffici giudiziari. D'altra parte, i numeri sono sconcertanti. Le cause arretrate in ambito civile sono circa cinque milioni, quelle in ambito penale 3,5 milioni. Tuttavia, apriti cielo, l’Associazione nazionale magistrati è prontamente e prevedibilmente salita sulle barricate parlando di misure punitive nei confronti delle toghe. L'iniziativa governativa in materia di taglio delle ferie è apparsa ai diretti interessati alquanto offensiva nei loro confronti. Passare all'attenzione dell'opinione pubblica come una categoria di privilegiati proprio in un momento in cui ai dipendenti pubblici vengono chiesti ulteriori sacrifici non piace di certo alle toghe, che contrattaccano, non ci stanno ad essere inserite nella categoria dei "fannulloni" e rilevano che in realtà di ferie ne fanno molte di meno del previsto.

Durante il periodo feriale, infatti, non sono sospesi i termini per il deposito delle motivazioni delle sentenze già emesse e di altri importanti provvedimenti giurisdizionali, il che costringerebbe molti magistrati a compiere determinate attività per le quali non è prevista alcuna sospensione. Altra superficie di attrito tra politica e magistratura riguarda la configurazione di alcuni reati, in particolare il falso in bilancio, e la modifica della prescrizione. La riforma del governo prevede la reintroduzione del falso in bilancio, con pene da 2 a 6 anni, che salgono a 3-8 anni per le società quotate, per le quali il reato è perseguibile d'ufficio. L'esecutivo vuole tuttavia predisporre misure idonee ad evitare ripercussioni su piccole imprese che commettano errori materiali, mentre i magistrati temono che la reintroduzione di quel reato sia solo un annuncio demagogico e di facciata. Quanto alla prescrizione, secondo l'Associazione nazionale magistrati la modifica annunciata dal governo (due anni di sospensione del decorso della prescrizione per il giudizio d'appello, un anno per quello in Cassazione) sarebbe inefficace sulla ex Cirielli. E poi c'è la delicata questione delle intercettazioni. 

Nella relazione sullo stato delle spese di giustizia appena inviata al Parlamento dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando, emerge che nel secondo semestre 2013 e nel primo semestre 2014 l'ascolto delle telefonate ha sforato di quasi 25 punti percentuali i tetti di spesa imposti dal bilancio dello Stato. In due anni le procure italiane hanno sfondato, quindi, di ben 82 milioni di euro i limiti di spesa per le intercettazioni. Il governo punta a regole che assicurino un'anticipata selezione del materiale da utilizzare, al fine di bilanciare le esigenze processuali e la tutela della privacy dei cittadini. L'ipotesi di introduzione di un'udienza filtro per selezionare intercettazioni prive di rilievo penale e dannose per la riservatezza dei soggetti coinvolti viene vista come fumo negli occhi dai pm, che temono complicazioni e ostacoli alle indagini. La verità è che bisogna mettere un freno alla "bulimia intercettatoria", che rende barbaro il modo di condurre alcune indagini e ancor più nefasta la modalità con la quale esse vengono raccontate dai media. Troppe violazioni della privacy restano tuttora impunite, con la complicità di taluni giornalisti, legati a doppio filo ad alcune procure. 

Ma il governo riuscirà a imporre la sua linea? Le reazioni indignate dei magistrati sono apparse fuori luogo,considerato che anch'essi, come dipendenti pubblici, devono attenersi alle scelte del potere legislativo e rispettarle. Renzi ha ancora il vento in poppa e, in Parlamento, ha certamente i numeri per far passare tutti i singoli punti della riforma della Giustizia, anche quello della responsabilità civile dei magistrati. Ora o mai più, considerato che per anni destra e sinistra hanno litigato in Parlamento impedendo che in materia giudiziaria prevalesse un sincero slancio riformatore, mentre oggi sono unite nel perseguire tale obiettivo. É vero, la giravolta di Renzi sulla giustizia non e' passata inosservata. Quando non era ancora premier, il sindaco di Firenze, nel frattempo diventato segretario nazionale del Pd, incalzò il governo Letta per chiedere le dimissioni dell'allora Guardasigilli, Annamaria Cancellieri, per le telefonate imbarazzanti alla famiglia Ligresti. Subito dopo, in Sardegna, Francesca Barracciu vinse le primarie Pd per la candidatura a presidente della Regione, ma fu coinvolta nello scandalo delle spese regionali "pazze" e le fu chiesto un passo indietro dal suo partito.

Oggi, Richetti e Bonaccini in Emilia Romagna si trovano a dover rispondere di accuse simili a quelle della Barracciu (peraltro risarcita da Renzi con un posto da sottosegretario nel suo esecutivo) ma il premier li difende. Stessa reazione garantista ha avuto Renzi all'indomani delle notizie sulla presunta tangente Eni-Nigeria, che coinvolge l'attuale ad del "cane a sei zampe", Descalzi, appena nominato proprio da Palazzo Chigi. «Lo rinominerei domani», ha chiosato il Presidente del Consiglio, rilanciando il primato della politica e delle sue scelte. Ma è evidente che parte del Pd è in imbarazzo per questa svolta garantista del suo leader.Il timore è che la saldatura Pd-Forza Italia sul garantismo lasci campo libero ai grillini nella difesa a spada tratta della legalità e della magistratura. ?