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VACCINI E GREEN PASS

Pfizer-connection in Vaticano

Una mini-inchiesta del National Catholic Register rivela incontri privati in Vaticano dell'amministratore delegato di Pfizer, mentre il Segretario di Stato, cardinale Parolin, esclude il solo vaccino Pfizer dalla possibile obiezione di coscienza. Contraddicendo la famosa Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede.
- L'IDOLATRIA DEI VACCINI, di Stefano Fontana

Vita e bioetica 26_01_2022 English Español
Albert Bourla, CEO di Pfizer

Tra pochi giorni, il 31 gennaio, non sarà più possibile entrare nel territorio della Città del Vaticano se non si è vaccinati con le tre dosi (sola eccezione per i guariti recenti). Lo Stato vaticano si conferma quindi tra i più rigidi ad applicare la legge del Green Pass e soprattutto dell’imposizione del vaccino. E questo malgrado la stessa Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) del dicembre 2020 – approvata da papa Francesco - partisse dal presupposto che ci sono problemi morali legati all’adozione di questi vaccini e affermasse che, comunque, i vaccini non possono essere obbligatori. Come si spiega questa palese contraddizione?

A questo proposito ci sono due notizie date nei giorni scorsi dal giornale americano National Catholic Register (NCR) che sono purtroppo passate sotto silenzio, ma che invece sono importanti per capire cosa si muove oltreTevere: prima una dichiarazione sconcertante del segretario di Stato cardinale Pietro Parolin, che nega la problematicità etica del solo vaccino Pfizer, poi l’altrettanto sconcertante notizia che l’anno scorso papa Francesco ha ricevuto in udienza privata il CEO della Pfizer, Albert Bourla.

Cominciamo da Parolin: rispondendo per iscritto il 9 gennaio scorso alla domanda del giornalista Edward Pentin che chiedeva se era possibile in Vaticano l’obiezione di coscienza al vaccino per motivi legati all’uso di linee cellulari provenienti da feti abortiti, il segretario di Stato lo escludeva. Il motivo è sorprendente: il vaccino Pfizer, l’unico inoculato in Vaticano, non usa le linee cellulari contestate nella fase di composizione o produzione, ma «solo nelle fasi preliminari dei test in laboratorio». Quindi l’obiezione di coscienza «sembra non essere giustificata».
Parolin sottolinea che questo non vale per altri vaccini, come Astra Zeneca e Johnson & Johnson, che invece usano queste linee cellulari per la produzione del vaccino. Dal che dovremmo arguire che per questi altri vaccini l’obiezione di coscienza sarebbe invece giustificata.

Una novità interessante se venisse confermata e chiarita, ma la cosa veramente clamorosa qui è il distinguo introdotto dal cardinale Parolin tra ricerca e sviluppo del vaccino da una parte e fase di test dall’altra, per decidere della liceità morale o meno di un vaccino. In realtà, nessun documento magisteriale fa questo genere di distinguo, e a ragion veduta, dato che i test in laboratorio sono parte del protocollo di produzione del vaccino. Come spiega bene Luisella Scrosati nel suo libro “L’idolatria del vaccino” (Fede e Cultura, linkata a questo articolo trovate la recensione del libro), «il problema etico non è riducibile alla presenza di linee cellulari “dentro” il siero vaccinale, ma dipende dal fatto che per realizzare quel determinato vaccino è stato necessario l’uso di queste linee cellulari, le quali devono la loro esistenza a tessuti fetali ottenuti tramite l’uccisione di innocenti».

Peraltro la dichiarazione del cardinale Parolin contraddice la Nota della CDF proprio sul punto nodale. Quest’ultima dà infatti per scontata l’obiezione di coscienza per questi vaccini, avvertendo soltanto coloro che vi ricorressero che «devono adoperarsi per evitare, con altri mezzi profilattici e comportamenti idonei, di divenire veicoli di trasmissione dell’agente infettivo». È davvero stupefacente che il segretario di Stato vaticano vada nella direzione opposta rispetto allo stesso Magistero in materia.

Inoltre ancora il cardinale Parolin, sempre a Edward Pentin, spiega che per le affermazioni contenute nella lettera si è basato sulle informazioni che gli sono state date da «persone competenti in queste materie». E allora c’è da chiedersi quali esperti girino in Vaticano e se per caso non abbiano qualche conflitto di interessi: a nessuno può sfuggire infatti che la decisione del Vaticano di essere tra i primissimi paesi a imporre la vaccinazione, facendo sapere a tutto il mondo che avrebbe usato soltanto il Pfizer, si è rivelata uno spot pubblicitario enorme per la casa farmaceutica, che fosse intenzionale o meno.

Ed è qui che arriva l’altra notizia, data pochi giorni dopo sempre da Edward Pentin: nel corso dell’anno passato Papa Francesco ha incontrato due volte in Vaticano l’amministratore delegato della Pfizer Albert Bourla. Incontri di cui la Sala Stampa non aveva dato alcuna notizia, sebbene di norma vengano comunicate anche le udienze private. Ovviamente non si sa nulla del contenuto di questi incontri, come nulla è trapelato dell’udienza privata, sempre in Vaticano, concessa a Melinda Gates nel novembre 2019, poco prima che scoppiasse l’emergenza pandemica. E come sappiamo la Fondazione Bill e Melinda Gates è protagonista dello sviluppo di piani vaccinali mondiali. Bisogna inoltre ricordare che lo stesso Albert Bourla era stato tra i relatori nel maggio scorso della conferenza online organizzata dal Pontificio Consiglio della Cultura su prevenzione e cura. Nell’occasione erano presenti anche il CEO di Moderna, Stephan Bancel, e il dottor Anthony Fauci, primo consigliere sanitario del presidente americano Joe Biden.

Insomma, ci sono diversi indizi che fanno pensare a una lobby vaccinista che domina in Vaticano e spinge Papa e Segretario di Stato ad assumere decisioni in contrasto perfino con documenti magisteriali recenti. E più in generale tende a far dimenticare il problema morale posto dall’uso di linee cellulari fetali la cui origine è negli aborti. Una vera e propria vaccino-connection che, visto il dominio assoluto di una sola casa farmaceutica, sarebbe più preciso definire Pfizer-connection, e che si sta rendendo complice di una campagna di discriminazione e di odio sociale verso coloro che non hanno intenzione di vaccinarsi. In ogni caso, sarebbe opportuno che la Santa Sede chiarisse i rapporti che intercorrono con Pfizer, anche attraverso i suoi “esperti”.