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SCUOLA

Prevenzione Covid: hanno dimenticato i disabili

Per gestire i casi di positività nelle classi, i Ministeri della salute e dell'istruzione hanno emesso nuove direttive. In caso di tre casi positivi, si prevede il tampone naso-faringeo per tutti gli alunni, da ripetere anche cinque giorni dopo. E i disabili che non possono farlo? Dimenticati. I ministeri non rispondono neanche ai loro genitori.

Educazione 16_11_2021
Tampone

Dopo i costosi e inutili banchi a rotelle, ci si era un po’ tutti illusi che la gestione della pandemia - almeno tra i banchi di scuola - potesse finalmente avvenire con saggezza e, soprattutto, attenzione alle categorie fragili. Peccato che così non sia, come prova il perpetuarsi di situazioni e regole che sembrano tenere in scarsa considerazione i problemi reali, a partire da quelli degli studenti con disabilità.

Ne sono un esempio le indicazioni appena emesse dal Miur e dal ministero della Salute con la nota congiunta (prot. 1218) del 6 novembre 2021, relative alla gestione dei casi di positività al Covid a scuola. Sì, perché tale nota, firmata dal Capo Dipartimento per le risorse umane, finanziarie e strumentali, Jacopo Greco, e dal Direttore Generale della prevenzione sanitaria, Giovanni Rezza, sta sollevando non poche preoccupazioni tra i genitori di bambini diversamente abili. Ma andiamo con ordine.

Quello di cui stiamo parlando è un documento rivolto ai Distretti di Prevenzione (DdP) territoriale, i quali poi si muovono in autonomia per quanto riguarda le scuole, e dispone che, nell'eventualità di una sospensione cautelativa – quella che scatta con tre casi positivi in una classe – si attivi un testing per tutti gli alunni. Ebbene, tale iter prevede un primo tampone immediato, di tipo naso-faringeo, seguito, dopo cinque giorni, da un secondo tampone di tipo identico, così da aver la sicurezza che non ci sia un altro caso di positività.

Qual è il punto? Il punto è che in tali indicazioni, a quanto pare, non si è assolutamente tenuto conto dei minori con disabilità, i quali non tutti hanno la tolleranza al tampone naso-faringeo; e questo, come si può ben immaginare, per tanti motivi, che vanno dall’età ai problemi cognitivi fino, per i ragazzini più grandi, a criticità comportamentali gravi. Inutile dire che tutto questo è abbastanza grave. Nelle loro indicazioni, il Miur e il ministero della Salute avrebbero infatti dovuto prevedere, al pari di quanto peraltro già avviene per gli insegnanti, la possibilità per il tampone salivare per i minori disabili, venendo così incontro – secondo il principio dell’accomodamento ragionevole (sancito dall’art.2 della Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità del 13 dicembre 2006) – a situazione diverse. Ma questa cosa, come si diceva, non è stata fatta.

Il risultato è che ci sono oggi famiglie molto preoccupate e che temono d’essere costrette a tenere i figli a casa perché non sarebbero nelle condizione, senza una adeguata assistenza, di eseguire l’iter di testing che prevede il doppio tampone naso-faringeo. A seguito di alcune segnalazioni, sappiamo che ci sono realtà scolastiche che, dando prova di umanità e saggezza, son venute incontro alle esigenze di questi genitori; il punto è però che le indicazioni generali, però, non sono mutate.

Ciò è grave non soltanto perché ci si è dimenticati, tanto per cambiare, dei minori disabili – senza preoccuparsi di garantire ad essi, nella gestione dei casi di positività a scuola, una proceduta non invasiva -, ma pure perché alcune delle famiglie interessate, in questi giorni, hanno preso carta e penna segnalando tutto questo ai ministeri competenti. Senza, per il momento, ottenere alcun tipo di risposta.

Non resta allora che augurarsi che, nei prossimi giorni, la succitata nota venga aggiornata e corretta, dal momento che, se a livello generale gli alunni e studenti sono già tra quanti hanno pagato un prezzo alto in questa pandemia – soprattutto con la Didattica a distanza e la conseguente perdita di socialità - , sarebbe ingiusto che a far le spese di nuove dimenticanze e disattenzioni da parte dei vertici governativi fossero i più vulnerabili e in difficoltà tra loro. Cioè i primi che, in un Paese normale, dovrebbero esser tenuti in considerazione.