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Paolo VI e Jean Guitton, storia di un’amicizia

Il filosofo francese e Montini si erano conosciuti a Roma nel 1950. Da allora si daranno appuntamento ogni 8 settembre, per la Natività di Maria. Dalla grande amicizia con il pontefice nasceranno due libri di Guitton (Dialoghi con Paolo VI; Paolo VI segreto), che arricchiscono la mente e lo spirito.
PAPA MONTINI E LA MUSICA LITURGICA, di Aurelio Porfiri

Ecclesia 06_08_2022

“La morte di un amico crea un grande vuoto. Non si tratta solo del vuoto di un’assenza, attualmente irrimediabile. È piuttosto l’impressione che una parte di noi stessi è ormai senza approvazione, senza riflesso, senza eco, e anche senza critica”. È l’animo dell’intellettuale cattolico Jean Guitton che parla all’indomani della scomparsa del suo caro amico Paolo VI. Era il 6 agosto 1978, giorno della festa della Trasfigurazione del Signore, quando Montini si “trasfigura” in Cristo. Il pontefice si era spento nella residenza estiva di Castel Gandolfo: lì, proprio in quel luogo, teatro di molti incontri fra i due personaggi che hanno segnato la storia della Chiesa del Novecento.

Jean Guitton, “l’ultimo filosofo cattolico”, così lo aveva descritto Henri Fesquet, giornalista di Le Monde; oppure “l’ultimo dei grandi umanisti francesi”, parola del suo amico Albert Camus. Guitton aveva scritto precedentemente di Montini: “Ci troviamo di fronte a una personalità complessa, moderna. Sente, si angoscia, soffre come noi. Paolo VI porta nella sua natura una profonda analogia con l’uomo moderno, ne ha le sue aspirazioni e il tormento”. Guitton parlava del suo amico pontefice romano, fratello e compagno di innumerevoli dialoghi sul destino della Chiesa, sulla fede e sulla teologia. Fra i due vi era un legame profondo: sia a livello umano, sia a livello intellettuale. Ne è prova tangibile un episodio che può dare davvero il segno di quanta stima Montini avesse per Guitton: sarà proprio su invito diretto di Paolo VI, infatti, che il filosofo francese prenderà la parola - il 3 dicembre del 1963 - al Concilio Vaticano II, davanti a duemilacinquecento vescovi.

I due si erano conosciuti nel 1950, a Roma. All’epoca Paolo VI ricopriva la carica di pro-segretario di Stato di Pio XII, ed era “semplicemente” monsignor Giovanni Battista Montini; Guitton, invece, era docente di filosofia a Digione per poi approdare - di lì a pochi anni - alla Sorbona. L’anno prima, lo scrittore francese aveva aggiunto alla già lunga lista di pubblicazioni quella dal titolo La Vergine Maria: il testo aveva colpito molto Montini, che lo considerava il miglior testo scritto sull’argomento dal punto di vista filosofico. E così i due si incontrano; il futuro pontefice si congratula con l’intellettuale francese e fra i due nasce un’amicizia che durerà 27 anni: da quel 1950, i due amici si daranno appuntamento ogni 8 settembre, festa della Natività di Maria. “Era il mio migliore amico. L’ho frequentato per ventisette anni e spesso mi diceva che lo conoscevo meglio di suo fratello. Quest’amicizia che il Papa mi testimoniava era molto discreta”: basterebbero queste poche parole pronunciate da Guitton per comprendere il rapporto fra i due illustri personaggi.

E proprio a Montini, Guitton, rimasto vedovo, confiderà un antico sogno: farsi sacerdote a 75 anni, per scuotere le coscienze di una Francia ormai secolarizzata. Ma la risposta del Pontefice sarà perentoria: “Non si faccia mai prete! Laico e cristiano, è la sua vocazione”. Al papa del Concilio Vaticano II, il filosofo francese dedicherà due libri nei quali racconterà la sua amicizia con il pontefice: Dialoghi con Paolo VI (1967) e Paolo VI segreto (1980).

Leggere le pagine dei Dialoghi con Paolo VI è un’esperienza che arricchisce lo spirito e la mente: le conversazioni fra i due illustri personaggi oscillano sempre tra una visione intellettuale-culturale della vita e quella della proiezione verso l’Infinito. E le due visioni si confondono e si fondono, senza mai perdere i giusti distinguo. Dante e Shakespeare si alternano ai Vangeli; ogni capitolo del libro è una “cartolina d’epoca” che ritrae la mente creativa di Montini. Ma non solo: è un diario, in fondo, di un’amicizia che si basava, oltre che sul rapporto umano, su interessi culturali comuni. Dalle pagine dei Dialoghi uscirà, così, un ritratto inedito del pontefice: un uomo che non studia solamente la Sacra Bibbia, ma che si inoltra nel pensiero filosofico e letterario con una libertà assoluta, senza schemi né pregiudizi. Papa Montini si ritrova, ad esempio, a parlare del suo amore per la Divina Commedia allo scrittore francese amante della letteratura italiana: “Nel Paradiso c’è tutta la storia, tutta la terra, elevate allo stato di purezza riconquistata e di gloria. È il mistero profondo della speranza cristiana. Dante è per eccellenza il poeta cristiano perché trasferisce anche nella pace eterna l’uomo, gli oggetti dell’amore, la storia, i fatti, gli incontri; in una parola: la vita. La rosa dantesca scende da Dio ma fiorisce dal mondo”.

Paolo VI segreto nasceva con l’intento di delineare un ritratto del pontefice, anche se Paolo VI alla notizia del disegno editoriale del suo caro amico dirà: “Il suo progetto è senza oggetto. Lei vuole fare il ritratto di un essere che non esiste: Montini è scomparso, è stato sostituito da Pietro. Non è possibile fare il ritratto del papa: egli è impersonale per essenza, o almeno, deve diventarlo”. Anche queste pagine, come quelle dei Dialoghi, sono una delle più belle testimonianze dell’uomo Montini, del pontefice Paolo VI. Si alternano ricordi della giovinezza nel piccolo comune di Concesio (vicino Brescia) alle questioni più importanti che la Chiesa universale stava vivendo; anche in questo caso, la trascrizione dei dialoghi fra i due amici si arricchisce di note personali, intime, da parte di Guitton. Le passeggiate con il pontefice diventano spunto di riflessione sulle opere letterarie francesi: vengono citati Mauriac, Bernanos, Claudel, Péguy, tutti autori letti da Paolo VI.

Il vostro amico è il vostro bisogno saziato. È il campo che seminate con amore e mietete con riconoscenza. È la vostra mensa e il vostro focolare, poiché, affamati, vi rifugiate in lui e lo ricercate per la vostra pace”, parole di Kahlil Gibran. Se pensiamo all’amicizia fra i due personaggi del Novecento, fra questi due uomini che hanno vissuto il Vangelo con profonda dedizione - chi in una veste, chi in un’altra - non possono non venire in mente queste parole dello scrittore libanese, autore de Il profeta. Ma in cosa risiedeva l’unione fra Guitton e Montini? Semplice: un’amicizia che guardava all’Amico “in comune” fra loro, Cristo, “mensa e focolare” a cui attingere, sempre.