Prevost e soci, i coinvolti negli abusi sessuali non vanno votati
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È inquietante vedere tra i nomi dei papabili quelli di cardinali coinvolti in scandali per corruzione o abusi sessuali. Come ad esempio Robert Prevost, ex prefetto del Dicastero per i vescovi, su cui pende una pesante accusa. O i tanti legati al caso McCarrick.
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Contrariamente a quanto vorrebbe la narrazione ufficiale – volentieri rafforzata dai media laicisti – sotto l’ombra di papa Francesco sono stati coperti diversi scandali, sia sessuali sia economici. E troppi cardinali, legati in un modo o nell’altro a questi scandali, circolano tranquillamente e stanno giocando un ruolo importante nella preparazione del conclave.
Al punto che diventa di primaria importanza che i cardinali evitino di votare chiunque sia stato coinvolto in questi anni in episodi di corruzione e di abusi sessuali, o su cui gravino pesanti sospetti. Sarebbe disastroso avere un Papa che perpetuasse il sistema di protezioni e complicità che ha caratterizzato questi anni, dal caso del vescovo cileno Barros a quello del vescovo argentino Zanchetta, dallo scandalo del cardinale McCarrick a quello di padre Rupnik. La Chiesa di tutto ha bisogno meno di un Papa che già in partenza risulti ricattabile.
È per questo che è inquietante vedere in questi giorni tra i nomi dei papabili in ascesa quello del cardinale Robert Francis Prevost, agostiniano americano che è stato vescovo nella piccola diocesi peruviana di Chiclayo (dal 2014) prima di essere chiamato a Roma nel 2023 (anno in cui è diventato cardinale) a capo del Dicastero per i vescovi. Già nel settembre scorso ci siamo occupati del suo caso pubblicando in esclusiva il contenuto della lettera di tre donne che accusano Prevost di avere coperto due preti accusati di pedofilia e di cui sono state vittime quando erano ancora minorenni, tra il 2006 e il 2010.
Ma ora siamo venuti in possesso di una recente lettera che il presidente dello SNAP (Survivors Network of those Abused by Priests, la rete dei sopravvissuti agli abusi dei preti) ha inviato al Segretario di Stato cardinale Pietro Parolin e ai cardinali Victor Manuel Fernandez (prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede), Angel Fernandez Artime (pro-Prefetto del Dicastero per gli Istituti di vita consacrata) e a suor Simona Brambilla, prefetto dello stesso Dicastero, denunciando Prevost per «azioni e omissioni volte a interferire o ad evitare un’inchiesta civile o canonica, amministrativa o penale, contro certi sacerdoti della diocesi di Chiclayo».
La lettera, firmata dal presidente Shaun Dougherty, è datata 25 marzo 2025 e contesta la mancata applicazione nei confronti del cardinale Prevost della Lettera apostolica Vos estis lux mundi che detta nuove procedure per gli interventi in fatto di abusi sessuali. Inoltre si accusa il prelato americano di «abuso del potere ecclesiastico, d’ufficio e di funzione che ha ferito persone vulnerabili e creato scandalo».
La lettera riporta nei dettagli i crimini commessi da tre sacerdoti – James Ray, Eleuterio Vasquez Gonzales e Ricardo Yesquen – e di come il cardinale Prevost abbia ignorato la denuncia delle vittime e abbia anche «depistato» il Dicastero per la Dottrina della Fede impedendo di prendere le corrette decisioni. Peraltro si ricorderà come il successore di Prevost a Chiclayo (scelto da lui stesso) abbia fatto di tutto per coprire a sua volta il cardinale agostiniano anche perseguendo l’avvocato difensore di tre vittime. Da notare che Prevost è stato chiamato a Roma a presiedere il Dicastero dei vescovi dopo che in Perù lo scandalo era già scoppiato e la segnalazione era già arrivata al Dicastero per la Dottrina della Fede.
Nella lettera del 25 marzo lo SNAP chiede un’inchiesta approfondita sulle responsabilità del cardinale Prevost, ma non solo dai vari Parolin, Fernandez, Artime e Brambilla non è arrivata alcuna risposta; addirittura alla vigilia del conclave troviamo Prevost tra i nomi emergenti in lizza per diventare Papa. È una situazione già scandalosa così, figurarsi se dovesse essere eletto.
Peraltro a spingere il suo nome è un altro cardinale molto discusso, l’honduregno Oscar Maradiaga, grande elettore di papa Francesco, chiamato nel consiglio ristretto di cardinali che lo ha supportato in questi anni. Maradiaga è stato accusato di gestione allegra dei fondi della diocesi, ma soprattutto di aver coperto gli orribili abusi del suo vescovo ausiliare a Tegucigalpa, Juan José Pineda. Tutto spiegato nel libro pubblicato nel 2019 da Martha Alegria Reichmann, vedova dell’ex ambasciatore dell’Honduras presso la Santa Sede: “Sacri tradimenti” è il titolo del libro, in cui la ex amica di Maradiaga denuncia anche di essere stata frodata dal prelato e di avere così perso tutti i suoi risparmi.
Alla lista dei cardinali improponibili bisogna poi aggiungere tutti quelli legati allo scandalo del cardinale abusatore Thedore McCarrick, e non sono pochi data la ampia rete di connivenze e complicità che ha permesso a McCarrick di continuare per anni i suoi abusi (anche Maradiaga era un suo amico). Bisogna anche dire che nei suoi confronti è stato usato un metodo ormai collaudato nel passato pontificato: a scandalo scoppiato è stato ridotto allo stato laicale senza che si sia celebrato un processo canonico che avrebbe permesso di far emergere tutta la verità (oltre a dare la possibilità al cardinale di difendersi) e anche fare chiarezza su quanti hanno coperto le sue nefandezze. Così McCarrick alla fine è stato condannato ma i suoi complici sono stati liberi di fare carriera. Come ad esempio il cardinale Donald Wuerl, successore di McCarrick a Washington, oggi 85enne e quindi fuori dal conclave. Ma Wuerl fu chiamato a Roma a sostituire il cardinale Raymond L. Burke nella Congregazione per i vescovi per suggerire i nomi per le future porpore. Immediatamente fu elevato al cardinalato Blaise Cupich, e poi ancora Joseph W. Tobin e Robert McElroy, promosso recentemente alla guida della diocesi di Washington. Non bisogna poi dimenticare il cardinale Kevin Farrell, attuale camerlengo, chiamato a gestire lo Stato vaticano nel periodo di sede vacante, che ha abitato per sei anni porta a porta con McCarrick senza mai accorgersi di nulla, così come in precedenza da posizioni di responsabilità nei Legionari di Cristo non si era mai accorto della doppia vita del fondatore Marcel Maciel.
L’elenco potrebbe continuare, ma va citato almeno il grande protettore di padre Marko Rupnik, il cui caso è ancora tutto da risolvere: il cardinale Angelo De Donatis, di cui ci siamo occupati anche recentemente.
Tutti personaggi non solo da non votare, ma di cui è bene non prendere in considerazione neanche gli eventuali suggerimenti.
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