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EGITTO

Purga dei Fratelli Musulmani, un errore fatale

Condannati a morte 529 esponenti del partito dell'ex presidente Mohammed Morsi. Se la sentenza dovesse essere confermata dal Gran Muftì sarebbe la peggior strage di Stato della storia recente egiziana. E comunque si tratta di un errore politico fatale.

Esteri 25_03_2014
Fratelli Musulmani a processo

Ieri, 24 marzo, si sono registrati momenti di forte tensione al Cairo e davanti alla settima sezione del tribunale dell’Alto Egitto a Minya dopo che è trapelata la notizia della condanna a morte per 529 sostenitori dei Fratelli musulmani, accusati di omicidio e di istigazione alla violenza. Di fatto la condanna non è ancora esecutiva poiché gli incartamenti sono stati consegnati al Gran Mufti Shawki Ibrahim Abd El-Karim Allam per la conferma definitiva. Proprio ieri mattina il quotidiano egiziano “Al-Yom al-Sabi’” titolava: “Piano sicurezza per fronteggiare attentati terroristici prima dell’annuncio, giovedì, della candidatura di al-Sisi.” Ebbene, credo che la decisione affrettata del tribunale di Minya, la sentenza in assoluto più rapida in tutta la storia della giustizia egiziana, diventerà in assoluto la mossa più sbagliata nella storia della presidenza di Adly Mansour sia dal punto di vista della sicurezza interna in un momento molto delicato sia dal punto di vista della credibilità dell’attuale governo a livello interno e internazionale. Basti pensare che il sito www.deathpenaltyworldwide.org alla voce dedicata all’Egitto riporta che tra il 1981 e il 2000 sono state condannate a morte circa 709 persone, di cui 248 sono state giustiziate ovvero impiccate, e che solo in una mattinata ne sono state condannate, anche se non definitivamente, 529.

La sentenza del tribunale di al-Minya riporta alla memoria il 1954, quando, a seguito di un fallito attentato nei confronti del presidente Gamal Abd al-Nasser, quest’ultimo avviò una repressione dei Fratelli musulmani senza precedenti. Nasser mise in atto quella che può essere definita una vera purga del movimento fondato da Hasan al-Banna, dopo una breve luna di miele. Si trattava comunque di un uomo forte che aveva deciso di reprimere chi ne aveva tradito le aspettative o che più semplicemente si era reso conto che a nulla serviva essere accondiscendenti con chi voleva imporre le proprie regole. Erano però altri tempi e l’Egitto non era quello di oggi, messo in ginocchio dal punto di vista economico. Oggi come oggi, se dovesse essere confermata la condanna a morte, una mossa di questo genere è interpretabile come l’atto di forza, sbagliato e fuoriluogo, da parte di un governo che non solo, dal punto di vista della sicurezza interna, è molto debole, ma che si avvicina anche a elezioni presidenziali che, benché dall’esito scontato, richiedono calma a livello sociale. Va inoltre tenuto presente che, ad esempio, un’area come il Sinai è ormai fuori controllo, per quanto riguarda la sicurezza. Questa azione potrebbe dunque avere scopo deterrente, potrebbe servire da ammonimento nei confronti dei simpatizzanti dei Fratelli musulmani e nemici dell’attuale governo affinché abbandonino ogni progetto sovversivo.

Potrebbe anche essersi trattato di un imprevisto, di un atto incontrollato e non voluto dal potere centrale. Un imprevisto fatale, come si è già accennato, per la sicurezza interna, ma soprattutto un gesto che potrebbe mettere a repentaglio l’immagine dell’attuale governo nei confronti dell’opinione pubblica internazionale. Pur non avendo mai risparmiato aspre critiche al Movimento dei Fratelli musulmani e alla presidenza Morsi, ritengo che un’azione di questo genere, un’azione che condanna a morte 529 persone, di cui vale la pena rammentare solo 153 attualmente in carcere, legate al movimento dei Fratelli musulmani, certamente non sia una mossa che, a livello internazionale, possa definirsi una mossa opportuna da parte del governo egiziano. È risaputo che l’opinione internazionale, nella fattispecie gli Stati Uniti ma anche recenti dichiarazioni del vice ministro degli esteri italiano Lapo Pistelli, propende per un dialogo con la cosiddetta “ala moderata” dei Fratelli musulmani. Questa infelice sentenza, certamente, aiuta chiunque, per ingenuità o connivenza, si schieri dalla parte dei Fratelli musulmani. Se Mohammed Morsi è stato allontanato in nome dei diritti umani e ora sono state emesse 529 condanne a morte, ne consegue che ora i Fratelli musulmani, abili comunicatori che sanno cavalcare molto bene l’onda del vittimismo, e i loro sostenitori si trovano, porta su un piatto d’argento, una prelibata occasione per passare da persecutori a perseguitati.

A questo punto, qualora il Gran Mufti dovesse confermare la condanna, solo il presidente Mansour potrebbe commutare la pena di morte, ad esempio, in un ergastolo. Ancora una volta l’Egitto deve decidere se compiere dei passi in avanti lungo la lunga via che conduce alla democrazia oppure se restare ancorato a un passato che vuole gli egiziani sottoposti alla tirannide del Faraone di turno nella consapevolezza che, comunque vada, la storia dei Fratelli musulmani non si chiuderà nemmeno dopo l’ennesimo processo ad altri 700 simpatizzanti dei Fratelli musulmani che si terrà oggi. La repressione del movimento è necessaria, è giusto definire il movimento dei Fratelli musulmani organizzazione terroristica, ma fino a quando il governo egiziano attuale, ma anche qualsiasi governo egiziano a venire, non porrà mano alle riforme sociali, alle riforme economiche che vadano a garantire una vita normale e dignitosa a ogni egiziano, i Fratelli musulmani troveranno terreno fertile per la propria ideologia. In questo momento, e nel momento in cui si avvia l’ennesima purga nei loro confronti, continueranno a essere un movimento sotterraneo, e loro sono i maestri della dissimulazione e della clandestinità, sono un gruppo che ha dimostrato di sapere lavorare dietro le quinte nonostante tutto. Quindi non è certo un gesto forte, eclatante come la condanna a morte di 529 appartenenti ai Fratelli musulmani, che potrà cambiare le cose, ma soprattutto non si può combattere chi predica la morte e il relativismo della vita e dei valori con la stessa arma letale.