Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Venerdì Santo a cura di Ermes Dovico
DIFFERENZE NATURALI

Quando l'uguaglianza di genere limita la libertà

La parità di genere, nella famiglia, si traduce anche con la propaganda a favore dell'uguaglianza dei ruoli. Nel nome della lotta al patriarcato, si pretende che gli uomini accudiscano i figli al pari delle donne e abbiano lo stesso loro compito casalingo. Idem per le donne, chiamate a svolgere gli stessi lavori degli uomini. Ma i diretti interessati lo vogliono? Uno studio accademico rivela che: non lo vogliono. Le differenze restano.

Famiglia 04_03_2021
Il mammo

Se c’è un mantra che da qualche anno tiene banco - e non accenna ad uscir di scena, anzi - è quello della parità di genere. Uomini e donne, secondo tale visione del mondo, di matrice progressista, debbono avere i medesimi compiti e ruoli a casa come in famiglia e, laddove ciò non avviene, occorre subito intervenire, pena il perpetuarsi di soffocanti assetti patriarcali. La stessa custodia dei figli, in questa prospettiva, dovrebbe veder investiti in misura uguale della mamma il papà, chiamato a reinventarsi come «mammo».

D’accordo ma i diretti interessati – cioè uomini e donne comuni mortali, estranei a circoli accademici e conventicole progressiste - che pensano della vituperata disparità di genere domestica? E, soprattutto, che cosa desiderano? Offre una risposta in proposito un nuovo studio pubblicato sulla rivista scientifica peer-review Evolutionary Behavioral Sciences. Con questo lavoro, proprio con riferimento ad assistenza all’infanzia e ad attività domestiche, si sono infatti studiati pareri e preferenze di 436 persone di entrambi i sessi, 323 più giovani – di età compresa tra i 18 e i 23 anni – e 113 adulti di età compresa tra 31 e 46 anni.

Ne sono derivate varie scoperte interessanti, ma due su tutte meritano di essere sottolineate. La prima riguarda il fatto che, sia nella componente più giovane del campione sia in quella più matura, c’era una netta differenza rispetto alle preferenze nei lavori domestici. Nello specifico, si è visto che gli uomini preferiscono i compiti legati ai lavori all’aperto – come piccole riparazioni – e alla manutenzione, mentre le donne sono risultate preferire mansioni legate alla pulizia della casa, alla cucina e alla decorazione dell’ambiente domestico.

Insomma, l’immagine della donna che cucina – per estirpare la quale, nel settembre 2013, l’allora Presidente della Camera, Laura Boldrini, se la prese con gli spot pubblicitari che ancora la propongono – è precisamente quella che la componente femminile, potendola liberamente scegliere, preferisce. Attenzione, perché non è finita. Un secondo esito decisamente spiazzante, in ottica progressista, di questo nuovo studio riguarda la custodia dei bambini: nessun adempimento ad essa legato è risultato preferito dagli uomini più che dalle donne, le quali se ne sono confermate maggiormente interessate.

Ammesso e non concesso che per un neonato non cambi proprio nulla essere seguito più dal padre che dalla madre, l’immagine del «mammo» si conferma quindi una mera utopia, lontana sia delle preferenze maschili sia da quelle femminili. Tutto questo, sia chiaro, non vuol dire che i padri devono o possono lasciare da sole le mamme nella crescita dei bambini, tutt’altro: la psicologia dell’infanzia evidenzia in modo chiaro come la presenza paterna giochi un ruolo prezioso se non determinante per lo sviluppo dei figli. Ciò detto, non è però il caso di scandalizzarsi se, una volta venuti al mondo, i piccoli stanno più con la madre che con il papà, dato che è la stessa cosa che chiedono le donne e che, con ogni probabilità, esse sono biologicamente predisposte a fare, come provano studi condotti sui primati – quindi esseri liberi da ogni suggestione patriarcale – che hanno visto le esemplari femmine mostrare maggior interesse nei confronti di cuccioli e neonati.

C’è, infine, un ultimo aspetto che rende questo studio – fresco di stampa, essendo del 2021 – significativo, e cioè che non può in alcun modo essere tacciato di sessismo. Per un motivo semplice: stato realizzato da due donne - April Bleske-Rechek e Michaela M. Gunseor – le quali, alla fine del lavoro, non hanno risparmiato una frecciata alla retorica dell’uguaglianza di genere. «I nostri risultati implicano che gli obiettivi dell'uguaglianza di genere su tutta la linea», hanno infatti scritto le due ricercatrici, «possono essere difficili da raggiungere e possono anche andare contro le preferenze individuali».

Tradotto dall’accademicamente corretto: oltre un certo limite, l’uguaglianza di genere cessa di diventare un tema giusto per diventare una fissazione contraria alla stessa libertà della gente. Ben venga, quindi, qualsivoglia iniziativa in favore della parità di diritti tra i due sessi – ci mancherebbe altro -, ma lasciamo da parte la battaglia sull’identità di ruoli a casa e in famiglia. Perché non era così ieri, non è così oggi e con ogni probabilità non sarà così neppure domani. Si chiamano differenze naturali tra uomo e donna.