Omogenitorialità, il diktat della Consulta al Parlamento
I casi di due lesbiche (separate) e di due gay che hanno avuto dei figli all’estero rispettivamente attraverso fecondazione eterologa e utero in affitto. Con due comunicati stampa pubblicati giovedì, la Corte costituzionale, agendo come una terza camera, si è da un lato astenuta dal giudizio ma dall’altro ha chiesto al Parlamento di legiferare sulla «tutela» dei bambini nati attraverso tali tecniche. Ma ciò equivale a chiedere di legittimare la doppia "omogenitorialità". E sebbene la Consulta indichi che il divieto alla maternità surrogata rimanga in vigore, anche quest’ultimo paletto è destinato a cadere: è la triste conseguenza logica della Legge Cirinnà.
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Doppietta della Corte costituzionale sull’omogenitorialità. Giovedì 28 gennaio la Consulta ha detto due volte «sì», con altrettanti comunicati stampa, al riconoscimento della doppia genitorialità omosessuale.
Partiamo dal primo caso sottoposto al suo giudizio. Tramite fecondazione eterologa, una coppia lesbica ha due gemelle. Poi la coppia si separa e le due bambine rimangono sotto la cura della sola madre biologica. L’ex compagna di quest’ultima invano aveva chiesto di essere riconosciuta anche lei come madre. Invano perché per il nostro ordinamento un bambino non può avere due madri o due padri. Ne nasce un contenzioso giudiziario e infine il Tribunale di Padova solleva questione di costituzionalità presso la Consulta. Quest’ultima rigetta il ricorso, ma, dato che le motivazioni saranno pubblicate tra qualche settimana, non possiamo conoscere le ragioni precise del rigetto. Parrebbe quindi che la Corte abbia rifiutato di aprire le porte del diritto alla doppia omogenitorialità. Ma successivamente ecco la soluzione: che su casi come questo decida il Parlamento. E dunque, forse, il rigetto è motivato solo da ragioni formali.
In particolare i giudici, nella nota, hanno così scritto: «In assenza di una disciplina applicabile al caso concreto, la Corte ha ritenuto, allo stato, di non intervenire ed ha rivolto un forte monito al legislatore affinché individui urgentemente le forme più idonee di tutela dei minori, anche alla luce delle fonti internazionali ed europee».
Attenzione ai passaggi. Qual è il tema su cui la Corte ha deciso di astenersi nel giudizio e su cui invece esige che il Parlamento legiferi? Non direttamente l’omogenitorialità, bensì la tutela dei minori in casi dove uno dei due partner della coppia omosex non ha la qualifica giuridica di genitore. Ma cosa vuol dire in questo caso concreto la tutela dei minori? Qual era la vexata quaestio proposta all’attenzione dei giudici? Il riconoscimento come genitore anche dell’altra compagna. Dunque chiedere a Camera e Senato di pronunciarsi, relativamente a casi analoghi, sulla tutela dei minori significa legittimare la doppia omogenitorialità. E quindi non è vero, come dice la Consulta, che sul caso concreto c’è una lacuna legislativa. È vero l’opposto: il nostro ordinamento giuridico contempla solo un tipo di doppia genitorialità, quella eterosessuale. Quella omosessuale è vietata perché contraria all’ordine pubblico.
Perché i giudici non sono intervenuti loro stessi direttamente sulla relativa disciplina normativa? Difficile dirlo ora senza poter leggere le motivazioni. Potrebbe esserci una motivazione di carattere meramente formale, oppure le norme oggetto di sindacato di costituzionalità non interessavano direttamente il tema dell’omogenitorialità, oppure si erano manifestate divisioni interne alla Consulta, oppure quest’ultima ha preferito lanciare il sasso e nascondere la mano, lasciando che sia il Parlamento a fare il lavoro sporco (un po’ come avvenne, seppur in termini diversi, per la legittimazione del suicidio assistito), oppure la Corte ritiene che su tematiche così controverse sia opportuno che intervenga il potere legislativo, ossia il Parlamento come organo rappresentante del popolo, e non un organo giudiziario, oppure - più probabilmente come vedremo tra qualche riga - la dichiarazione di illegittimità costituzionale di alcune norme o parte di esse avrebbe lasciato la materia piena di lacune o confusa, necessitando poi comunque l’intervento del legislatore. Meglio quindi rimettere tutto nelle mani dei parlamentari. Comunque, per conoscere le vere motivazioni dovremo aspettare ancora qualche settimana.
Passiamo al secondo comunicato stampa che riguarda una vicenda simile. Due uomini uniti civilmente in Italia hanno avuto, tramite la pratica della maternità surrogata avvenuta in Canada, un bambino. Per la legislazione canadese questi due uomini sono entrambi genitori del minore. Rientrati in Italia hanno tentato senza successo di trascrivere nel nostro Paese il provvedimento giudiziario canadese che, per l’appunto, qualificava entrambi come genitori. Dunque, anche in questo caso il compagno non genitore biologico non è riuscito ad essere riconosciuto come genitore legale.
Nuovamente la Corte ha rigettato il ricorso e ha chiesto al Parlamento di legiferare. Leggiamo il passaggio saliente del comunicato stampa: «La Corte, fermo restando il divieto penalmente sanzionato di maternità surrogata, ha ritenuto che l’attuale quadro giuridico non assicuri piena tutela agli interessi del bambino nato con questa tecnica. Poiché, a questo fine, sono prospettabili differenti soluzioni, la Corte ha ritenuto, allo stato, di non poter intervenire, nel doveroso rispetto della discrezionalità legislativa, ma ha anche affermato la necessità di un intervento del legislatore». Le riflessioni prima articolate possono essere applicate anche a questo caso.
Detto ciò, domandiamoci: il Parlamento come potrà muoversi per legittimare la doppia omogenitorialità? Proponiamo due ipotesi. La prima. Da anni molti giudici hanno permesso la stepchild adoption o il riconoscimento della doppia genitorialità omosessuale poggiandosi su questa motivazione: dato che il minore per un lungo periodo di tempo è cresciuto inserito in questa relazione omosessuale ed entrambi i partner si sono presi cura del bambino, allora riconosciamo a costoro la facoltà di avvalersi della stepchild adoption oppure la doppia genitorialità. Stessa argomentazione potrebbe essere presente in una futura legge: laddove il minore abbia convissuto per molto tempo con entrambi i membri della coppia omosessuale, il soggetto non genitore biologico potrà chiedere la stepchild adoption o di essere riconosciuto genitore legale. Questa soluzione non toccherebbe il divieto di accesso alla fecondazione artificiale per le coppie omosessuali presente nella Legge 40/2004 e il divieto di maternità surrogata. Sarebbe, in buona sostanza, una sorta di eccezione, per casi particolari, al divieto di doppia omogenitorialità. Un modo per aggirare l’ostacolo.
Un’altra soluzione per accogliere le indicazioni della Consulta invece potrebbe essere proprio quella di intervenire sulla Legge 40, permettendo alle sole coppie omosessuali femminili di accedervi in modalità, ovviamente, «eterologa» (le coppie gay maschili non potrebbero che ricorrere alla pratica vietata dell’utero in affitto per avere un bambino). A cascata e necessariamente occorrerebbe poi intervenire per modificare tutta la disciplina normativa che esige la diversità sessuale tra i due genitori di un minore perché, se due persone possono avere un bambino tramite provetta, quei due genitori, etero o omo che siano, sono genitori a tutti gli effetti di quel bambino. Una vera rivoluzione. Il divieto di maternità surrogata invece, all’opposto del divieto di fecondazione extracorporea per coppie omosex, non deve essere toccato perché esplicitamente la Consulta chiede che tale divieto rimanga vigente. Ma è solo questione di tempo anche perché, in tal modo, le partner delle coppie lesbiche potrebbero essere riconosciute come genitori ed invece ciò non sarebbe permesso per i partner delle coppie gay maschili. Una vera e propria discriminazione.
Vada come vada siamo ad una svolta tristemente storica iniziata con la Legge Cirinnà sulle unioni civili. Quella legge applica la normativa propria delle coppie coniugate alle coppie omosessuali, eccettuata la disciplina sulla filiazione (aprendo però una porticina per le adozioni) e il dovere di fedeltà. Ma questa esclusione, motivata da ragioni meramente politiche, era apparsa sin da subito in contraddizione con la ratio della legge stessa e quindi discriminatoria verso le coppie gay. Ecco allora successivamente una pletora di giudici riconoscere in modo diverso questo «diritto» alla filiazione.
Ora il salto: probabilmente il Parlamento eleverà a norma generale ciò che era già avvenuto in casi singoli. Sarà la prima volta che accadrà. Questo grazie alla Corte costituzionale che ormai pare ricopra oltre il ruolo giudiziario anche quello di proponente disegni di legge. Anzi, più che una funzione propositiva la Consulta esplica una funzione precettiva e in questo senso diventa la terza camera parlamentare che elabora progetti di legge che obbligatoriamente devono poi diventare leggi.