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il bastone e la carota

"Quella Messa (antica) non s'ha da cantare", dice Cantalamessa

Non solo falchi contro la Messa tradizionale. Ora scendono in campo anche le colombe: il serafico predicatore della Casa Pontificia dedica al tema un'intera predica quaresimale. 

Borgo Pio 06_04_2023

Nella sistematica demolizione della liturgia tradizionale, auspicata e portata avanti dalla Santa Sede, ci sono falchi e colombe, il bastone e la carota. Ai duri attacchi del card. Arthur Roche si affianca ora la serafica opera di persuasione del card. Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia.

Alle magnifiche sorti della riforma liturgica il cappuccino ha dedicato un'intera predica quaresimale, lo scorso 24 marzo. Non si capisce bene il nesso col periodo liturgico, se non ipotizzando che la Chiesa inviti non più a purificarsi dai peccati ma dalla tradizione. Rimandiamo il lettore al testo integrale della predica, leggibile sul sito del cardinale, sintetizzando qui il punto centrale: in sostanza nel corso dei secoli la liturgia si è fatta più "clericale" mentre dagli anni '60 siamo tornati alle origini. Accusa per certi versi simile a quella riproposta dal card. Roche (e smentita proprio oggi nell'editoriale di Luisella Scrosati).

Eppure all'inizio il serafico padre Raniero riconosce che «se venisse a mancare del tutto il senso del sacro, verrebbe a mancare il terreno stesso, o il clima, in cui sboccia l’atto di fede». E tuttavia lamenta che «la liturgia cattolica si è trasformata, in poco tempo, da azione a forte impronta sacrale e sacerdotale», perdendo la dimensione comunitaria. Principale imputato per lui è il sacro silenzio del Canone che caratterizza la celebrazione "preconciliare" («la parte centrale della Messa, il Canone, era pronunciato in latino dal sacerdote, a bassa voce, dietro una cortina o un muro»: vallo a dire agli orientali, giustamente fieri delle loro iconostasi!).

Benché affermi di non volersi ergere a giudice del passato, Cantalamessa si spinge a dire che quel tipo di liturgia era «un evidente ritorno a ciò che avveniva nel culto dell’Antico Testamento» e pur riconoscendovi un «fortissimo» senso del sacro, si chiede se sia «giusto e genuino» dopo la venuta di Cristo. Insomma, volendo portare il suo discorso alle estreme conseguenze, per secoli e secoli la Chiesa avrebbe celebrato in un modo più o meno veterotestamentario – non solo incongruente con un "cambio di teologia" (per dirla à la Roche) ma addirittura con la stessa venuta di Cristo.

Sorge il sospetto che le varie eminenze impegnate a demolire o dissuadere chi frequenta il rito antico non si rendano conto dell'aspetto principale: chi preferisce le celebrazioni "preconciliari" ci va perché prega meglio (e quindi partecipa meglio, più intensamente alla liturgia). Proprio grazie a quel silenzio e a quel velo di mistero, che rende palpabile quanto sia grande Colui che si sacrifica per noi. Hanno voluto togliere ogni segno di mistero e cosa è rimasto nella maggior parte dei casi? Una liturgia parolaia, che all'armoniosa sinfonia di parole proclamate, cantate e sussurrate ha sostituito una Messa "chiacchierata".

Hanno preteso di spiegare tutto e l'effetto è stato simile a un film di cui è stato già spoilerato il finale, lasciando inevitabilmente il "cinema" vuoto. Ancora: è più clericale la vituperata liturgia tradizionale in cui il prete quasi sparisce, volgendosi a Oriente, nella stessa direzione dei fedeli, e sussurrando nel momento in cui si compie il Mistero, oppure tante Messe attuali in cui si preferisce persino mettere da parte il crocifisso perché ciò che conta è la faccia del prete? Last but not least: finendo paradossalmente, con la miriade di lettori e ministeri che vedono fin troppa gente affaccendata tra altare e ambone, per clericalizzare pure i laici!